Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6861 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6861 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: BIELLI STEFANO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

con sede a Roma, via Cristoforo Colombo n. 426

c/d, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata in Roma,
via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che
la rappresenta e difende;
– ricorrente in entrambi i giudizi –

Data pubblicazione: 08/04/2016

contro
Società Geom. Angeloni & C. s.n.c.,

con sede in Firenzuola (FI), via G.

Villani n. 60, in persona del legale rappresentante pro tempore Antonio
Angeloni, in Roma, alla via della Conciliazione n. 44, presso lo studio

domiciliata in Roma, via Giuseppe Avezzana 2/B, presso lo studio
dell’avvocato Massimo oCammarota, nel secondo giudizio, rappresentata e
difesa in entrambi i giudizi dall’avvocato Benito Orlandi del foro di
Avezzano, giusta procura speciale in calce al ricorso

controricorrente in entrambi i giudizi

avverso le sentenze n. 98/1/08 e n. 107/18/08 della Commissione
tributaria regionale della Toscana, depositate, rispettivamente, il 20
novembre ed il 17 dicembre 2008, non notificate;
udita la releszlon dL1 du CMUSC svolta nella pìjhblica L .iclíen7a del 9
dicembre 2015 dal consigliere dott. Stefano Bielli;
udito, per la parte ricorrente, l’Avvocato dello Stato Bruno Dettori, che
ha chiesto raccoglimento di entrambi i ricorsi;
udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore generale,
dottoressa Paola Mastroberardino, che ha concluso per raccoglimento di
entrambi i ricorsi.

Ritenuto in fatto
1.

Con sentenza n. 98/1/08, depositata il 20 novembre 2008 e non notificata, la

Commissione tributaria regionale della Toscana (hinc: «CTR») rigettava l’appello proposto
dall’Agenzia delle entrate, ufficio di Borgo San Lorenzo, nei confronti della società Geom.

dell’avvocato Giancarlo Paris, nel primo giudizio, nonché elettivamente

Angeloni & C. s.n.c. avverso la sentenza n. 98/11/2006, della Commissione tributaria provinciale di
Firenze (hinc: «CTP»), confermando la decisione di primo grado e compensando tra le parti le spese
di lite.
La CTR rilevava che: a) la società aveva impugnato la cartella di pagamento ed il
provvedimento di diniego del condono per ritardati ed omessi versamenti (art. 9-bis della legge n.
289 del 2002) in relazione all’IVA, all’IRPEF ed all’IRAP per gli anni di imposta dal 1997 al

decadenza dal beneficio; b) la CTP aveva accolto il ricorso e la sentenza era stata appellata
dall’Agenzia delle entrate. La medesima CTR, nel rigettare l’appello, osservava che il pagamento
parziale delle somme dovute per detto condono non determina l’inefficacia del condono stesso, ma
solo l’obbligo di pagamento del residuo, maggiorato delle sanzioni del 30%.
2.—Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle entrate, dichiarando un valore di «circa €
40.000,00» (comprensivo di sanzioni ed interessi), ha proposto ricorso per cassazione (RGN 1002
del 2010), affidato ad un solo motivo.
3.—La società contribuente resiste con controricorso.
4.— Con sentenza n. 107/18/08, depositata il 17 dicembre 2008 e non notificata, la
Commissione tributaria regionale della Toscana (hinc: «CTR»), rigettava l’appello proposto
dall’Agenzia delle entrate, ufficio di Borgo San Lorenzo, nei confronti della società Geom.
Angeloni & C. s.n.c. avverso la sentenza n. 150/15/2006 della Commissione tributaria provinciale
di Firenze (hinc: «CTP»), confermando la decisione di primo grado e compensando tra le parti le
spese di lite.
La CTR rilevava che: a) la società aveva impugnato la cartella di pagamento con cui
l’Agenzia delle entrate aveva iscritto a ruolo le somme dovute a titolo di IVA, IRPEF E IRA? per
gli anni di imposta 2000 e 2001; b) la cartella era stata emessa in conseguenza del «diniego della
richiesta di condono ex art. 9-bis L. 289/ 2002; c) la CTP aveva accolto il ricorso e la sentenza era
stata appellata dall’Agenzia delle entrate. La medesima CTR, nel rigettare l’appello, osservava che
il pagamento parziale delle somme dovute per detto condono non determina l’inefficacia del
condono stesso, ma solo l’obbligo di pagamento del residuo, maggiorato delle sanzioni del 30%.
5.—Avverso la sentenza di appello, l’Agenzia, dichiarando un valore di «circa € 40.000,00»
(comprensivo di sanzioni ed interessi), ha proposto ricorso per cassazione (RGN 3386 del 2010),
affidato a due motivi e notificato il 10 – 4 febbraio 2010.
6.—La società contribuente resiste con controricorso notificato l’8 marzo 2010.
Considerato in diritto

2001, deducendo che il mancato versamento di alcune rate del condono non comportava la

1.- I giudizi di cui in epigrafe (RGN 1002 del 2010 e RGN 3386 del 2010), in
considerazione della loro connessione oggettiva e soggettiva, vanno riuniti per essere
congiuntamente trattati e decisi.

2. Con l’unico motivo del ricorso RGN 1002 del 2010 e con il primo motivo del ricorso

RGN 3386 del 2010, corredati da quesiti di diritto, l’Agenzia delle entrate denuncia — in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.— la violazione e falsa applicazione dell’art. 9-bis

nel rigettare gli appelli proposti dall’amministrazione finanziaria, ha erroneamente ritenuto valida la
domanda di condono pur nel caso (ricorrente nella specie) di mancato tempestivo versamento delle
rate successive alla prima. La CTR, ad avviso della ricorrente, non ha però considerato che il
condono di cui all’evocato art. 9-bis costituisce un’ipotesi del tutto speciale rispetto alle altre
previste dagli artt. 7, 8, 9, 15 della medesima legge n. 289 del 2002 e svolge la funzione di
agevolare il contribuente nel pagamento del tributo, consentendo, da un lato, la rateizzazione del
credito e, dall’altro, l’esenzione dalla sanzione. In assenza di una previsione normativa analoga a
quella delle altre ipotesi di condono, il mancato pagamento di una rata — conclude la ricorrente —
comporta l’inefficacia della sanatoria richiesta, dal momento che per il suo perfezionamento è
necessario che l’interessato versi, alle prescritte scadenze, tutto l’importo delle imposte liquidate.

2. Tali motivi vanno accolti nella sostanza, sia pure distinguendo le pretese tributarie

attinenti all’IVA, da un lato, e all’IRPEF ed all’IRAP, dall’altro.

2.1. Va premesso che i quesiti di diritto formulati sono ammissibili, perché adeguati, chiari

e, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente, individuano una sola censura (erronea
interpretazione dell’art. 9-bis della legge n. 289 del 2002).

2.2. Con riguardo all’IVA, questa Corte ha pili volte affermato, in tema di condono fiscale,

che le misure clemenziali (come quelle di cui al citato art. 9-bis della legge n. 289 del 2002) o
premiali (come quelle di cui agli artt. 7 ed 8 della medesima legge) comportanti una rinuncia
definitiva dell’Amministrazione alla riscossione di un credito già accertato sono idonee
pregiudicare seriamente il funzionamento del sistema comune dell’IVA, incidendo sulla corretta
riscossione di quanto dovuto, e pertanto contrastano con la VI direttiva n. 77/388/CEE del
Consiglio del 17 maggio 1977, cos{ come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia CE 17
luglio 2008, in causa C-132106, Repubblica italiana. Va perciò disapplicato, con riferimento
(appunto) all’IVA, il citato art. 9-bis della legge n. 289 del 2002, che consente di definire una
controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento e,
pertanto, comporta una rinuncia alle suddette sanzioni (sanzioni che, per il loro carattere dissuasivo,
oltre che repressivo, incidono sul corretto adempimento dell’obbligo di pagamento del tributo

della legge n. 289 del 2002. La ricorrente lamenta che la CTR, in entrambe le sentenze impugnate,

principale: ex plurimis, Cass. n. 19546 del 2011; n. 8110 e n. 13505 del 2012; n. 20435 del 2014; n.
420, n. 1003, n. 5953, n. 6667, n. 7852, n. 19436 e n. 20064 del 2015).
L’incompatibilità delle misure con cui lo Stato membro rinuncia ad una corretta
applicazione e/o riscossione di quanto dovuto per l’IVA va rilevata a prescindere da specifiche
deduzioni di parte. Il principio di effettività contenuto nell’art. 10 del Trattato CE comporta infatti,
come affermato sempre da questa Corte sulla base della giurisprudenza comunitaria, l’obbligo del

procedimentali o processuali, o, nella specie, il carattere chiuso del giudizio di cassazione (vedi,
oltre alle sopra citate pronunce di questa Corte, la sentenza delle sezioni unite n. 26948 del 2006,
nonché, per la giurisprudenza eurounitaria, CGUE del 14 dicembre 1995, in causa C- 312/93,
Peterbroeck; del 14 dicembre 1995, in causa C -430-431/93, Vari Schijndel; del 27 febbraio 2003,
in causa C – 327/00, Santex).
È appena il caso di ricordare che quanto attiene all’imposta si riferisce anche alle sanzioni,
come indicato punto 42 della citata sentenza in causa C-132/06, pur non essendo la materia delle
sanzioni regolata dalla VI direttiva (Cass. n. 20068 e n. 25701 del 2009; n. 19546 del 2011; n.
13505 del 2012).
L’art. 9-bis a della 1. n. 289 del 2002, nella presente controversia (per la parte riguardante
l’IVA), va quindi disapplicato, in quanto in contrasto con l’ordinamento eurounitario.

2.3— Con riguardo all’IRPEF e all’IRAP, questa Corte ha costantemente statuito che —
come sopra rilevato — il condono previsto dall’art. 9-bis della I. n. 289 del 2002 (relativo alla
possibilità di definire gli omessi e/o tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle
dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi o, in caso di
mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni), costituisce una forma di condono
clemenziale e non premiale come, invece, per le fattispecie regolate dagli artt. 7, 8, 9, 15 e 16 della
medesima legge, i quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un
accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario. Ne
consegue che nell’ipotesi di cui all’art. 9-bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione
ai sensi dell’alt 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 in ordine alla determinazione del quantum
(esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del
comma 3, con gli interessi di cui all’art. 4), il condono è sottoposto alla condizione dell’integrale e
tempestiva corresponsione di quanto dovuto (anche in relazione alle rate previste), essendo
insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’esatto adempimento delle
successive (ex plurimis: Cass. n. 20745 del 2010; n. 19546 del 2011; n. 21364 del 2012; n. 10309,
n. 10650, n. 25238 del 2013; n. 9440 e n. 20435 del 2014; n. 420, n. 5116, n.7852, n. 8149, n. 8209,

giudice nazionale di applicare d’ufficio il diritto comunitario, senza che possano ostarvi preclusioni

n. 8420, n. 9543, n. 10583, n. 10881 del 2015). In particolare, gli artt. 8, 9, 15 e 16 della legge n.
289 del 2002 — nella parte in cui statuiscono l’efficacia delle ipotesi di condono “premiale” da essi
previste, anche ove le rate successive alla prima non siano integralmente e tempestivamente versate
— sono insuscettibili di applicazione analogica, data la natura eccezionale delle disposizioni in
materia di condono (vedi, specialmente, Cass. n. 19546 del 2011; n. 21364 del 2012; n. 25238 del
2013).
2.4.— Le due sentenze impugnate non si sono uniformate ai suddetti principi e, pertanto, i

3.— Con il secondo motivo di ricorso del giudizio RGN 3386 del 2010, anch’esso
corredato da quesito di diritto, proposto in via subordinata, per l’ipotesi in cui la Corte dovesse
ritenere perfezionato il condono, l’Agenzia denuncia — in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3,
cod. proc. civ. — la violazione e falsa applicazione del citato art. 9-bis della legge n. 289 del 2002, in
quanto la CTR aveva annullato integralmente la cartella di pagamento (compresa la richiesta di
pagamento delle imposte dichiarate e non versate) e non limitatamente alla parte relativa alle
sanzioni applicate in misura intera sugli importi già versati.
3.1.— In conseguenza dell’accoglimento del primo, il secondo motivo di ricorso del
giudizio RGN 3386 del 2010, in quanto proposto (come visto) in via subordinata, resta assorbito.
4.- Per le indicate ragioni, in considerazione dell’accoglimento dell’unico motivo del
ricorso RGN 1002 del 2010 e del primo motivo del ricorso RGN 3386 del 2010, occorre cassare
le sentenze impugnate. La cassazione va disposta senza rinvio, perché le cause possono essere
decise nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. (non occorrendo ulteriori
accertamenti di fatto), con il rigetto dei ricorsi proposti in primo grado dalla società contribuente.
5.— Poiché i sopra riportati principi in tema di perfezionamento del condono in esame si
sono consolidati in epoca successiva alla proposizione dei ricorsi introduttivi, le spese degli interi
due giudizi vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i giudizi RGN 1002 del 2010 e RGN 3386 del 2010; accoglie i ricorsi
riuniti; cassa le sentenze impugnate e, decidendo le cause nel merito, rigetta i ricorsi proposti in
primo grado dalla società contribuente; compensa integralmente tra le parti le spese degli interi due
giudizi.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 9 dicembre 2015.
Il Consigliere estensore
,

suddetti motivi vanno accolti.

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