Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6871 del 22/03/2010

Cassazione civile sez. I, 22/03/2010, (ud. 15/12/2009, dep. 22/03/2010), n.6871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G., M.P., M.M., P.R.,

P.F.G., P.D., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI 13, presso l’avvocato PITTALUGA

GIANRICO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato DEL

SEPPIA GIOVANNI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CAPANNORI;

– intimato-

sul ricorso 20415-2004 proposto da:

COMUNE DI CAPANNORI (c.f. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 58, presso

l’avvocato MOLINO CLAUDIA, rappresentato e difeso dall’avvocato

CECCHI ALESSANDRO, giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

B.G., M.P., M.M., P.R.,

P.F.G., P.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 916/2003 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 27/05/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/12/2009 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

ALESSANDRO CECCHI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e

l’accoglimento dell’incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo

del ricorso principale; rigetto dei motivi primo e secondo con

assorbimento nel resto; rigetto dell’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 27 maggio 2003 la Corte di appello di Firenze ha respinto l’opposizione proposta da B.G., M. P., M.M., P.R., P.F. G. e P.D. avverso la stima dell’indennità dovuta dal Comune di Capannori per l’espropriazione di un terreno di proprietà dei ricorrenti, in catasto al fgl. N. (OMISSIS), mappale (OMISSIS) di complessivi mq. 3075, inserito nello strumento urbanistico in zona destinata ad attrezzature pubbliche salvo in parte il vincolo di rispetto dal cimitero, che era stato occupato in via d’urgenza il 30.5.1993 per la realizzazione di un parcheggio pubblico.

Preso atto dell’acquisizione gratuita da parte del Comune e della conseguente immissione in possesso ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 7, della parte di terreno di mq. 1.219,25, provata in atti dal verbale redatto il 2.8.91 notificato agli istanti e debitamente trascritto, ha determinato l’indennità d’espropriazione sulla base del valore venale della residua parte dell’immobile, accertato dal c.t.u. nella misura di Euro 14.472,78, applicando il criterio riduttivo della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, con l’ulteriore decurtazione del 40% prevista dal comma 1, nell’importo di Euro 8.683,67, inferiore a quello offerto dall’amministrazione espropriante in L. 92.421.900. E’pervenuta infine ad eguale risultato per l’indennità di occupazione determinata dal c.t.u. nella misura di Euro 2.659,82, notevolmente inferiore a quella di L. 8.856.375 offerta dal Comune.

Per la cassazione della sentenza i predetti ricorrenti hanno proposto ricorso per Cassazione in base a cinque motivi resistiti dal Comune di Capannori con controricorso contenente ricorso incidentale contro il quale i ricorrenti principali non hanno spiegato difesa. Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si dispone la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima decisione.

Con il primo motivo i ricorrenti, deducendo violazione della L. n. 47 del 1985, art. 7, si dolgono del fatto che la Corte fiorentina abbia considerato pienamente operante l’atto d’acquisizione gratuita disposta dal Comune di Capannori in data 2.8.91 di parte del terreno di loro proprietà. Ne deducono l’inefficacia rilevando che tutti i successivi atti in cui si è scandito il procedimento espropriativo – decreto sindacale n. 3 del 2.4.93 che autorizzò l’occupazione d’urgenza, decreto d’esproprio del 12.4.1996 e delibera della Giunta municipale che ebbe a determinare l’indennità d’esproprio- si riferiscono all’intera estensione del fondo. Invocano a conforto l’enunciato del giudice della L. n. 354 del 1991, assumendo che l’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione da parte del conduttore non determinerebbe l’acquisizione del terreno a danno del proprietario.

Il motivo è privo di fondamento.

La Corte territoriale ha detratto dalla superficie del suolo occupato l’estensione oggetto della confisca conseguente all’adozione del provvedimento assunto ai sensi della legge rubricata, ed ha pertanto demandato al c.t.u. nuova indagine che tenesse conto dello stato dei luoghi conseguente.

Tale percorso argomentativo è immune da critica.

L’effetto acquisitivo discendente dall’assunzione da parte del Comune di Capannori dell’atto d’imperio in discussione, discendente dall’inottemperanza ad un ordine di demolizione di opere abusive realizzate dal conduttore sul terreno, rappresenta dato incontroverso, che venne acquisito in causa su eccezione della stessa parte istante che ora ne contesta l’efficacia.

Dal momento che gli odierni ricorrenti non lo hanno impugnato nelle sedi competenti, esso dispiega legittimamente i suoi tipici effetti.

Nè può ritenersi implicitamente revocato, come suggestivamente si prospetta nel motivo in esame, per il fatto che il Comune non ne tenne conto nell’assunzione degli atti del procedimento espropriativo. La sua rimozione in sede di autotutela, ad iniziativa della stessa autorità che lo aveva assunto, necessitava di esplicitazione attraverso specifico provvedimento, che non risulta, nè i ricorrenti deducono esser stato mai adottato. Avrebbe infatti comportato una retrocessione della proprietà della porzione confiscata che imponeva l’assunzione di un’iniziativa, affidata alla sua discrezionalità, consacrata in un provvedimento assistito dalle medesime formalità prescritte per l’assunzione dell’atto revocato- notifica agli interessati, trascrizione nei pubblici registri.

La censura in parte qua è pertanto infondata. E’ altresì inammissibile laddove prospetta l’illegittimità dell’acquisizione del suolo sulla base dell’intervento del giudice delle leggi richiamato, in quanto introduce questione nuova, non sottoposta al giudice di merito.

Col secondo motivo i ricorrenti, collegandosi alla precedente censura, ascrivono alla Corte territoriale preteso vizio di motivazione per aver omesso l’esame degli atti adottati dal Comune successivamente al provvedimento assunto a termini della L. n. 47 del 1985, art. 7, il 2.8.91. Inoltre lamentano omesso esame delle critiche da loro indirizzate alla seconda c.t.u. che ridusse notevolmente il valore del bene, parificandolo in sostanza a quello di un terreno agricolo.

Nel suo primo profilo il motivo, collegato al precedente mezzo, è infondato per le ragioni già espresse. Sotto altro aspetto è inammissibile in quanto è generico. Non riferendo infatti quali sarebbero le osservazioni critiche alla relazione del c.t.u.

asseritamente pretermesse risulta privo di autosufficienza.

Col terzo motivo i ricorrenti denunciando violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, censurano la sentenza impugnata per non aver tenuto conto dell’inadeguatezza dell’offerta del Comune. Rileva che in ogni caso tale ultima riduzione non poteva essere compiuta per l’evidente sproporzione tra le due somme, che avevano messo esso espropriato in condizione di non accettarla. Il ricorso va accolto per le ragioni che seguono. Il criterio riduttivo introdotto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, applicato dalla Corte territoriale per la stima dell’indennizzo dovuto sia per l’espropriazione che per l’occupazione temporanea del terreno avente destinazione edificatoria è stato dichiarato illegittimo con sentenza 348 del 2007 dalla Corte Costituzionale, perchè in contrasto con l’art. 117 Cost., che impone al legislatore nazionale il rispetto degli obblighi internazionali dello Stato.

Dal giorno successivo alla pubblicazione di questa decisione (art. 136 Cost. e L. n. 87 del 1953, art. 30, comma 3), come la Consulta ha espressamente avvertito, non è perciò più ammessa l’applicazione del meccanismo riduttivo ivi previsto, a meno che il rapporto non sia ormai esaurito in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi dalla pronuncia d’incostituzionalità (Cass. nn. 16450/2006; 15200/2005;

22413/2004), così come del resto stabiliva l’art. 5 bis citato, con riguardo al passaggio in giudicato della definizione dell’indennità di espropriazione, in sede giudiziale.

Nessuna di queste ipotesi si è verificata nel caso concreto posto che i proprietari con la presente impugnazione hanno posto in discussione non solo l’ammontare ancora dovuto, ritenuto incongruo, ma la stessa applicabilità del criterio legale di stima applicato dalla norma caducata. Ne consegue l’applicabilità del criterio generale dell’indennizzo pari al valore venale del bene fissato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, l’unico che l’ordinamento sancisce in linea generale per ogni ipotesi o tipo di espropriazione (cfr. Cass. nn. 9321/2008; 9245/2008; 8384/2008; 7258/2008;

26275/2007), corrispondente peraltro a quello garantito dall’art. 1 Protocollo allegato alla Convenzione europea nell’interpretazione offerta dalla Corte EDU, e tuttora vigente.

In questa prospettiva occorre ribadire che la norma sopravvenuta contenuta nella L. n. 244 del 2007, art. 2, commi 89 e 90, che prevede che “Quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, l’indennità è ridotta del venticinque per cento”, non è applicabile ratione temporis alla fattispecie atteso che il disposto del comma 90, ne prevede limitata retroattività “ai procedimenti espropriativi” e non anche ai giudizi in corso (Cass. S.U. n. 5269/2008, Cass. n 11480/2008).

Ne discende che sia l’indennità di espropriazione che quella di occupazione temporanea dovranno essere calcolate dal giudice di rinvio alla luce del criterio posto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39.

Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano omessa attribuzione degli interessi al tasso legale, come richiesto ed al maggior danno causato dal ritardo.

Col quinto si dolgono dell’errata applicazione dell’art. 91 c.p.c..

Tutti questi restanti motivi sono assorbiti.

Il ricorso incidentale denuncia la sentenza impugnata per omessa motivazione su punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis e della L. n. 1150 del 1942. Si ascrive alla Corte territoriale d’aver attribuito vocazione edificatoria al terreno benchè lo strumento urbanistico lo avesse destinato a parcheggio pubblico, realizzabile solo ad iniziativa del Comune.

I ricorrenti ne deducono inammissibilità in ragione della sua novità.

Il motivo è inammissibile. La questione ivi prospettata non risulta infatti nè dedotta nè dibattuta nella sede di merito. Tanto meno il Comune indica l’atto in cui ebbe a sottoporne l’indagine al giudice di merito.

La sua novità ne preclude l’esame e comporta il rigetto del ricorso.

Tanto premesso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte territoriale che provvederà anche sul governo delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi, rigetta il primo e secondo motivo del ricorso principale; accoglie il terzo, e dichiara assorbiti gli altri. Rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione anche per la pronuncia delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2010

 

 

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