Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6864 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6864 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: BIELLI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore, domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello
Stato, che la rappresenta e difende

– ricorrente nel giudizio per revocazione e ricorrente principale
in quello rescissorio-

contro
s.p.a. E – GROUP ITALIA IN LIQUIDAZIONE,

in concordato preventivo, con

sede a Milano, via Freguglia n. 10, in persona del liquidatore e
legale rappresentante dottor Aldo Ursino, elettivamente domiciliata in
Roma, via dei Monti Parioli n. 48, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 08/04/2016

Ulisse Corea, e rappresentata e difesa dal professore avvocato Roberto
Pignatone, con studio a Palermo,via Bettino Ricasoli n. 55, giusta
elezione di domicilio e procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente nel giudizio per revocazione; controricorrente
nel giudizio rescissorio-

avverso la sentenza n. 20790 del 2013 della Corte Suprema di cassazione
depositata 1 1 11 settembre 2013, notificata il 23 ottobre 2013, con
riguardo al giudizio per revocazione, e avverso la sentenza n. 97/46/10
della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 20
luglio 2010, notificata il 29 luglio 2010, con riguardo al giudizio
rescissorio;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9
dicembre 2015 dal consigliere dottor Stefano Bielli;
udito, per l’Agenzia ricorrente, l’avvocato dello Stato Bruno Dettori,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il

P.M.,

nella persona del sostituto Procuratore generale

dottoressa Paola Mastroberardino, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso principale e per l’inammissibilità del ricorso incidentale
condizionato.
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza n. 97146/10, depositata il 20 luglio 2010, notificata il 29 luglio 2010, la

Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc: «CTR») accoglieva l’appello proposto
dalla s.p.a. E

Group Italia nei confronti dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n.

318/38/07 della Commissione tributaria provinciale di Milano (hinc: «CTP»), compensando tra le
parti le spese di lite di entrambi i gradi, «date la peculiarità e complessità della materia(“frodi

e ricorrente incidentale condizionato

carosello”)».
Il giudice di appello premetteva che: a) in base a segnalazione generale n. 716/102938/1 del
15 gennaio 2003 della Guardia di finanza e conseguente processo verbale di constatazione del 13
ottobre 2005 (hinc: «pvc») redatto dalla stessa Guardia di finanza, riguardante specificamente la
«s.p.a. E – Group», notificati all’interessata, l’Agenzia delle entrate aveva accertato, richiamando
l’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, che, nell’anno d’imposta 2000 — anche a séguito di indagini

periodo» di operatività e da uri comportamento antieconomico —, la s.r.l. System Rain (avente la
sede legale di Salerno inesistente e quella amministrativa di Torino chiusa e comunque priva di
documentazione amministrativo-contabile) aveva emesso fatture per operazioni soggettivamente
inesistenti nei confronti della predetta s.p.a. (allora s.r.1.), la quale, in relazione ad esse, aveva
indebitamente detratto IVA per C 51.469,20 (lire 99.658.260) e dedotto costi, comportandosi come
in un analogo episodio; b) il ricorso con cui la contribuente aveva impugnato l’avviso di
accertamento era stato respinto dall’adita CTP; c) la contribuente aveva proposto appello, al quale
aveva resistito l’Agenzia delle entrate.
Su queste premesse, la CTR, nell’accogliere l’appello, rilevava che: a) l’avviso di
accertamento era privo di adeguata motivazione, sia in ordine alle ragioni giuridiche dell’atto (in
quanto non era specificata l’ipotesi in forza della quale si era proceduto all’accertamento
nell’àmbito delle diverse fattispecie regolate dal richiamato art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972), sia
in ordine ai suoi presupposti di fatto (in quanto nulla era specificato in concreto né circa il prezzo
dei beni venduti alla contribuente; né circa le circostanze di tempo, di luogo, di persona e di
contenuto contrattuale riguardanti le forniture di merci alla medesima contribuente; né circa altri
eventuali elementi di prova “individualizzanti”); b) in ogni caso, non sussistevano a carico della
società contribuente presunzioni semplici — cioè gravi, precise e concordanti — o, a fortiori, gli
elementi di prova diretti richiesti dal terzo comma dello stesso art. 54); c) la società E – Group Italia,
infine, risultava in buona fede (stato comportante la detraibilità dell’IVA anche in caso di cosiddette
“frodi carosello”, come precisato dalla CGUE nelle sentenze del 12 gennaio 2006, nelle cause
riunite C-354103, C- 355/03 e C- 484/03, e del 6 luglio 2006, nelle cause riunite C-439/04 e C440/04), in considerazione sia della limitata entità economica della contestazione (a fronte di un
fatturato della contribuente di circa E 25.822.885,00 all’epoca), sia della sporadicità degli acquisti
dalla s.r.l. System Rain, sia dell’attività pluriennale di quest’ultima, sia del mancato esercizio
dell’azione penale nei confronti del suo legale rappresentante, sia della non concludenza di un
analogo episodio di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti emesse in «epoca differente»
dalla s.r.l. Win Data nei confronti della società E – Group Italia (fatto non accertato con efficacia di

penali nell’àmbito di società operanti nel settore informatico, caratterizzate da un «brevissimo

giudicato e di non rilevante entità economica).
2.— Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi e notificato con plico spedito 1’11 novembre 2010.
3.—La s.p.a. E – Group Italia resisteva con controricorso e ricorso incidentale condizionato,
affidato ad un unico mezzo e notificato il 14 dicembre 2010.
4.—Con sentenza n. 20790 del 2013, depositata 1’11 settembre 2013 e notificata il 23 ottobre

principale per la mancata prodiizione in giudizio della copia autentica della sentenza impugnata (n.
97/46/10 emessa dalla CTR della Lombardia) con la relazione di notificazione; b) dichiarava
inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale condizionato; c) condannava l’Agenzia
delle entrate alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 5.000,00 per
compensi professionali, oltre accessori di legge.
5.—Con ricorso notificato il 24 — 25 ottobre 2013, l’Agenzia delle entrate impugnava per
revocazione la suddetta sentenza di questa Corte n. 20790 del 2013, deducendo — ai sensi dell’art.
395, n. 4, cod. proc. civ. — che questa, per errore revocatorio, aveva ritenuto non prodotta in
giudizio la sentenza notificata della CTR (corredata dalla relata di notifica), mentre il documento
era stato a suo tempo regolarmente prodotto.
6.—La s.p.a. E – Group Italia resisteva con controricorso notificato il 3 dicembre 2013,
chiedendo dichiararsi inammissibile o infondato il ricorso per revocazione o, in subordine,
l’ accoglimento del controricorso e ricorso incidentale condizionato, a loro tempo proposti.
7.—L’istanza di sollecita fissazione di udienza presentata il 1° agosto 2014 dalla società
contribuente veniva rigettata il 21 agosto 2014, in quanto era stata già depositata la relazione ai fini
della trattazione in camera di consiglio.
8.—Con ordinanza interlocutoria n. 13016 del 2015, depositata il 23 giugno 2015, questa
Corte: a) ha accolto il ricorso per revocazione, accertando che era stata effettivamente depositata in
giudizio la copia autentica della sentenza della CTR, corredata dalla relata di notifica, erroneamente
supposta mancante nella impugnata sentenza n. 20790 del 2013; b) ha rinviato la controversia alla
pubblica udienza.

Considerato in diritto
1.— In conseguenza della pronuncia rescindente emessa da questa Corte con ordinanza
interlocutoria n. 13016 del 2015 — con la quale è stata revocata la sentenza, sempre di questa Corte,
n. 20790 del 2013 di improcedibilità del ricorso principale per cassazione e di inammissibilità del
ricorso incidentale condizionato, relativi alla sentenza n. 97/46/10 emessa dalla CTR della
Lombardia — occorre procedere al giudizio rescissorio oggetto della sentenza revocata.

2013, questa Corte: a) dichiarava improcedibile, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., il ricorso

2.— Con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia delle entrate denuncia (in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione degli
artt. 54 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972. Secondo la ricorrente, la CTR — nel ritenere viziata la
motivazione dell’impugnato avviso perché questo non specifica l’ipotesi ritenuta applicabile, tra
quelle previste dall’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, solo genericamente richiamato nell’atto — si
sarebbe posta in contrasto con le evocate disposizioni, le quali non impongono di specificare
l’ipotesi di rettifica in concreto applicabile, allorché tale dato sia ricavabile agevolmente dal

annessa), senza alcuna compromissione del diritto di difesa.
Con il secondo motivo del ricorso principale, la ricorrente Agenzia denuncia (in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del
d.P.R. n. 633 del 1972. Ad avviso della ricorrente, la CTR — nell’affermare che gli elementi di
prova indicati nell’atto (ritenuti da quel giudice «scarsi e generici» ed inidonei a generare
presunzioni semplici gravi e concordanti) non potevano considerarsi «diretti», come invece
richiesto dal terzo comma del citato art. 54 — aveva dato per presupposto, con asserzione «del tutto
immotivata», che l’accertamento era stato condotto ai sensi del terzo comma dell’art. 54 e non
invece con controllo della contabilità ed ai sensi, oltre che del secondo comma, del quinto comma
dello stesso articolo 54, relativo alle risultanze derivanti da accessi, ispezioni e verifiche.
Con il terzo motivo del ricorso principale, l’Agenzia fiscale denuncia — in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. — la violazione e falsa applicazione degli artt. 17, 18,
19 e 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che l’IVA
derivante da operazioni soggettivamente inesistenti sarebbe detraibile nel caso di buona fede della
contribuente sulla effettività dell’operazione.
Con il quarto ed ultimo motivo del ricorso principale, la ricorrente denuncia — in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. — la motivazione insufficiente della
sentenza sul fatto controverso e decisivo dell’interposizione fittizia della fatturante s.r.l. System
Rain nell’acquisto, da parte della s.p.a. E – Group Italia, di materiale informatico. Secondo
l’Agenzia, la CTR non avrebbe considerato i fatti decisivi descritti nell’avviso, nel pvc e nella nota
di segnalazione (quali: a. la carenza di qualsiasi struttura commerciale della s.r.l. fatturante, priva

di strutture operative, di segni di riconoscimento presso la propria sede amministrativa, di
documentazione amministrativo-contabile, con amministratore unico irreperibile e indagato dalla
Procura delle repubblica presso il Tribunale di Torino per reati fiscali; b) la segnalazione da parte
della Guardia di finanza di Bergamo di un ulteriore comportamento fiscale della s.p.a. E – Group
Italia del tutto similare(come utilizzatrice di altre fatture fittizie) e non avrebbe considerato che la

complesso della motivazione (attraverso il richiamo del pvc e della nota di segnalazione ad esso

giurisprudenza eurounitaria citata dalla contribuente (sentenze della CGUE del 12 gennaio 2006,
nelle cause riunite C-354/03, C- 355/03 e C- 484/03, e del 6 luglio 2006, nelle cause riunite C439/04 e C-440104) in tema di buona fede non era pertinente, posto che nella specie non veniva in
rilievo un meccanismo frodatorio “a catena”, ma una mera operazione soggettivamente inesistente.
La ricorrente sottolineava, in particolare, che il giudice di appello aveva valorizzato elementi
marginali, come la sporadicità dei rapporti tra la contribuente e la s.r.l. System Rain; la scarsa entità

dell’azione penale nei confronti del legale rappresentante della s.p.a. E – Group Italia; la mancanza
di indicazioni sul prezzo dei behi venduti dalla s.r.l. alla s.p.a.
2.1.— I quattro motivi del ricorso principale, da trattarsi in modo unitario, data la loro
connessione, non possono essere accolti e vanno rigettati nel loro complesso.
2.1.1.—Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di giudicato interno sollevata dalla
società contribuente. Questa assume che la CTR fonda la sua decisione sul duplice rilievo del
difetto di motivazione dell’impugnato avviso di rettifica e dell’insussistenza dei presupposti per la
sua emanazione, in relazione sia al secondo comma (presunzioni gravi precise e concordanti), sia al
comma 3 (elementi di prova certi e diretti, non in via presuntiva) dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del
1972. Secondo la controricorrente società, la ricorrente principale ha impugnato solo le parti della
sentenza di appello concernenti il difetto di motivazione dell’avviso, il riferimento al terzo comma
del citato art. 54 e l’esclusione della rilevanza della buona fede: sarebbe perciò passata in giudicato
la non impugnata decisione sull’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del secondo
comma dell’art. 54 (inesistenza di presunzioni gravi precise e concordanti), idonea a sorreggere da
sola la pronuncia della CTR, con l’effetto di rendere irrilevanti e, quindi, inammissibili i proposti
motivi di ricorso principale.
L’eccezione non è fondata e va rigettata.
In realtà la sentenza della CTR si articola nelle tre seguenti diverse rationes decidendi, l’una
formulata in via logicamente subordinata alla precedente: a) l’avviso di accertamento è privo di
adeguata motivazione: a.1,— sia in ordine alle ragioni giuridiche dell’atto; a.2.— sia in ordine ai suoi
presupposti di fatto; b) in ogni caso, non sussistono a carico della società contribuente: b.1.— né
presunzioni semplici, cioè gravi, precise e concordanti; b.2.— né, a fortiori, gli elementi di prova
diretti richiesti dal terzo comma dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972); c) la società E – Group
Italia, comunque, risulta in buona fede e, quindi, può detrarre l’IVA derivante da operazioni
soggettivamente inesistenti.
Il punto sub a. 1. è censurato con il primo motivo del ricorso principale; Il punto sub a.1. è
censurato con il primo motivo del ricorso principale; il punto sub b.2. è censurato con il secondo

delle fatture contestate rispetto al fatturato complessivo della contribuente; il mancato esercizio

motivo del ricorso principale (con il quale si afferma che l’accertamento era basato non sul terzo
comma, ma, tra l’altro, sul quinto comma dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972); il punto sub c. è
censurato con il terzo ed quarto motivo del ricorso principale; i punti sub a.2. e sub b.1. sono
censurati con il quarto motivo del ricorso principale. In particolare, con riferimento al punto b.2.
(che, ad avviso della controricorrente, sarebbe passato in giudicato perché non impugnato per
cassazione), la ricorrente deduce che dagli atti risultano elementi idonei a comprovare, per

corrispondente vizio motivazionale della sentenza della CTR). Appare perciò evidente che tutta la
sentenza è oggetto di censura e che non si è formato il giudicato interno eccepito dalla contribuente.

2.1.2.— Come rilevato al punto precedente, la sentenza della CTR si articola in tre diverse
rationes decidendi esposte in ordine di priorità logica: difetto di motivazione dell’avviso; difetto
della prova dell’inesistenza soggettiva delle operazioni e della sua conoscibilità da parte della
contribuente; sussistenza della buona fede della medesima contribuente. Ne deriva che, per
l’accoglimento del ricorso, occorre che le censure siano fondate in relazione a tutte le predette
ragioni della decisione.
Con riguardo alla prima ratio, la ricorrente principale correttamente rileva, con il primo

motivo di ricorso, che sia dall’elencazione contenuta nell’avviso (quale integrato dal pvc e dalla
nota di segnalazione da esso richiamati) delle attività istruttorie compiute, sia dall’espresso
richiamo dell’art. 54 del del d.P.R. n. 633 del 1972 emergono con chiarezza tanto le ragioni
giuridiche (acquisizione di dati — anche a séguito di accessi, verifiche ed ispezioni — idonei a
giustificare una rettifica per riscontrate operazioni soggettivamente inesistenti) quanto i presupposti
di fatto dell’accertamento (riscontro di operazioni soggettivamente inesistenti). Né
l’amministrazione finanziaria era tenuta ad indicare formalmente nell’avviso il comma (od i commi)
del richiamato art. 54 preso (o presi) a riferimento nell’accertamento: formalità del tutto inutile, ai
fini dell’esercizio del diritto di difesa della contribuente, resa pienamente edotta della contestazione
anche in forza della relatio alla nota di segnalazione ed al pvc. Erra, pertanto, il giudice di appello
nel ritenere necessario il richiamo di tali commi. Contrariamente a quanto affermato dalla CTR,
dunque, l’avviso risulta motivato (come emerge, del resto, dalle stesse asserzioni in fatto della
sentenza impugnata, sopra riportate al punto 1. del “Ritenuto in fatto”). Va sottolineato, in
proposito, che l’aspetto della motivazione dell’avviso è diverso da quello della prova dei fatti in
essa indicati. La CTR, invece, confonde i due piani, quando sostanzialmente afferma che la
genericità e non concludenza delle circostanze addotte dall’amministrazione non è idonea provare
l’inesistenza delle operazioni e la conoscenza di essa da parte della contribuente e da ciò
indebitamente inferisce che l’avviso non è motivato (perché non provato) sui suoi presupposti di

presunzioni gravi precise e concordanti, l’inesistenza soggettiva delle operazioni (con

fatto.
Con riguardo alla seconda rado decidendi (mancata prova dell’inesistenza delle operazioni
e della conoscenza di essa da parte della contribuente) i motivi secondo e quarto del ricorso

principale non possono essere accolti.
Il secondo motivo di ricorso, ancorché prospettato come violazione di legge, contiene una
doppia censura: in primo luogo, di difetto di motivazione della sentenza (la CTR avrebbe dato per
presupposto, con asserzione «del tutto immotivata», che l’accertamento era stato condotto ai sensi

da parte del giudice di appello, del piú volte citato art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 (in quanto
l’accertamento era stato preceduto dall’ispezione della contabilità della contribuente e quindi non
era stato applicato il suddetto terzo comma dell’articolo, menzionato, invece, nella sentenza
impugnata).
Il motivo non coglie la tagione della decisione, perché la CTR non ha affatto affermato che i
dati erano stati raccolti indipendentemente dalla verifica ed ispezione della contabilità e che, quindi,
l’indetraibilità dell’IVA non emergeva da essi in modo certo e diretto, senza presunzioni. Al
contrario la CTR ha affermato che non era stata indicata l’ipotesi di accertamento utilizzata, ma che,
comunque, l’inesistenza soggettiva delle operazioni e la conoscibilità di tale inesistenza da parte
della contribuente non era provata né in base a presunzioni gravi, precise e concordanti, né (a
maggior ragione) in base ad elementi certi e diretti (non presuntivi). La CTR, dunque, non esclude
che i dati possano essere stati raccolti a séguito di accessi, ispezioni o verifiche (quinto comma
dell’art. 54), ma esclude (con una valutazione di merito) la loro efficacia probatoria dei presupposti
di fatto su cui poggia la pretesa tributaria. Il complesso motivo di ricorso è, dunque, inammissibile.

Il quarto motivo di ricorso denuncia la motivazione insufficiente della sentenza sul fatto
controverso e decisivo dell’interposizione fittizia della fatturante s.r.l. System Rain nell’acquisto, da
parte della s.p.a. E – Group Italia, di materiale informatico e sulla conoscibilità dell’interposizione
da parte della contribuente. °
Il motivo non è fondato, perché i fatti che non sarebbero stati valutati dalla CTR sono stati
invece espressamente elencati nella sentenza e valutati dal giudice (risultanze di indagini penali
nell’àmbito di società operanti nel settore informatico, caratterizzate da un «brevissimo periodo» di
operatività e da un comportamento antieconomico; l’inesistenza della sede legale di Salerno della
s.r.l. System Rain; stato di chiusura della sede amministrativa di Torino della stessa società;
mancanza di documentazione amministrativo-contabile della s.r.1.; presenza di un altro episodio di
utilizzazione, da parte della contribuente, di fatture fittizie). In particolare, la CTR ha ritenuto che
tali elementi sono «scarsi e generici»; che, negli atti, nulla è specificato in concreto né circa il

del terzo comma dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972); in secondo luogo, di erronea applicazione,

prezzo dei beni venduti alla contribuente, né circa i contratti, le circostanze di tempo, di luogo, di
persona riguardanti le forniture di merci alla medesima contribuente, né circa altri eventuali
«elementi di prova individualizzanti»; che l’analogo episodio di fatture per operazioni
soggettivamente inesistenti emesse in «epoca differente» dalla s.r.l. Win Data nei confronti della
società E – Group Italia, era circostanza enfatizzata dall’amministrazione finanziaria, ma non
concludente, trattandosi di fatto diverso, relativo ad altro periodo e ad altra società, non accertato
con efficacia di giudicato e di non rilevante entità economica. Ne segue che i fatti in discorso non

da quello atteso dall’Agenzia delle entrate. La mancanza di strutture commerciali della s.r.l, non
viene ritenuta sufficiente a dimostrare né che l’operazione di vendita di materiale informatico non
fosse stata effettivamente posta in essere dalla fatturante né, soprattutto, che l’eventuale fittizia
interposizione fosse conoscibile dalla contribuente. Tale valutazione non appare palesemente
arbitraria in rapporto al suddetto materiale probatorio e, quindi, non è censurabile in questa sede di
legittimità.
Con riguardo alla terza ratio decidendi (sussistenza della buona fede della contribuente) il
terzo ed il quarto motivo (questo nella parte in cui si riferisce al vizio motivazionale sulla
sussistenza della “buona fede”) non sono fondati.
La ricorrente muove dall’assunto di diritto che, nel caso di fittizia interposizione soggettiva
del fatturante nell’operazione, la buona fede del cessionario, quand’anche accertata, è irrilevante.
Tale assunto è infondato.
Non è sufficiente, infatti, per l’amministrazione finanziaria (al fine di escludere la legittimità
della detrazione dell’IVA) dimostrare solo l’inidoneità operativa del cedente: occorre invece che
dimostri altresí che il cessionario quantomeno fosse in grado di percepire (“avrebbe dovuto”) tale
inidoneità in base alla sua diligenza specifica quale operatore medio del settore. In altri termini, pii
in generale (sempre al fine di escludere la legittimità della detrazione dell’IVA), l’amministrazione
finanziaria ha l’onere di provare (in base ad elementi oggettivi, anche presuntivi: ex plurimis, Cass.
n. 15044 e n. 20059 del 2014) che il cessionario o committente si trovasse di fronte a circostanze
indizianti dell’esistenza di irregolarità nell’operazione. Anche la giurisprudenza eurounitaria è
ferma nel ritenere che: a) l’IVA è indetraibile quando il soggetto destinatario della fattura «sapeva o
avrebbe dovuto sapere» che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si
inscriveva in un caso di evasione dell’IVA commessa dal fornitore; b) è onere dell’amministrazione
fiscale dimostrare adeguatamente che sussistano tali elementi oggettivi; c) detto accertamento è
riservato al giudice nazionale (per tali punti, ex plurimis, CGUE 13 febbraio 2014, in causa C18/13, Maks Pen EOOD; 22 ottobre 2015, in causa C-277/14, PPUH Stehcemp; vedi anche la

sono stati pretermessi dalla CTR, ma solo valutati (con giudizio ad essa riservato) in modo diverso

giurisprudenza citata da tali due pronunce: CGUE 21 giugno 2012, in causa C-80/11 e C-142/11,
Mahagében et Ddvid; 6 dicembre 2012, in causa C- 285/11, Bonik EOOD; 31 gennaio 2013, in
causa C- 642/11, Stroy trans EOOD; 31 gennaio 2013, in causa C- 643/11, LVK 56 EOOD; 6
febbraio 2014, in causa C-33/13, Jagiello).
La sussistenza in concreto della prova di questo ulteriore ed indispensabile coefficiente
(soggettivo) di percepibilità (o di effettiva percezione) dell’irregolarità evasiva costituisce, dunque,

Nella specie, tuttavia, la CTR (con valutazione in fatto, incensurabile in questa sede, in
quanto adeguatamente motivata) ha ritenuto che l’amministrazione finanziaria non ha fornito
elementi sufficienti a dimostrare che la contribuente «sapeva o avrebbe dovuto sapere»
dell’interposizione fittizia (anche ove fosse accertata l’inidoneità operativa della fatturante s.r.l.
System Rain): l’insufficienza probatoria è stata ritenuta sia perché quanto indicato nell’avviso è
privo di dati “individualizzanti” (concernenti, in particolare, le condizioni in cui si sono svolti i
rapporti commerciali tra le parti), sia perché l’analogo episodio di fatture per operazioni
soggettivamente inesistenti è diverso, non provato e comunque, in quanto di scarsa rilevanza
economica, non sintomatico di un atteggiamento della s.p.a. sistematicamente rivolto ad operazioni
illecite. Ciò è sufficiente per il rigetto anche delle censure proposte avverso la motivazione della
sentenza, a nulla rilevando, ai fini del riscontro della “buona fede”, la palese inconsistenza o
irrilevanza degli ulteriori argomenti addotti (ad abundantiam) dalla CTR: la limitata entità
economica della contestazione; la sporadicità degli acquisti dalla s.r.l. System Rain; l’attività
pluriennale di quest’ultima; il mancato esercizio dell’azione penale nei confronti del legale
rappresentante della contribuente.
3.— Con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, la s.p.a. E – Group Italia
denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. — la violazione e falsa
applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 472 del 1997, il quale prevede che l’atto di irrogazione delle
sanzioni deve essere motivato a pena di nullità. La contribuente assume che l’esposizione dei motivi
a supporto della pretesa impositiva contenuta non esclude la «necessità di una autonoma
motivazione dell’ irrogazione delle sanzioni con specifico riguardo alla valutazione della
colpevolezza del trasgressore (art. 5 [dello stesso digs.1), all’eventuale sussistenza di un concorso
di violazioni o di una continuazione delle stesse»; mentre nell’avviso in esame erano precisati solo i
criteri per la determinazione quantitativa della sanzione irrogata. La società aggiunge che tale
censura basata sulla mancanza di una autonoma motivazione circa l’irrogazione delle sanzioni
(proposta con il ricorso introduttivo e riproposta come specifico motivo di appello) non era stata
esaminata dalla CTR, perché assorbita dalla pronuncia di annullamento dell’avviso.

quaestio facti valutabile dal giudice di merito.

3.1.— Il motivo, espressamente proposto in via condizionata, è assorbito dal rigetto del
ricorso principale.
4.— Le spese di lite del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
5 — Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della soccombente ricorrente
principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (ai sensi dell’art. 13, comma 1-

quater, del d.p.r. n. 115 del 2002), perché la norma non è applicabile né ratione temporis (con
delle entrate.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato; condanna la
ricorrente Agenzia delle entrate a rimborsare alla controricorrente s.p.a. E – Group Italia le spese del
presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi € 6.000,00 (di cui € 5.600,00 per
compensi), oltre accessori di legge.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 9 dicembre 2015.

riguardo all’originario ricorso per cassazione) né con riferimento (come nella specie) all’Agenzia

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