Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6865 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6865 Anno 2016
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 14557-2009 proposto da:
EDILGIUBILEO SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA CARLO MIRABELLO 14, presso lo
studio dell’avvocato GIANCARLO MARINO, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente contro

COMUNE DI ALBANO LAZIALE in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DEI
MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato
ANGELO STEFANORI, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 08/04/2016

dall’avvocato MARIA RITA TIBURZI giusta delega a
margine;
SAN GIORGIO SPA in persona del legale rappresentante
pro tempere, elettivamente domiciliate in ROMA VIA
CICERONE 28, presso lo studio dell’avvocato PIETRO DI

a margine;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 10/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 05/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/12/2015 dal Consigliere Dott. LUCIO
NAPOLITANO;
udito per il controricorrente l’Avvocato D’AMICO per
delega dell’Avvocato TIBURZI che si riporta agli
scritti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso in subordine rigetto.

BENEDETTO, che lo rappresenta e difende giusta delega

R.G.N.

Svolgimento del processo

14557/09

La società Edilgiubileo S.r.l., in persona del legale rappresentante protempore, impugnò con separati ricorsi dinanzi alla CTP di Roma due distinti
avvisi di accertamento emessi nei suoi confronti dal Comune di Albano
Laziale per occupazione di suolo pubblico, in assenza di autorizzazione, il

periodo 2 febbraio — 31 dicembre 2002, l’altro per € 164.207,25 per
sanzioni in forza di occupazione di suolo pubblico in assenza di
autorizzazione per il periodo 1° gennaio — 9 ottobre 2003.
La CTP di Roma, riuniti i ricorsi, li respinse.
L’appello proposto dalla società avverso la sentenza di primo grado fu
rigettato dalla CTR del Lazio, con sentenza n. 10/12/2008, depositata il 5
maggio 2008, ritenendo che gli elementi di prova emersi dagli accertamenti
eseguiti dalla Polizia municipale e dai Carabinieri non lasciassero dubbi sia
sulla riferibilità dell’occupazione alla società appellante, sia sulla durata
dell’occupazione e sulla consistenza della superficie occupata.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la Edilgiubileo S.r.l., ora in
liquidazione, in forza di quattro motivi.
Il Comune di Albano Laziale e la Tributi Italia S.p.A. (già San Giorgio
S.p.A.), subentrata ad ICA S.r.l. nella qualità di concessionaria per
l’accertamento e la riscossione della tassa per l’occupazione di spazi ed aree
pubbliche del suddetto Comune, resistono con controricorso.
Motivi della decisione
L Con il primo motivo la società ricorrente deduce “violazione ovvero falsa
applicazione di norme di diritto, ai sensi dell ‘art. 360, n. 3 c.p.c. e

1

primo per l’importo di € 347.560,95 quale imposta (TOSAP) dovuta per il

conseguente illegittimità della sentenza impugnata per la non consentita
violazione del disposto dell’art. 51, comma 2° bis del D. Lgs. n. 507/1993
introdotto dall’art. 6, comma 2°, lettera b) del D. Lgs. 26/1/2001, n. 32”.

Parte ricorrente, così come per gli altri motivi, antepone all’illustrazione del
motivo il quesito di diritto, di seguito trascritto: “la sentenza impugnata, avuto

gli avvisi di accertamento, quali il verbale della Polizia Municipale n. 10469
del 06.10.2003 ed il verbale di sequestro preventivo del 10.10.2003, non
erano conosciuti dalla società ricorrente all’atto della loro notificazione, né
gli stessi sono stati mai allegati ai suddetti avvisi di accertamento, né il loro
contenuto è stato in questi riprodotto, deve essere considerata o meno
illegittima per violazione ovvero falsa applicazione del disposto di cui all’art.
51, comma 2° bis del D. Lgs. n. 507/1993 introdotto dall’art. 6, comma 2°,
lettera b) del D. Lgs. 26101/2001 n. 32”.

In detto quesito la società ricorrente riassume la censura inerente alla non
corretta valutazione, da parte della sentenza impugnata, dell’eccezione con la
quale si era dedotto il vizio di motivazione degli atti impositivi, riproposta
dalla contribuente come motivo d’appello avverso la sentenza di primo grado,
per mancata allegazione dei succitati verbali o per omessa riproduzione del
loro contenuto essenziale in ciascuno degli avvisi impugnati.
2. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce “omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., quale
la valutazione degli elementi di prova relativi alla data d’inizio del periodo di
asserita occupazione senza titolo del suolo pubblico”,

formulando,

immediatamente dopo, il seguente quesito: “la sentenza impugnata, avuto
2

riguardo alla circostanza che gli atti in relazione ai quali sono stati adottati

riguardo alla omessa, ovvero insufficiente, ovvero contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, quale la
valutazione degli elementi di prova relativi alla data d’inizio del periodo di
asserita occupazione senza titolo del suolo pubblico, deve essere considerata
o meno illegittima ai sensi del disposto di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c.”.

impugnata non avrebbe riconosciuto l’inizio dell’occupazione del suolo
pubblico a far data dal 23.9.2003, atteso che solo dalla redazione in pari data
da parte dei Carabinieri della stazione di Albano Laziale di rilievo fotografico
dei luoghi di causa sarebbe stato possibile ritenere provata la contestata
occupazione di suolo pubblico e non anche per periodi precedenti, come
invece contestato dagli avvisi di accertamento impugnati.
3. Con il terzo motivo la società ricorrente deduce ancora

“omessa,

insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c.,
quale l’esistenza di specifici contratti aventi ad oggetto il regolamento per il
deposito di materiale di risulta derivante dalla costruzione del manufatto su
di un lotto diverso rispetto quello su cui è stata contestata l’asserita
occupazione abusiva”, subito dopo formulando quesito del seguente tenore:
“la sentenza impugnata, avuto riguardo alla omessa, ovvero insufficiente,
ovvero contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per
il giudizio, quale l’esistenza di specifici contratti aventi ad oggetto il
regolamento per il deposito del materiale di risulta derivante dalla
costruzione del manufatto su di un lotto diverso rispetto a quello su cui è stata
contestata l’asserita occupazione abusiva, deve o meno essere considerata
illegittima ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c.”.
3

Con il motivo in esame la ricorrente lamenta che erroneamente la sentenza

La ricorrente si duole del fatto che la sentenza impugnata non avrebbe dato il
dovuto rilievo al contratto d’appalto sottoscritto in data 30 gennaio 2002 tra
essa ricorrente e la F.11i Riuscito S.n.c. incaricata dell’esecuzione di opere di
sbancamento, con obbligo di accantonare il materiale di risulta presso altro
lotto di proprietà di terzo, la società Eurocasa S.r.l., che aveva all’uopo

il deposito provvisorio del materiale di risulta nell’attesa del suo riutilizzo per
il riempimento delle fondazioni e dei muri perimetrali della costruzione in via
di realizzazione.
4. Con il quarto motivo, infine, la società ricorrente deduce “violazione

ovvero falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c.
e conseguente illegittimità della sentenza impugnata per la non consentita
violazione del disposto di cui all’art. 39 del D. Lgs. 507/1993”, deduzione cui
segue immediatamente il seguente quesito: “la sentenza impugnata, in

considerazione del fatto che l’occupazione abusiva è stata contestata a carico
della società ricorrente e non a carico dell’effettivo, reale occupante
dell’area in questione, deve o meno essere considerata illegittima per
violazione ovvero falsa applicazione del disposto di cui all’art. 39 del D. Lgs.
507/93”.
A giudizio della ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe incorsa nella
denunciata violazione dell’art. 39 del D. Lgs. n. 507/1993, non potendo essa
essere considerata occupante di fatto dell’area interessata in virtù del già
menzionato contratto intercorso con la F.11i Riuscito S.n.c. quanto alla fase di
sbancamento, ed ancora in forza di ulteriore contratto intercorso in data
20.3.2002 con la Mondo Costruzioni S.r.l., alla quale, nell’ambito dell’appalto
relativo alla fase dell’edificazione, era stato altresì affidato l’incarico di
4

concesso in uso con precedente contratto alla Edilgiubileo S.r.l. detta area per

provvedere al deposito, in pubblica discarica, dell’eventuale materiale di
risulta.
5. Il primo motivo presenta plurimi profili d’inammissibilità.
Esso, seppur formalmente articolato come denuncia di vizio di violazione di
legge nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata, si riferisce piuttosto

tuttavia, in ossequio al principio di autosufficienza, ne sia stato trascritto il
relativo contenuto (cfr. Cass. civ. sez. V 13 febbraio 2015, n. 2928; Cass, civ.
sez. V 19 aprile 2013, n. 9536; Cass. civ. sez. V 13 agosto 2004, n. 15867),
onde porre la Corte in condizione di poter esprimere il proprio sindacato al
riguardo, con specifico riferimento alla lamentata omessa riproduzione del
contenuto essenziale degli atti (verbale della Polizia Municipale e verbale di
sequestro preventivo dell’area da parte dei Carabinieri) che ne avrebbero
costituito il supporto probatorio.
Né, d’altronde, la ricorrente ha contestato quanto dedotto in fatto dal Comune
di Albano Laziale, relativamente alla circostanza dell’avvenuta notifica alla
società del verbale della Polizia Municipale, ovvero del sequestro preventivo
eseguito su ordinanza del GIP del Tribunale di Velletri, che era stato
addirittura allegato dalla ricorrente al proprio ricorso dinanzi alla CTP, ciò
che logicamente si poneva in chiara antitesi con la dedotta mancanza di
conoscenza per omessa allegazione all’atto impositivo, che contestava alla
società l’abusiva occupazione di suolo pubblico.
6. 11 secondo ed il terzo motivo possono essere congiuntamente esaminati, sia
perché tra loro connessi, sia perché basati sulle stesse considerazioni, che
sfociano inevitabilmente nell’inammissibilità di entrambi.

5

alla denunciata carenza di motivazione degli atti impositivi, senza che

In ciascun motivo parte ricorrente adduce il vizio di omessa, ovvero
insufficiente o contraddittoria motivazione, ponendo a corredo del motivo un
quesito di fatto che non è in linea con la previsione di cui all’art. 366 bis c.p.c.
ancora applicabile, come si visto, alla presente controversia.
A prescindere dalla pur ovvia considerazione che il c.d. momento di sintesi

V 18 novembre 2011, n. 24255; Cass. civ. sez. V 18 dicembre 2013, n.
28242), sul piano logico, deve seguire e non precedere l’illustrazione del
motivo, è di assoluta evidenza come nella fattispecie, in ciascun motivo, parte
ricorrente non abbia indicato “il fatto controverso e decisivo per il giudizio”,
in ordine al cui accertamento da parte del giudice di merito lamenti la
deficienza logico — giuridica delle argomentazioni in forza delle quali la CTR
sia giunta a motivare il proprio libero convincimento (sulla nozione di fatto
controverso e decisivo per il giudizio cfr. Cass. civ. sez. V ord. 5 febbraio
2011, n. 2805).
6.1. Ed invero — quanto al secondo motivo — non è indicato un fatto, cioè,
nella fattispecie, la data d’inizio dell’occupazione di suolo pubblico, ma “la

valutazione degli elementi di prova relativi alla data d’inizio del periodo di
asserito occupazione senza titolo del suolo pubblico”, proponendo parte
ricorrente una ricostruzione del quadro probatorio alternativa a quella oggetto
della valutazione da parte del giudice di merito, finendo quindi con il
sollecitare alla Corte un riesame di merito ad essa precluso, teso ad ottenere
una valutazione opposta a quella operata dal giudice tributario di secondo
grado (cfr., tra le molte, Cass. civ. sez. unite 11 giugno 1998, n. 5802 e Cass.
civ. sez. VI — V ord. 7 gennaio 2014, n. 91).

6

(cfr., tra le molte, Cass. civ. sez. unite 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. civ. sez.

6.2. In maniera analoga è posto il quesito di fatto a corredo del terzo motivo,
nel quale, peraltro, in maniera del tutto erronea, sono indicati come fatti
controversi due contratti di appalto, in realtà assolutamente pacifici, intercorsi
tra la Edilgiubileo ed altre società, ma ritenuti dal giudice di merito, con
motivazione del tutto congrua sul piano logico — giuridico, di per sé inidonei

7. Con il quarto motivo la ricorrente censura invece la decisione impugnata
per violazione dell’art. 39 del D. Lgs. n. 507/1993 laddove ha affermato la
soggettività passiva d’imposta in capo alla Edilgiubileo.
La sentenza impugnata ha osservato sul punto che l’occupazione di suolo
pubblico si è verificata in funzione della costruzione del complesso edilizio
per la realizzazione del quale la società Edilgiubileo aveva ottenuto la relativa
concessione del Comune e che pertanto essa aveva tratto sicuro profitto
dall’occupazione abusiva.
Da ciò, in linea con i principi di diritto affermati da questa Corte in materia
(cfr., in particolare, Cass. civ. sez. V 10 maggio 2005, n. 9695), ha quindi
correttamente affermato la soggettività passiva d’imposta in capo alla società
ricorrente quale titolare dell’atto di concessione, l’affidamento in appalto a
terzi delle opere di scarico di materiali di risulta in altro lotto potendo al più
rilevare nel senso di eventuale responsabilità solidale delle imprese
appaltatrici indicate quali occupanti di fatto.
Il motivo è dunque infondato e va respinto.
8. Consegue il rigetto del ricorso proposto dalla società ricorrente, che,
secondo soccombenza, va condannata alla rifusione delle spese del presente
giudizio di legittimità, che si liquidano, in favore di ciascuna delle parti
controricotTenti, come da dispositivo, diversificate le rispettive voci liquidate
7

ad escludere la soggettività passiva d’imposta in capo all’odierna ricorrente.

per compenso, avuto riguardo alla mancata partecipazione del difensore della
concessionaria all’udienza di discussione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente alla rifusione delle
spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in favore del Comune di

ed accessori, se dovuti, ed in € 9.000,00 per compenso in favore della Tributi
Italia S.p.A., oltre rimborso spese forfettarie ed accessori, se dovuti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 dicem e 2015
Il Con gliere estensore

Albano Laziale in € 11.000,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie

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