Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6867 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2021, (ud. 27/10/2020, dep. 11/03/2021), n.6867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20252-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AUTOSALONE T. SRL, Q.F., P.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI 134, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA CIPOLLA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANDREA CARINCI;

– controricorrenti –

e contro

Q.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 196/2014 della COMM. TRIB. REG. della EMILIA

ROMAGNA, depositata 11 31/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2020 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

– con la sentenza n. 196/3/2014 del 31/1/2014, la C.T.R. dell’Emilia-Romagna, in accoglimento dell’appello dei contribuenti e rigettando l’impugnazione dell’Agenzia delle Entrate, annullava gli atti impositivi dell’Ufficio nei confronti della Autosalone T. S.r.l. e dei soci Q.F., P.F. e Q.M.;

– l’Amministrazione finanziaria, sulla scorta di p.v.c. della Guardia di Finanza, con due distinti avvisi notificati alla società, aveva recuperato a tassazione l’IVA 2003 e 2004, sostenendone l’illegittima detrazione in quanto afferente alla registrazione di fatture passive soggettivamente inesistenti, nonchè, per la sola annualità 2004, le maggiori imposte (IRES, IRAP e IVA) dovute su operazioni attive non fatturate e componenti positivi non contabilizzati; con avvisi emessi nei confronti dei soci (il legale rappresentante della società, la moglie e la figlia) l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione gli utili extracontabili relativi ai maggiori ricavi accertati nel 2004;

– avverso la suddetta decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi;

– resistono con controricorso la Autosalone T. S.r.l. e i soci Q.F., P.F.; Q.M. resta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Col primo motivo l’Agenzia propone censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la C.T.R., con riguardo all’indetraibilità dell’IVA riguardante fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, avrebbe omesso di esaminare fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti.

Il motivo è inammissibile.

La ricorrente individua, come fatti decisivi la cui considerazione sarebbe stata omessa, le condizioni dei veicoli (che erano nuovi e non “a Km 0”), i rapporti con le società fornitrici, le dichiarazioni di G.M. (asseritamente idonee a smentire l’estraneità alla frode) e altri elementi indicati nell’avviso (prezzi delle auto, modalità di pagamento, tempi di commercializzazione, mancanza di dd.dd.tt.), di per sè idonei ad escludere l’estraneità della società alla frode.

Oltre a rilevare che la sentenza svolge specifici riferimenti ad alcuni dei fornitori (menzionati nel testo) ed esamina le dichiarazioni del Gaiani valutandone la minore attendibilità rispetto ad altre, si osserva che il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, art. 54), concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, non già la mancata o erronea o insufficiente considerazione di elementi istruttori, dovendosi escludere, peraltro, che il giudice debba dare conto nella motivazione di tutte le risultanze probatorie (o di ogni singolo elemento indiziario valutato) o soffermarsi specificamente su tutte le deduzioni difensive (ex multis, Cass., Sez. U; Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831-01; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14802 del 14/06/2017, Rv. 644485-01, Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 5279 del 26/02/2020, Rv. 657231-01).

2. Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 2, artt. 2697,2727,2728 c.c., per avere la C.T.R. annullato l’accertamento di maggiori ricavi (non contabilizzati) reputando, in violazione delle presunzioni legali sancite dalle norme citate, illegittima la verifica delle movimentazioni bancarie, operata “per masse finanziarie e non per singole transazioni, con l’effetto ingiustificato di ricondurre a tassazione tutti i movimenti dei conti verificati” e “senza alcuna prova… che l’Amministratore (della società) effettivamente disponesse o potesse disporre dei predetti rapporti”.

Il motivo è fondato.

La C.T.R. ha escluso la valenza degli esiti delle indagini finanziarie condotte sui conti dei soci per due ragioni: a) difettava la prova della disponibilità dei rapporti bancari da parte dell’amministratore della società; b) i rapporti bancari erano stati esaminati “per masse” e, cioè, senza un’analisi della singole transazioni.

Con la prima argomentazione il giudice d’appello omette di considerare la presunzione (che ha “consistenza di prova presuntiva legale”) – più volte riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità in base alla quale le movimentazioni sui conti dei soci di una società (di persone o di capitali) partecipata da familiari o congiunti sono riferibili alla società stessa in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario: “In tema di accertamento IVA relativo a società di persone a ristretta base familiare, l’Ufficio finanziario può utilizzare le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla medesima società le operazioni ivi riscontrate, dato che la relazione di parentela è idonea a far presumere, salvo facoltà di provare la diversa origine delle entrate, la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari, nonchè ad identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli stessi dei soci; in altri termini, la qualità di socio in capo al soggetto sottoposto a indagini bancarie e finanziarie ne riduce la lontananza dalla società alla quale partecipa e, pertanto, consente all’Amministrazione di riferire al contribuente le movimentazioni – salva la prova contraria, a suo carico – al fine di determinarne i maggiori ricavi non dichiarati, in quanto tali rapporti di contiguità rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate e non disponga di proventi diversi o ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla gestione dell’attività imprenditoriale.” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 7758 del 20/03/2019; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20668 del 01/10/2014).

La predetta presunzione non riguarda soltanto le società di persone, ma anche quelle di capitali, qualora sussistano elementi tali da indurre a ritenere che le movimentazioni sui conti dei soci e dei loro familiari siano, in realtà, riferibili alla contribuente: “In tema di accertamento dell’IVA, la presunzione stabilita dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, secondo cui le movimentazioni sui conti bancari risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio finanziario si presumono conseguenza di operazioni imponibili, opera anche in relazione alle società di capitali con riferimento alle somme di danaro movimentate sui conti intestati ai soci o ai loro congiunti, conti che devono ritenersi riferibili alla società contribuente stessa, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore, o i soci, ed i congiunti intestatari dei conti bancari sottoposti a verifica. In tal caso, infatti, è particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci, e perfino dei loro familiari, debbano – in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario – ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica.” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 12276 del 12/06/2015, Rv. 635671-01).

Quanto alla seconda argomentazione e, cioè, alla riconduzione a tassazione della totalità dei movimenti sui conti oggetto di verifica e non di singole transazioni precisamente individuate, la decisione della C.T.R. viola il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, i quali prevedono che tutti i movimenti sui conti bancari, siano essi accrediti che addebiti (i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione), si presumono riferiti all’attività economica del contribuente e che spetta a quest’ultimo fornire la prova contraria e, cioè, che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili (ex multis, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26111 del 30/12/2015, Rv. 638173-01).

Spetta poi al giudice di merito il compito di effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite (dal contribuente) rispetto ad ogni singola movimentazione), dandone compiutamente conto in motivazione. (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 10480 del 03/05/2018, Rv. 648064-01).

3. Col terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), della L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 21-septies, del D.P.R. n. 600 del 1973art. 42, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, L. n. 212 del 2000, art. 7, per avere la C.T.R. affermato che l’Agenzia delle Entrate, nell’accertamento, “non può limitarsi ad operare un generale rinvio al processo verbale redatto dalla Guardia di Finanza”.

Il motivo è fondato.

Contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, la motivazione dell’avviso di accertamento eseguita per relationem alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 32957 del 20/12/2018, Rv. 652115-01).

3. In accoglimento del secondo e del terzo motivo, dunque, la sentenza deve essere cassata con rinvio alla C.T.R. dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il primo motivo;

accoglie il secondo e il terzo motivo;

cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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