Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6868 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6868 Anno 2016
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro tempore, ed AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi
n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e
difende;

ricorrenti

contro
FALLIMENTO TORNESE FRANCO, rappresentato e difeso dall’avv.
Maurizio Villani, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sez.
staccata di Lecce, n. 75/22/08, depositata il 18 aprile 2008.

Data pubblicazione: 08/04/2016

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 dicembre
2015 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito l’avvocato dello Stato Paola Maria Zerman per i ricorrenti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi
Cuomo, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate

tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, indicata in
epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata,
per quanto qui ancora rileva, l’illegittimità dell’avviso di accertamento
emesso, a titolo di IRPEF ed ILOR su maggior reddito d’impresa per l’anno
1987, nei confronti del Fallimento di Franco Tornese, esercente attività di
commercio all’ingrosso di olio d’oliva.
Il giudice d’appello ha ritenuto che, poiché l’accertamento concerneva il
recupero a tassazione di costi indeducibili in quanto relativi ad operazioni di
acquisto oggettivamente inesistenti, l’Ufficio avrebbe dovuto escludere
dalla base imponibile i ricavi derivanti dalle medesime operazioni fittizie.
2. Il Fallimento di Franco Tornese resiste con controricorso, illustrato
con memoria.

Considerato in diritto
1. Con l’unico motivo è denunciata la violazione dell’art. 39 del d.P.R. n.
600 del 1973 e dell’art. 75 del d.P.R. n. 917 del 1986 (vecchia numerazione)
ed è formulato il quesito “se in una fattispecie come la presente, ove si
controverta della ripresa a tassazione di costi relativi ad operazioni fittizie,
erri il giudice di merito che ritenga illegittimo tale recupero per non avere
l’ufficio operato l’abbattimento dei corrispondenti ricavi”.
2. Premesso che l’eccezione di inammissibilità del motivo per inidoneità
del quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., sollevata dal
controricorrente, deve essere disattesa, poiché il quesito si rivela
sufficientemente adeguato a svolgere la funzione di consentire a questa
Corte di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione
anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata, il
ricorso deve essere accolto nei sensi appresso specificati.
L’ art. 8 del d.l. 2 marzo 2012, n. 16 (convertito dalla legge 26 aprile
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propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione

2012, n. 44), dopo aver sostituito, al comma l, il comma 4 bis dell’art. 14
della legge n. 537 del 1993, ha previsto, per quanto qui interessa, al comma
2, che .
Il successivo comma 3 ha stabilito, poi, in via transitoria, che .
Va precisato che, secondo i principi generali, grava sul contribuente
l’onere di provare che i componenti positivi, che hanno concorso
nell’accertamento alla formazione del reddito, siano anch’ essi fittizi perché
ricavi “direttamente afferenti” a spese o ad altri componenti negativi relativi
a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati (Cass. n. 25967 del
2013, 16456, 21189 e 27040 del 2014).
3. In conclusione, il ricorso va accolto nei sensi indicati, la sentenza
impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale della Puglia, la quale procederà a nuovo
esame della controversia, uniformandosi ai principi enunciati ed accertando
in concreto la sussistenza, nella fattispecie, di tutti i presupposti per
l’applicazione della nuova normativa, oltre a provvedere in ordine alle spese
anche del presente giudizio di cassazione.
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In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento

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