Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6862 del 24/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 6862 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 25383-2012 proposto da:
GALLO ORESTE GLLRST61T21D390A SANTORO ROBERTO
SNTRRT59S16H703I1 BIANCO GIACOMO
CBNCGCM58M02L331C) ASPRELLA LIBONATI GIACINTO

C

SPRGNT59E15F0524 elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

LIEGI 35/B, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DE CATERINI,
che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI
GALLO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 24/03/2014

- controdcorrente nonché contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO
DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA;

nonché sul ricorso 25388-2012 r.g., proposto da:
BORRI GABRIELLE o GABRIELE, (BRRGRL95L21H980j) (tale il
c.f. dichiarato), elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II n. 18 (Studio Legale LESSONA), presso
lo studio dell’avvocato SIMONE NOCENTINI, che lo rappresenta e
difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente contro
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente nonché contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO
DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA;

– intimati

avverso la sentenza n. 3761/2011 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 25.5.2011, depositata il 19/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-2-

– intimati

udito per la controricorrente l’Avvocato Ettore Figliolia, che segnala
l’ordinanza della Corte n. 2686/2014 e, nel merito, si riporta agli scritti.

Svolgimento del processo
I. Sono state depositate in cancelleria due distinte relazioni, ai sensi
dell’art. 380-bis cod. proc. civ. e datate 26.6.13, regolarmente

entrambe relative ai due distinti ricorsi, iscritti — rispettivamente — ai
nn. 25383 e 25388 del r.g. dell’anno 2012, ciascuno dei quali proposto
avverso la sentenza della corte di appello di Roma n. 3761 del 19.9.11.
I.a. La relazione sul ricorso n. 25383/12 è del seguente tenore:
«1. — Roberto Santoro, Giacomo Bianco, Oreste Gallo e Giacinto
Asprella Libonati ricorrono, affidandosi a tre motivi, per la cassazione
della sentenza in epigrafe indicata, con cui la Corte di appello di Roma,
in riforma della sentenza del tribunale della Capitale, ha dichiarato la
carenza di legittimazione passiva dell’Università degli Studi di Firenze
in ordine alla domanda, già respinta nei confronti delle
Amministrazioni dello Stato, di condanna — proposta dagli odierni
ricorrenti e da altri sanitari — per il pagamento della giusta
remunerazione — o per il risarcimento del danno consistente nella
mancata percezione di quella — per il periodo di frequenza di scuole
universitarie di specializzazione di medicina in tempo anteriore
all’entrata in vigore del d.lgs. 257/91, per inadempimento agli obblighi
derivanti allo Stato dalle direttive n. 75/362/CEE e 82/76/CEE. La
sola Università resiste con controricorso.
2. — Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio — ai sensi degli
artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo soggetto alla disciplina
dell’art. 360-bis cod. proc. civ. — per essere ivi rigettato, previa

riunione di quello iscritto al n. 25388/12 r.g., avente ad oggetto la
medesima sentenza.
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-3-

comunicate al pubblico ministero e notificate ai difensori delle parti,

3. — I ricorrenti si dolgono: col primo motivo, di “violazione del
principio del giusto processo (art. 111 Cost., art. 47 ss. della Carta dei
diritti fondamentali dell’U.E.; art. 6 della Convenzione Europea per la
salvaguardia dei Diritti dell’Uomo; art. 334 c.p.c.”; col secondo motivo,
di “violazione dei principi comunitari di equivalenza ed effettività —

TUE)”; col terzo motivo, di “violazione e falsa applicazione degli artt.
331 e 102 c.p.c. nonché 332 e 334 c.p.c.; nullità della sentenza e del
procedimento (art. 360, n. 4 c.p.c.)”.
Dal canto suo, l’Università rimarca il passaggio in giudicato dei capi
della sentenza di primo grado in ordine alla carenza di legittimazione
passiva degli altri originari convenuti e la correttezza degli argomenti in
base ai quali è stata in secondo grado esclusa la sua.
3. — Nella stessa prospettazione dei ricorrenti non è speso un singolo
argomento per confutare l’unica statuizione della gravata sentenza,
relativa alla carenza di legittimazione passiva della sola appellante
Università di Firenze: carenza conforme alla giurisprudenza ormai
consolidata di questa Corte di legittimità, a partire da Cass. 29 agosto
2011, n. 17682, a mente della quale in tema di corresponsione di borse
di studio agli specializzandi medici ammessi alle scuole negli anni 19831991, il soggetto tenuto al pagamento dell’adeguata remunerazione
deve essere individuato nello Stato (e, per esso, nel Ministero
dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica), alla stregua della
previsione dell’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370, in quanto
norma introdotta proprio allo scopo di dare attuazione alle direttive n.
75/362/CEE e n. 82/76/CEE; pertanto, è da escludersi al riguardo la
legittimazione passiva delle Università, presso le cui scuole di
specializzazione i medici, aventi diritto alla corresponsione della borsa
di studio, hanno frequentato i corsi e conseguito i diplomi.
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-4-

violazione del principio di leale collaborazione (art. 4, n. 3, co. 2 e 3

4. — Ad ogni buon conto, l’applicazione di un orientamento
apparentemente pacifico in un determinato momento, ma in tema di
diritti sostanziali, non costituisce valido motivo di rimessione in
termini neppure ai sensi della recente disciplina in tema di c.d.
overruling, limitata alle ipotesi di mutamento di indirizzi interpretativi

prima non prefigurabili (Cass. Sez. Un., 11 luglio 2011, n. 15144). Nella
specie, si ascrive alla scelta — certamente legittima, ma implicante
l’accettazione del rischio di successivi mutamenti, attesa oltretutto
l’evoluzione in atto dell’interpretazione sul punto — della strategia
processuale della parte l’insistenza su di uno, piuttosto che di altro,
argomento ai fini del sostegno delle tesi in origine azionate.
Ne consegue che il detto

revirement non integra un evento

assolutamente eccezionale od imprevedibile e che l’effettività della
garanzia dei diritti — anche sotto il profilo dell’addotta (a prescindere
dalla verifica della novità della questione in questa sede) violazione di
norme del TUE o della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea o della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, o dell’art.
111 o 24 Cost. — non può, per definizione, ritenersi compressa o
limitata od esclusa dal corretto funzionamento dei meccanismi
processuali allo scopo predisposti.
5. — Il terzo motivo è, del pari, infondato.
Dallo stesso tenore delle conclusioni dell’atto introduttivo in primo
grado — nei limiti in cui esse sono state trascritte nel ricorso per
cassazione e non potendo provvedersi ad ulteriori controlli in caso di
incompletezza dei riferimenti, ai sensi dei nn. 3 e 6 dell’art. 366 cod.
proc. civ. — la pretesa è stata prospettata come rivolta nei confronti di
più condebitori tra loro in solido, senza prospettare la necessità di
accertare chi tra loro fosse l’effettivo responsabile, con esclusione degli
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
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consolidati in materia processuale, idonei a configurare preclusioni

altri; né la questione è stata diversamente affrontata in sede di gravame
avverso la sentenza di primo grado che, evidentemente non
individuando un unico responsabile per i danni patiti dagli attori, si è
limitata ad applicare la prescrizione alle azioni intentate nei confronti di
solo alcuni dei convenuti.

assolutamente consolidato per cui la domanda di risarcimento dei
danni cumulativamente proposta nei confronti di più soggetti
corresponsabili di un fatto illecito dà luogo, in sede di impugnazione, a
cause scindibili, per effetto del vincolo di solidarietà passiva
configurabile tra gli autori dell’illecito (tranne il solo caso, della cui
sussistenza e pregressa rituale prospettazione non si offre in questa
sede idonea allegazione e prova, in cui l’accertamento della
responsabilità di uno di essi presupponga necessariamente quello della
responsabilità degli altri, allorché dovrebbesi valutare il rapporto di
subordinazione logica o di pregiudizialità tra le cause in relazione al
contenuto delle censure proposte ed all’esito della lite: Cass. 14 luglio
2009, n. 16391; Cass. 8 febbraio 2012, n. 1771).
In corretta applicazione della normativa processuale sulle
impugnazioni in cause scindibili, pertanto, la statuizione di rigetto
dell’originaria domanda nei confronti dei convenuti diversi
dall’Università di Firenze deve ritenersi coperta da giudicato.
6. — Deve pertanto proporsi il rigetto del ricorso».
I.b. La relazione sul ricorso n. 25388/12 r.g. è del seguente tenore:
«1. — Gabrielle Borri ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione
della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Corte di appello di
Roma, in riforma della sentenza del tribunale della Capitale, ha
dichiarato la carenza di legittimazione passiva dell’Università degli
Studi di Firenze in ordine alla domanda, già respinta nei confronti delle
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-6-

Pertanto, non può che trovare applicazione il principio generale ed

Amministrazioni dello Stato, di condanna — proposta in uno ad altri
sanitari — per il pagamento della giusta remunerazione — o per il
risarcimento del danno consistente nella mancata percezione di quella
— per il periodo di frequenza di scuole universitarie di specializzazione
di medicina in tempo anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. 257/91,

75/362/CEE e 82/76/CEE. La sola Università resiste con
controricorso.
2. — Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio — ai sensi degli
artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo soggetto alla disciplina
dell’art. 360-bis cod. proc. civ. — per essere ivi rigettato, previa
riunione a quello iscritto al n. 25383/12 r.g., avente ad oggetto la
medesima sentenza.
3. — Parte ricorrente sviluppa tre motivi, dolendosi: col primo motivo
(ai sensi del n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ.), di violazione e/o
applicazione degli artt. 331, 102, 332 e 334 cod. proc. civ., nonché dei
principi posti dall’art. 24 Cost., ritenendo malamente omesso dalla
corte territoriale l’ordine di integrazione del contraddittorio nei
confronti dei coobbligati solidali; col secondo motivo, di violazione
degli art. 111 Cost., 47 e ss. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea, art. 6 Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti
dell’Uomo, 334 cod. proc. civ., ascrivendo alla consolidata
giurisprudenza del tempo l’omissione del dispiegamento di appello
incidentale nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri e
del Ministero dell’Università, nonché lamentando il carattere
imponderabile del revirement giurisprudenziale in ordine alla durata ed
alla decorrenza del termine prescrizionale nei confronti degli originari
convenuti non condannati, tanto da chiedere di essere rimesso in
termini per proporre appello incidentale tardivo; col terzo motivo, di
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
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per inadempimento agli obblighi derivanti allo Stato dalle direttive n.

violazione degli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo, 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e 4
Trattato Unione Europea, nonché di violazione dei principi comunitari
di equivalenza ed effettività e di leale collaborazione, lamentando
l’effetto di sostanziale sottrazione dello Stato all’obbligo di risarcire il

Dal canto suo, l’Università rimarca il passaggio in giudicato dei capi
della sentenza di primo grado in ordine alla carenza di legittimazione
passiva degli altri originari convenuti e la correttezza degli argomenti in
base ai quali è stata in secondo grado esclusa la sua.
3. — Nella stessa prospettazione di parte ricorrente non è speso un
singolo argomento per confutare l’unica statuizione della gravata
sentenza, relativa alla carenza di legittimazione passiva della sola
appellante Università di Firenze: carenza conforme alla giurisprudenza
ormai consolidata di questa Corte di legittimità, a partire da Cass. 29
agosto 2011, n. 17682, a mente della quale in tema di corresponsione
di borse di studio agli specializzandi medici ammessi alle scuole negli
anni 1983-1991, il soggetto tenuto al pagamento dell’adeguata
remunerazione deve essere individuato nello Stato (e, per esso, nel
Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica), alla
stregua della previsione dell’art. 11 della legge 19 ottobre 1999, n. 370,
in quanto norma introdotta proprio allo scopo di dare attuazione alle
direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE; pertanto, è da escludersi al
riguardo la legittimazione passiva delle Università, presso le cui scuole
di specializzazione i medici, aventi diritto alla corresponsione della
borsa di studio, hanno frequentato i corsi e conseguito i diplomi.
4. — Ad ogni buon conto, il primo motivo, sull’erronea disapplicazione
dell’art. 331 cod. proc. civ., è infondato: dallo stesso tenore delle
conclusioni dell’atto introduttivo in primo grado — nei limiti in cui esse
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-8-

danno cagionato dalla mancata attuazione delle direttive comunitarie.

sono state trascritte nel ricorso per cassazione e non potendo
provvedersi ad ulteriori controlli in caso di incompletezza dei
riferimenti, ai sensi dei nn. 3 e 6 dell’art. 366 cod. proc. civ. — la pretesa
è stata prospettata come rivolta nei confronti di più condebitori tra
loro in solido, senza prospettare la necessità di accertare chi tra loro

è stata diversamente affrontata in sede di gravame avverso la sentenza
di primo grado che, evidentemente non individuando un unico
responsabile per i danni patiti dagli attori, si è limitata ad applicare la
prescrizione alle azioni intentate nei confronti di solo alcuni dei
convenuti.
Pertanto, non può che trovare applicazione il principio generale ed
assolutamente consolidato per cui la domanda di risarcimento dei
danni cumulativamente proposta nei confronti di più soggetti
corresponsabili di un fatto illecito dà luogo, in sede di impugnazione, a
cause scindibili, per effetto del vincolo di solidarietà passiva
configurabile tra gli autori dell’illecito (tranne il solo caso, della cui
sussistenza e pregressa rituale prospettazione non si offre in questa
sede idonea allegazione e prova, in cui l’accertamento della
responsabilità di uno di essi presupponga necessariamente quello della
responsabilità degli altri, allorché dovrebbesi valutare il rapporto di
subordinazione logica o di pregiudizialità tra le cause in relazione al
contenuto delle censure proposte ed all’esito della lite: Cass. 14 luglio
2009, n. 16391; Cass. 8 febbraio 2012, n. 1771).
In corretta applicazione della normativa processuale sulle
impugnazioni in cause scindibili, pertanto, la statuizione di rigetto
dell’originaria domanda nei confronti dei convenuti diversi
dall’Università di Firenze deve ritenersi coperta da giudicato.
5. — Il secondo ed il terzo motivo sono infondati.
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
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fosse l’effettivo responsabile, con esclusione degli altri; né la questione

L’applicazione di un orientamento apparentemente pacifico in un
determinato momento, ma in materia sostanziale, non costituisce
valido motivo di rimessione in termini neppure ai sensi della recente
disciplina in tema di c.d. overruling, limitata alle ipotesi di mutamento di
indirizzi interpretativi consolidati in materia processuale, idonei a

luglio 2011, n. 15144). Nella specie, si ascrive alla scelta — certamente
legittima, ma implicante l’accettazione del rischio di successivi
mutamenti, attesa oltretutto l’evoluzione in atto dell’interpretazione sul
punto — della strategia processuale della parte l’insistenza su di uno,
piuttosto che di altro, argomento ai fini del sostegno delle tesi in
origine azionate.
Ne consegue che il detto

revirement non integra un evento

assolutamente eccezionale od imprevedibile e che l’effettività della
garanzia dei diritti — anche sotto il profilo dell’addotta (a prescindere
dalla verifica della novità della questione in questa sede) violazione di
norme del TUE o della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
Europea o della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, o dell’art.
111 o 24 Cost. — non può, per definizione, ritenersi compressa o
limitata od esclusa dal corretto funzionamento dei meccanismi
processuali allo scopo predisposti.
6. — Deve pertanto proporsi il rigetto del ricorso».
Motivi della decisione
II. Non sono state presentate conclusioni scritte, ma i ricorrenti (per il
ricorso n. 25393/12 r.g.: Santoro, Bianco, Gallo ed Asprella Libonati;
per il n. 25388/12 r.g., Borri) hanno depositato separate memorie,
mentre il rappresentante dell’Avvocatura erariale è comparso in camera
di consiglio per essere ascoltato.
III. A seguito della discussione sui due ricorsi, di cui in udienza si è
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-10-

configurare preclusioni prima non prefigurabili (Cass. Sez. Un., 11

disposta la riunione per essere proposti avverso la medesima sentenza,
tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i
motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di
doverne fare proprie le conclusioni, non comportandone il
superamento gli argomenti sviluppati nelle due distinte memorie

111.1. In primo luogo, invero, la giurisprudenza sull’esclusione della
passiva legittimazione delle Università è del tutto consolidata: da
ultimo, basti un richiamo a: Cass. 6 febbraio 2014, n. 2686; Cass. 11
febbraio 2013, n. 3218; Cass. 11 novembre 2011, n. 23558.
Ancora, la tutela del diritto degli specializzandi non è affatto
compressa, visto che la giurisprudenza di questa Corte si è consolidata
in tali sensi, sia pure precisando costantemente presupposti e
legittimati; basti al riguardo un richiamo alle sentenze di questa Corte:
dell’anno 2011: 16394, 17868, 21497, 21498, 21499, 21500, 21501,
21973, 23270, 23272, 23275, 23276, 23296, 23297, 23298, 23558,
23560, 23564, 23565, 23566, 23567, 23568, 23569, 23576, 23577,
23578, 23579, 23580, 23581, 23582, 23729, 23730, 23731, 23732,
23733, 23734, 23735, 23738, 23764, 23999, 24019, 24020, 24086,
24087, 24088, 24091, 24092, 24093, 24094, 24813, 24815, 24816,
24817, 24818, 24819, 24820, 24821, 24822, 25992, 25993, 25994,
26701, 26702; dell’anno 2012: 1182, 1850, 1917, 3972, 3973, 4240,
4241, 4537, 4538, 4539, 5064, 5065, 5533, 5640, 5642, 6911, 7257,
7282, 8403, 10298, 21003, 21006, 21072, 21073, 21074, 21075, 21076,
21077, 21719, 21720, 21721, 21722, 22034, 22035, 22036, 22037,
22038, 22040, 22041, 22042, 22709, 22875, 22876, 23929; dell’anno
2013: 238, 586, 587, 1156, 1157, 1330, 1331, 1588, 1589, 1591, 1864,
3217, 3218, 3219, 3220, 3279, 8578, 8579, 8580, 11941, 12654, 12655,
14062, 14494, 15197, 15198, 15199, 15205, 16104, 17066 a 17074,
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-11-

depositate dai ricorrenti.

17454 a 17457, 19479, 19910, 19884, 20033, 21136, 21367 e 21368;
dell’anno 2014, tra le altre: 307, 1064, 1143, 2686, 2687, 2688, 2689,
2693, 2785, 2786, 2787, 2788, 3438, 3439, 3440, 3441, 3442, 3867,
3868, 3869, 3872.
111.2. Tuttavia, è dipeso dalla libera e non limitata scelta di strategia

confronti di potenziali effettivi titolari dell’obbligazione risarcitoria,
quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri; e la loro odierna tesi
sulla configurabilità di un overruling è manifestamente destituita di
fondamento, visto che la restituzione nelle facoltà processuali non può
riguardare mai le scelte interpretative di merito, relative cioè appunto —
come nel caso di specie — alla titolarità del rapporto giuridico passivo
avente ad oggetto il risarcimento: in questo specifico campo,
l’interpretazione giurisprudenziale è sempre retroattiva e le parti
debbono sottostare al rischio, insito nel sistema, dei mutamenti o
anche solo delle oscillazioni od incertezze di quella, se ed in quanto
relativi al contenuto delle norme sostanziali.
111.3. Ed a nulla rileva la condotta della difesa erariale in altri giudizi,
essendo il presente caratterizzato dalla peculiarità della formazione del
giudicato su questioni preliminari di merito e da risolversi, quindi, in
applicazione dei relativi principi generali.
IV. Va poi disattesa la richiesta esplicita di rinvio pregiudiziale alla
Corte di Giustizia dell’Unione Europea (avanzata dai ricorrenti del
ricorso 25383/12 r.g., mentre parte ricorrente del ricorso 25388/12 r.g.
pare adombrare la contrarietà della conclusione alla normativa
comunitaria — o c.d. eurounitaria — solo quale ulteriore argomento a
sostegno dei motivi già sviluppati) per contrasto coi principi di
effettività e di leale collaborazione — non già di una norma o di un
combinato disposto di norme, bensì direttamente — della “esclusione
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-12-

processuale degli odierni ricorrenti l’abbandono dell’azione nei

della legittimazione passiva dell’Università di Firenze, comportando di
fatto l’impossibilità per i medici di ottenere il risarcimento loro
legittimamente spettante a causa del ritardato recepimento della
direttiva”.
1V.1. È noto (da ultimo, Cass. Sez. Un., ord. 10 settembre 2013, n.

un rimedio giuridico esperibile automaticamente a semplice richiesta
delle parti, spettando solo al giudice stabilirne la necessità (Corte giust.
21 luglio 2011, Kelly, in C104/10; 22 giugno 2010, Melki in C188 e
189/10): infatti, esso ha la funzione di verificare la legittimità di una
legge nazionale rispetto al diritto dell’Unione Europea e se la
normativa interna sia pienamente rispettosa dei diritti fondamentali
della persona, quali risultanti dall’evoluzione giurisprudenziale della
Corte di Strasburgo e recepiti dal Trattato sull’Unione Europea; sicché
il giudice, effettuato tale riscontro, non è obbligato a disporre il rinvio
solo perché proveniente da istanza di parte (tra le ultime, v. Cass. 21
giugno 2011, n. 13603).
D’altra parte (da ultimo, v. Cass. 5 luglio 2013, n. 16886), la Corte di
Giustizia Europea, nell’esercizio del potere di interpretazione di cui
all’art. 234 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea,
non opera come giudice del caso concreto, bensì come interprete di
disposizioni ritenute rilevanti ai fini del decidere da parte del giudice
nazionale, in capo al quale permane in via esclusiva la funzione
giurisdizionale.
Pertanto, il giudice nazionale di ultima istanza non è soggetto
all’obbligo di rimettere alla Corte di giustizia delle Comunità europee la
questione di interpretazione di una norma comunitaria quando non la
ritenga rilevante ai fini della decisione o quando ritenga di essere in
presenza di un “acte claire” che, in ragione dell’esistenza di precedenti
Ric. 2012 n. 25383 sez. M3 – ud. 26-02-2014
-13-

20701) che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia non costituisce

pronunce della Corte ovvero dell’evidenza dell’interpretazione, rende
inutile (o non obbligato) il rinvio pregiudiziale (tra le altre: Cass., Sez.
Un., 24 maggio 2007, n. 12067; Cass., ord. 22 ottobre 2007, n. 22103;
Cass. 26 marzo 2012, n. 4776; Cass. 29 novembre 2013, n. 26924).
IV.2. Nella specie, è evidente che non si sollecita un’interpretazione

generale ed astratta di una normativa interna — del resto neppure
indicata — ma la verifica della compatibilità delle sue conseguenze “di
fatto” con i principi suddetti, senza farsi carico della correttezza — o
meno — della tesi astratta della necessaria esclusione della passiva
legittimazione dell’Università (esclusione ineccepibilmente fondata sul
fatto che, consistendo la fonte della pretesa risarcitoria in un
inadempimento ad un obbligo di adeguamento della legislazione
interna a quella comunitaria, nulla può rimproverarsi all’Università,
potendo solo lo Stato legiferare in materia) e del presupposto della
dipendenza del giudicato, in punto di esclusione della fondatezza di
tale pretesa, dalla libera scelta processuale delle parti di identificazione
dell’effettivo titolare della relativa obbligazione.
V. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., i ricorsi, tra
loro riuniti, vanno rigettati, una volta disattesi tutti i motivi e l’istanza
di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. E tuttavia le peculiarità
della controversia, definita sulla base di interpretazioni consolidatesi
soltanto durante il suo sviluppo, integrano — ad avviso del Collegio —
un giusto motivo di integrale compensazione, giusta la previsione
dell’art. 92 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis.

7’P4/

P. Q. M.
La Corte rigetta i ricorsi; compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione
civile, addì 26 febbraio 2014.

Il Presidente

i

I

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