Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6873 del 16/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/03/2017, (ud. 02/02/2017, dep.16/03/2017),  n. 6873

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMANUELE

FILIBERTO 161, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO CAMILLI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AZIENDA TERRITORIALE EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DEL COMUNE DI

(OMISSIS), in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FULCIERI PAOLUCCI DE CALBOLI

20-E, presso l’AVVOCATURA DELL’ENTE, rappresentata e difesa

dall’avvocato EDMONDA ROLLI;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 2245/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dal 02/02/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

RILEVATO CHE:

con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Roma ha accolto l’appello proposto da A.T.E.R. del Comune di (OMISSIS) contro la sentenza del Tribunale di Roma che, accogliendo l’opposizione avanzata da G.G., aveva dichiarato illegittimo il decreto emesso dall’A.T.E.R. per il rilascio dell’alloggio dal G. occupato in (OMISSIS), riconoscendo il diritto dell’opponente al godimento di questo alloggio;

la Corte d’appello ha riformato la decisione di primo grado, ritenendo applicabile la L.R. n. 12 del 1999, in vigore al momento del decesso dell’assegnataria, sig.ra G.S., zia del ricorrente, avvenuto il (OMISSIS) (e non la L.R. n. 33 del 1987 applicata invece dal Tribunale); ha, in particolare, reputato decisiva la circostanza in ordine all’impossidenza di altri immobili nello stesso comune (prevista come requisito necessario – sia in capo al richiedente che in capo agli altri componenti del nucleo familiare – per il subentro nell’assegnazione dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica dalla citata L.R. n. 12 del 1999, art. 11); ha quindi accertato che la moglie del G. era proprietaria di un appartamento di quattro vani in (OMISSIS); rigettate le contestazioni del G., ha perciò concluso per l’accoglimento del gravame con condanna dell’appellato al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio;

– il ricorso è proposto da G.G. con due motivi;

– l’Azienda Territoriale Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di (OMISSIS) si è difesa con controricorso;

– ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

– il decreto è stato notificato come per legge;

parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO CHE:

– col primo motivo di ricorso si deduce “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5)”, perchè la Corte d’appello non avrebbe considerato che la mancanza del requisito dell’impossidenza immobiliare non costituiva una delle ragioni poste a fondamento del decreto dell’A.T.E.R. impugnato dinanzi al Tribunale;

– il motivo (difettoso anche quanto al requisito dell’autosufficienza, poichè – come nota la resistente- non riporta il contenuto del richiamato decreto di rilascio) è inammissibile, dato che la circostanza evidenziata dal ricorrente, oltre a rilevare non in fatto (quindi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5), ma in diritto, è comunque insignificante ai fini della decisione. Infatti, l’opposizione avverso il decreto emesso dall’Azienda dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione che ha ad oggetto il diritto dell’istante di subentrare nel godimento dell’alloggio (cfr. Cass. S.U. n. 13527/06, Cass. S.U. n. 29095/11), rispetto al quale le ragioni dell’Amministrazione non vincolano il giudice, nè in senso favorevole nè in senso sfavorevole all’istante;

– quest’ultima considerazione consente di superare anche gli argomenti difensivi illustrati nella memoria, con i quali si torna infondatamente a sostenere che il thema decidendum del presente giudizio sarebbe rimasto delimitato dai motivi posti dall’Azienda a fondamento del provvedimento di escomio;

– col secondo motivo si deduce “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la Corte d’appello non avrebbe considerato che la moglie del G. non era componente del nucleo familiare dell’assegnataria e non era nemmeno convivente col G. e, ancor meno, con la zia di quest’ultimo, nell’alloggio oggetto di giudizio, ed, ancora, non avrebbe considerato che il G. aveva fatto presente di essere separato dalla moglie, dapprima di fatto, e legalmente dal 2/10/2007;

– con lo stesso motivo si deduce altresì “violazione e falsa applicazione della L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 11, comma 5, e della normativa che definisce il concetto di nucleo familiare (art. 360 c.p.c., n. 3)” perchè -secondo il ricorrente- il legislatore considererebbe essenziale a configurare un nucleo familiare la stabile convivenza dei suoi membri, quindi la coabitazione;

infine, si censura la decisione in merito alla valutazione dell'”adeguatezza” alle esigenze familiari (ai sensi della L.R. n. 12 del 1999, art. 11, lett. c) dell’immobile di proprietà della moglie del G.;

il motivo è inammissibile, sia quanto a quest’ultima censura che quanto alla prima, formulata facendo riferimento alla norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

– dal momento che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 9 aprile 2015, si applica l’art. 360 c.p.c., n. 5, come sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito nella L. n. 134 del 2012, che consente esclusivamente la censura di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”: il fatto della separazione legale dei coniugi (oltre che sfornito di riscontro documentale, in quanto il ricorso non indica nè se nè quando nè come sarebbe stato provato; e la resistente sostiene che sarebbe stato provato con documenti tardivamente prodotti) non è decisivo perchè è sopravvenuto (2 ottobre 2007) al decesso dell’assegnataria ((OMISSIS)), data alla quale devono sussistere i requisiti richiesti dalla legge per il subentro nell’alloggio; il fatto dell’inadeguatezza dell’immobile di proprietà del coniuge del richiedente è stato invece espressamente esaminato dal giudice di merito ed è stato escluso con motivazione congrua;

quanto all’asserita applicabilità del regolamento Regione Lazio n. 2/2000, ai fini della verifica di detta “adeguatezza”, essa costituisce questione nuova, che non risulta proposta nei precedenti gradi di merito, inammissibile in sede di legittimità poichè presuppone l’accertamento di un dato di fatto (superficie degli alloggi), del quale non risulta essersi occupato il giudice di merito;

il secondo motivo è infine destituito di fondamento quanto all’interpretazione della L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 11 pretesa dal ricorrente. Dal combinato disposto dell’art. 11, comma 1, lett. c), commi 2 e 5 si desume che il nucleo familiare rilevante ai fini della verifica dei requisiti per l’assegnazione degli alloggi, qualora l’istante sia coniugato, è comunque composto dai due coniugi. Quindi, a prescindere dalla convivenza anagrafica o dalla coabitazione, è di per sè rilevante il rapporto di coniugio: il requisito dell’impossidenza di altro immobile adeguato alle esigenze familiari sito nello stesso Comune va perciò riferito a ciascuno dei due coniugi, avendo riguardo ai componenti della famiglia formata da costoro (nel caso di specie, il G., la moglie e i due figli);

il giudice d’appello si è attenuto a questa interpretazione;

perciò, il ricorso va rigettato;

non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità poichè l’ATER non ha depositato l’avviso di ricevimento del controricorso (notificato a mezzo posta, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 1), sicchè, non essendovi prova del compimento del procedimento notificatorio, l’atto è inammissibile;

sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2017

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