Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6862 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 02/03/2022, (ud. 08/02/2022, dep. 02/03/2022), n.6862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17613-2020 proposto da:

STARTEX SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO N. 32, presso lo

studio dell’avvocato CHIARANTANO BRUNO, rappresentata e difesa

dall’avvocato RIJLI SALVATORE;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3678/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA SEZIONE DISTACCATA di REGGIO CALABRIA,

depositata il 15/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’08/02/2022 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI MAURA.

 

Fatto

FATTO e DIRITTO

Considerato che:

La CTR della Calabria, sez. distaccata di Reggio Calabria, accoglieva l’appello dell’Ufficio avverso la pronuncia di Reggio Calabria che aveva accolto il ricorso della società Startex s.r.l. avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 fondato su una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza nei confronti della società Jolly nel corso della quale erano stati rinvenuti documentazione extracontabile coinvolgente la contribuente.

Il Giudice di appello riteneva legittimo il ricorso all’accertamento induttivo trattandosi di una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di finanza a seguito del rinvenimento presso la società Jolly di documentazione cartacea dalla quale emergevano rapporti con la società Jolly.

Osservava che erano stati trovati dagli agenti operanti numerosi riscontri quali la coincidenza delle schede contabili tra le due ditte, la medesima attività commerciale praticata, l’ammissione della parte di avere avuto rapporti commerciali con la Joiy il fatto che la Jolly aveva tenuto una contabilità non ufficiale degli acquisti effettuati dalla Startex.

La CTR considerava / pedante; legittimo l’accertamento in quanto la contabilità in nero può essere utilizzata anche se proveniente da un soggetto terzo rappresentando un valido elemento indiziario.

Sottolineava per quanto riguarda l’imputazione dei costi nella misura dell’80% che la stessa non poteva essere riconosciuta non avendo la contribuente dimostrato documentazione dalla quale poter evincere i costi sostenuti.

La Startex s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver ritenuto legittimo il ricorso all’accertamento induttivo / malgrado l’assenza della produzione fisica dei documenti posti a fondamento della stessa reperiti in sede di accesso presso altro soggetto.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 e dell’art. 53 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR respinto l’eccezione con cui era stato chiesto il riconoscimento di una incidenza percentualizzata dei costi sui maggiori ricavi induttivamente determinati.

Il primo motivo è infondato.

Giova ricordare che “in tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22868 del 29/09/2017; vedi anche Cass. n. 7743/2019; Cass. 2020 n. 8590); a tale proposito, va osservato come: 1) il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico extracontabile e quello con metodo induttivo sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” risultano tali da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’amministrazione finanziaria può “prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c. (Cass. n. 33604 del 2019; n. 22184 del 2020).

Costituisce principio consolidato di questa Corte, infatti, che la cd. “contabilità in nero”, quale rilevabile da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 c.c. e ss. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, ed incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25610 del 01/12/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 24051 del 16/11/2011; id. Sez., 5, Sentenza n. 8625 del 30/05/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 20094 del 24/09/2014; id. Sez. 5, Sentenza n. 4080 del 27/02/2015). Le tralatizie massime giurisprudenziali, secondo cui i documenti extracontabili costituiscono, in quanto scritture dell’impresa stessa, elemento probatorio, sia pure meramente presuntivo, utilmente valutabile, salva la verifica della loro attendibilità, con la conseguenza che essi non possono essere ritenuti dal giudice, di per sé, probatoriamente irrilevanti circa l’esistenza di operazioni non contabilizzate, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle indicazioni da essi promananti e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 3388 del 12/02/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 20902 del 03/10/2014),

Nella specie risulta dagli atti che l’accertamento è stato condotto a termini del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2,(cfr pag 9 del ricorso ove viene riprodotto uno stralcio dell’avviso di accertamento in cui si richiama l’art. 39 comma 2) e risulta dallo stesso motivo di ricorso che non è stata contestata l’ammissibilità del metodo accertativo induttivo, essendosi parte contribuente limitata a criticare la mancata produzione fisica della documentazione extracontabile, aspetto questo che non assume alcuna rilevanza giuridica posto che come è stato accertato dalla CTR tutta la documentazione extra contabile posta a base dell’accertamento era stata portata a conoscenza della ricorrente garantendo in tal modo un pieno contraddittorio. Con riferimento al secondo motivo si osserva che il motivo non è autosufficiente. Il ricorrente non chiarisce se la ragione della doglianza risieda nel fatto che l’avviso di accertamento sia privo della determinazione dei costi calcolati in misura forfettaria o se la contestazione investa invece la sua misura ritenuta incongrua rispetto a quella invocata dell’80%.

E’ di tutta evidenza che nel secondo caso la contribuente è onerata della relativa dimostrazione come correttamente sostenuto dalla CTR.

La mancata riproduzione della censura nei termini in cui è stata sollevata avanti alla CTR non consente alla Corte di comprendere la sua portata in violazione dell’art. 366 c.p.c..

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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