Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6861 del 02/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 02/03/2022, (ud. 08/02/2022, dep. 02/03/2022), n.6861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17534-2020 proposto da:

T. FRATELLI SRL IN LIQUIDAZIONE, MEDEA SRL, in persona dei

rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliate in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO N. 3, presso lo studio

dell’avvocato DAGNINO ALESSANDRO, che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4077/21/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA depositata il 21/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/02/ 2022 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

FATTO e DIRITTO

Considerato che:

L’Agenzia delle Entrate notificava alla società T. s.r.l. in liquidazione e alla Medea s.r.l. l’avviso di rettifica e liquidazione per il recupero di imposte legate ad una cessione del ramo di azienda compravenduto.

Entrambe le società presentavano ricorso congiunto avanti la CTP di Milano che accoglieva il ricorso.

Avverso tale decisione l’Ufficio proponeva appello avanti alla CTR della Lombardia che con sentenza nr 4077/2019 lo accoglieva.

La CTR rilevava che ai fini della verifica della fondatezza del gravame era necessario soffermarsi sui criteri scelti in ordine alla valorizzazione dell’avviamento e sul metodo di calcolo impiegato dall’Ufficio in sede di determinazione dell’avviamento e delle smobilizzazioni.

Osservava che i dati soggettivi e contingenti invocati dal giudice di primo grado e dalle contribuenti apparivano inidonei ad incidere in concreto sul valore dell’avviamento a fronte della metodologia di calcolo adottata dall’Ufficio nella specie tenuto conto che l’atto di cessione omette qualsiasi valorizzazione del Know How di cui l’avviamento, per espressa disposizione dell’atto di cessione dovrebbe essere comprensivo, nonché della denominazione.

Evidenziava che l’avviamento rappresenta in sede di cessione di azienda la quantificazione economica della capacità economica di una azienda già organizzata e funzionante di produrre reddito in funzione del consolidamento della ricerca della clientela e dei fornitori in funzioni dell’acquisizione di un Know How e di un marchio a cui la clientela si affida.

Precisava che tali considerazioni valevano anche nel caso di società in liquidazione in quanto anche una società posta in liquidazione a causa di fattori estranei alla presenza dell’azienda sul mercato può conservare un avviamento consistente proprio in funzione della sua capacità di attrarre la clientela grazie ai beni immateriali e a tutti i fattori specifici rispetto all’entità delle poste dell’attivo, concorrenti alla valorizzazione dell’avviamento, in quanto formati nel tempo ed idonei ad incidere, aumentandolo, sul valore complessivo dei beni organizzati, prescindendo dalle eventuali perdite provocate da fattori generali di crisi, che hanno provocato la messa in liquidazione.

Sottolineava che tale conclusione trovava uno specifico riscontro documentale ed in particolare nello stesso contenuto dell’atto di cessione ai punti 2 e 3 del contratto ove si precisa che il ramo di azienda è comprensivo di attrezzature, mezzi di trasporto, clienti magazzino, denominazione, Know How,licenze e autorizzazioni afferenti l’attività del ramo stesso così come nel passaggio in cui si stabilisce il corrispettivo e nella parte in cui si fa riferimento alla situazione patrimoniale.

Osservava che / in sede di valutazione della congruità del valore attribuito all’avviamento in sede di cessione occorre tenere presente la componente

soggettiva dei due autentici operatori del mercato i quali avevano una composizione soggettiva astrattamente idonea a giustificare il palese conflitto di interessi (la qualifica contestuale di amministratore della cessionaria Medea s.r.l. e di liquidatore della cedente T. Fratelli s.r.l.) e l’arco temporale in cui si colloca l’operazione evidenziando che la società cedente cessa poco più di due mesi prima della definizione del contratto di cessione a fronte di decenni precedenti di produttiva operatività aziendale.

La CTR rilevava che l’inattività era stata decisa a tavolino con la nomina di un liquidatore che è anche consigliere della controparte Medea s.r.l. il che lasciava fondatamente ritenere che la cessazione dell’attività non poteva avere avuto alcuna incidenza tale da ridurre ad un valore estremamente esiguo e meramente formale il prezzo della cessione.

Analoghe considerazioni vengono svolte per la messa in mobilità dei 38 dipendenti avviata 8 giorni prima dell’operazione di cessione.

Riteneva corretto il criterio utilizzato dall’Ufficio per verificare il valore dell’azienda ed il valore dell’avviamento prendendo atto della situazione concreta e impiegando criteri di selezione di aziende omogenee nonché applicando il metodo di stima autonomo del goodwill evidenziando che le contestando sollevate dalle parti dalla contribuenti non erano supportate da alcun elemento documentale in grado di escludere che il ramo di azienda sia provvisto di avviamento autonomamente valorizzabile.

Per quanto attiene poi al valore delle immobilizzazione la CTR considerava corretto il metodo di calcolo dell’Ufficio basato sul valore netto contabile in assenza di elementi certi in ordine alla valutazione specifica del valore corrente delle immobilizzazioni e in presenza di una affermazione generica in ordine alla capitalizzazioni dei costi di installazione e manutenzione sostenuti per alcuni macchinari.

Avverso tale sentenza la società Medea s..r.l. e la società T. Fratelli s.r.l. in liquidazione propongono ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo illustrato da memoria cui resiste l’Agenzia delle Entrate.

Con l’unico motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 4 e art. 52, comma 2-bis e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 error in procedendo per motivazione apparente e conseguente falsa applicazione del D.P.R. n. 546 del 1992, art. 36, n. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR ritenuto corretto il metodo di calcolo basato su parametri presuntivi non omogenei rispetto alla realtà aziendale e per avere ritenuto corretto l’utilizzo di una campionatura di aziende delle quali non erano state illustrate le caratteristiche specifiche in violazione del principio del contraddittorio.

Si lamenta che la decisione impugnata avrebbe in modo apodittico ritenuto omogenee le aziende incluse nella campionatura.

Si sostiene che l’avviso risulterebbe privo di qualsiasi indicazione degli elementi di confronto utilizzati dall’Ufficio nell’adozione del criterio presuntivo con ciò impendendo alle contribuente di approntare una adeguata difesa.

Il motivo è infondato.

Giova premettere che l’avviamento costituisce una qualità dell’azienda e possiede un valore che si somma a quello degli altri beni che compongono l’azienda stessa, e tale operazione, anche considerando il testo della norma applicata, deve precedere la detrazione delle passività. Sicché il valore di avviamento non può essere aprioristicamente escluso, né dall’esistenza né dall’ammontare delle perdite (v. Sez. 6 n. 2747-12, Sez. 5 n. 613-06, n. 270202).

La norma di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, (art. 51), è nel senso che per gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali rileva il valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento, al netto delle passività. Il che traduce un dato coerente con la natura stessa dell’avviamento, che è un valore patrimoniale e che, come tale, non configura un valore dell’attività d’impresa ma dell’azienda (obiettivamente considerata); un valore che non necessariamente risente dell’esito (in termini di utili o di perdite) dell’attività d’impresa. Questa Corte, con riferimento al valore dell’avviamento ha affermato il seguente principio di diritto: “In tema di imposta di registro, l’esistenza di un valore di avviamento dell’azienda, costituente l’oggetto di un giudizio di fatto rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, non può essere esclusa sulla base della sola circostanza che l’impresa abbia subito delle perdite negli esercizi degli anni precedenti e di quelli successivi” (cass. 22506/2015; 2018 nr 979). Consegue che la circostanza che un’impresa abbia prodotto delle perdite negli anni precedenti alla cessione dell’azienda, pur potendo esser rilevante e meritevole di attenta considerazione ai fini della determinazione dell’avviamento commerciale, non esaurisce l’oggetto dell’indagine.

Il valore di avviamento di un’azienda o di un ramo di azienda, quale che sia il metodo di calcolo utilizzato, non è determinabile in base, o soltanto in base, a grandezze che possano essere capitalizzate, e, quindi, al reddito distribuibile al netto delle imposte, poiché l’avviamento è la capacità di profitto di un’attività produttiva, ossia una qualità dell’azienda costituita dal maggior valore che il complesso aziendale, unitariamente considerato, presenta rispetto alla somma dei valori di mercato dei beni che lo compongono, ed implica perciò la considerazione della prevedibile capacità della stessa di coprire i costi, ivi compresi quelli di natura fiscale (Cass. 9583/2016; Cass. n. 9115 del 06/06/2012).

Nella specie la CTR, ponendosi in aderenza con i principi di diritto sopra richiamati ha sostanzialmente ritenuto giustificata la rettifica operata dall’Ufficio relativamente al valore dell’avviamento riconosciuto dalle parti in sede di cessione in un importo così modesto da annullare l’incidenza del know how sulla consistenza di tale voce per nulla rispondente al corretto criterio di determinazione dei valori che devono essere impiegati per individuare la congruità del corrispettivo.

La mancata valorizzazione del Know How è stata letta in un più ampio quadro in cui l’operazione si era inserita vale a dire fra due società nelle quali la qualifica contestuale di amministratore della cessionario Medea s.r.l. e di liquidatore della cedente T. fratelli era ricoperto dallo stesso soggetti sicché un tale dato che sul piano formale costituiva indice di un potenziale conflitto di interessi sul piano sostanziale rappresentava la chiave interpretativa dei criteri ” monchi ed impropri di valorizzazione dell’avviamento applicati in sede di contratto.

Su questa premessa ha ritenuto corretta la rideterminazione del valore dell’avviamento non potendosi condividere il valore stabilito in sede di cessione basato sui costi che la parte avrebbe dovuto sostenere per attivare le nuove licenze e le altre autorizzazioni.

Analoga valutazione è stata espressa in ordine ai criteri impiegati dall’amministrazione finanziaria per il calcolo di tale voce per la cui determinazione sono state analizzate dall’Ufficio aziende operanti nello stesso settore merceologico e in un contesto economico- sociale simile a quello in cui opera la società oggetto di controllo prendendo a base il metodo Radar rimarcando come la genericità della contestazione sollevata dalle contribuente in merito alle modalità di calcolo ritenute irrazionali e non aderenti alla realtà senza che fosse stata fornita alcuna prova specifica e circostanziata in grado di dare corpo alla loro prospettazione che pertanto rimaneva nulla più che una mera allegazione.

Genericità della contestazione che permane in questa sede.

Il profilo di censura qui fatto valere non scalfisce con la sufficiente specificità le affermazioni riportate nella gravata decisione il cui percorso motivazionale, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, si colloca ben al di sopra del minimo costituzionale non incorrendo in alcuna delle violazioni contestate in rubrica.

Inoltre la critica è diretta, dietro lo schermo della violazione di legge, a contestare l’apprezzamento espresso dalla CTR in ordine al metodo presuntivo impiegato dall’Ufficio la cui valutazione è rimessa in via esclusiva al giudice di merito, sicché la censura formulata si risolve nell’invito ad una rilettura degli elementi di fatto dedotti in causa, inammissibile in questa sede.

Si rileva comunque che la sentenza impugnata, contrariamente a quanto prospettato dalla ricorrente, ha fatto corretta applicazione dei principi in materia di ripartizione dell’onere della prova in questa materia affermati da questa Corte, in base ai quali “l’onere della prova (…) è così ripartito: a) all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto dell’accertamento; b) al contribuente (…) fa carico la prova della insussistenza della pretesa fiscale individuando parametri diversi da quelli impiegati dall’Ufficio.

A conclusioni non dissimili si deve pervenire anche per quanto riguarda il calcolo delle immobilizzazione determinato dall’Ufficio sulla base del valore netto contabile riportato nei registri dei cespiti 2016 in assenza di elementi certi in punto valutazione specifica del valore corrente delle immobilizzazioni e di una contestazione generica delle contribuente come rilevato dalla stessa CTR.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna le ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che si liquidano in complessive Euro 4.100,00 oltre spese prenotate a debito. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2022

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