Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6875 del 24/03/2011

Cassazione civile sez. VI, 24/03/2011, (ud. 24/02/2011, dep. 24/03/2011), n.6875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7602/2010 proposto da:

Z.V., Z.E. (OMISSIS),

Z.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BELSIANA

100, presso lo studio dell’avvocato COLAIACOMO GRAZIELLA,

rappresentati e difesi dall’avvocato MORI Piergiovanni, giusta

procura alle liti in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI PRATO (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo

studio dell’avvocato CLARICH Marcello, che lo rappresenta e difende,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1673/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

27.10.09, depositata il 16/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO CECCHERINI;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Giulia Romanelli (per delega avv.

Piergiovanni Mori) che si riporta agli scritti, insistendo per

l’accoglimento del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. LIBERTINO

ALBERTO RUSSO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

OSSERVA IN FATTO

1. – E’ stata depositata la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380 bis c.p.c.:

Con sentenza 21 febbraio 2001 n. 2474, questa corte, accogliendo il ricorso proposto dal Comune di Prato, cassò la sentenza della Corte d’appello di Firenze 11 novembre 1998, che aveva liquidato l’indennità dovuta dall’ente per l’espropriazione di un’area di proprietà dei signori Z. sulla premessa della sua qualificazione urbanistica come area edificabile, senza accertare se essa non fosse gravata da vincoli conformativi di piano regolatore al tempo dell’espropriazione.

La Corte d’appello di Firenze, decidendo quale giudice del rinvio con sentenza 16 dicembre 2009, ha determinato l’indennità dovuta in ragione della natura conformativa dei vincoli stradali esistenti sull’area espropriata in forza del piano regolatore vigente. Dalla relazione di consulenza tecnica risultava la previsione, nel piano regolatore,di una struttura differenziata, distinguendosi, all’interno della città, le carreggiate centrali, riservate al traffico per le maggiori distanze, da quelle laterali d’interesse locale, con una serie di accessi a breve distanza tra loro, in funzione di un collegamento capillare tra le diverse zone attraversate dalla strada. Secondo la corte, la previsione del piano era relativa ad un intervento di grande viabilità, interessante una parte cospicua del territorio a norma della L. n. 1150 n. 1942, art. 7, n. 1 e la strada non poteva essere considerata alla stregua di una rete stradale al servizio di singole zone omogenee del territorio comunale. Su tali premesse, la corte ha applicato per la determinazione dell’indennità di espropriazione il criterio previsto per i suoli agricoli a norma della L. n. 865 del 1971, art. 16 e ha adottato i provvedimenti consequenziali.

Per la cassazione della sentenza, non notificata, ricorrono i signori Z. con atto notificato il 17 marzo 2010 per cinque motivi.

Resiste il Comune di Prato con controricorso notificato il 16 aprile 2010.

Il ricorso potrà essere deciso in Camera di consiglio se saranno condivise le considerazioni che seguono.

Il ricorso denuncia con i primi tre motivi il vizio di motivazione dell’impugnata sentenza, nella quale non si tiene conto ai fini della qualificazione del vincolo stradale della circostanza – pur contraddittoriamente riconosciuta – che sui terreni espropriati passavano due strade laterali destinate al collegamento locale e quindi al servizio di una particolare zona, e non della viabilità generale, e la tangenziale in senso stretto, articolata in due carreggiate separate, per il collegamento di varie parti del territorio comunale. In ogni caso si sarebbe dovuto distinguere, nell’area espropriata e sulla base degli accertamenti tecnici acquisiti al giudizio, la parte destinata alla grande viabilità da quella destinata al traffico locale al servizio della singola zona.

La censure sono manifestamente infondate. Il giudice di merito ha accertato in fatto, con un giudizio che neppure i ricorrenti censurano specificamente, che la strada non poteva essere considerata al servizio di singole zone del territorio comunale, e ha motivato questa conclusione con il richiamo di una relazione di consulenza nella quale si indicava – accanto alla funzione di viabilità al servizio dei collegamenti Nord-Sud – una funzione di collegamento tra le diverse zone attraversate dalla strada. In tale regime urbanistico è escluso che l’area interessata possa ritenersi posta al servizio di una singola zona territoriale omogenea, perchè, collegando zone diverse, assolve a funzione di viabilità generale, sia pure all’interno del territorio comunale, con la conseguenza che il relativo vincolo ha natura conformativa.

Con il quarto motivo si prospetta una questione di legittimità costituzionale della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3, per il fatto di assoggettare, per la determinazione dell’indennità di espropriazione, al regime dei suoli agricoli, invece che a quello cosiddetto dell’edificabilità di fatto, le aree destinate dal piano regolatore ad opere pubbliche.

La questione è manifestamente infondata. Sul punto la corte delle leggi s’è già pronunciata con la sentenza n. 261 del 1997, osservando che in tal modo si mira a far introdurre nell’ordinamento un tertium genus, tra le aree edificabili e tutte le altre aree, parificate, quanto alla stima dell’indennità, a quelle agricole, superando la scelta del legislatore di suddividere le aree in due sole categorie (aree edificabili da una parte e tutte le rimanenti dall’altra). Tale scelta legislativa non presenta caratteri di irragionevolezza o di arbitrarietà tali da far riscontrare un vizio sotto i profili denunciati, nè comunque pregiudica di per sè il serio ed effettivo ristoro del proprietario espropriato. La soluzione adottata dal legislatore (certamente non obbligata sul piano costituzionale) è stata netta, nel senso di creare, per semplificare il sistema, ai soli fini del calcolo dell’indennità di espropriazione, una dicotomia, contrapponendo le aree edificabili a tutte le altre.

Inammissibile è pure il quinto motivo, con il quale si censura la parziale compensazione delle spese del giudizio di merito. Stante la parziale reciproca soccombenza delle parti, la parziale compensazione delle spese costituisce espressione di un potere discrezionale de giudice di merito, non sindacabile in questa sede.

Si propone pertanto che la corte, in Camera di consiglio, dichiari la manifesta fondatezza dei primi quattro motivi del ricorso, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, l’inammissibilità de quinto a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1.

2. – La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti. La difesa del Comune di Prato ha depositato memoria con nota spese del procedimento relativo alla sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, chiedendone la liquidazione.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio ha esaminato il ricorso, il controricorso, la relazione e la memoria del controricorrente, e della relazione ha condiviso il contenuto e le conclusioni.

4.- Il ricorso è respinto per manifesta infondatezza. Le spese del presente giudizio, e quelle del procedimento cautelare davanti alla corte territoriale, sono a carico dei soccombenti, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso per manifesta infondatezza e condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’ente resistente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, e per il procedimento ex art. 373 c.p.c., in Euro 2.200,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 24 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2011

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