Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6858 del 20/03/2018


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Cassazione civile, sez. III, 20/03/2018, (ud. 09/01/2018, dep.20/03/2018),  n. 6858

Fatto

 

1. F.P.C. ha proposto ricorso per cassazione contro P.I. e la s.p.a. Società Cattolica di Assicurazione avverso la sentenza del 4 febbraio 2015, con la Corte d’Appello di Brescia ha provveduto sull’appello principale proposto da esso ricorrente e su quello incidentale della società avverso la sentenza resa in prime cure inter partes del Tribunale di Bergamo, Sezione Distaccata di Treviglio dell’aprile del 2009.

2. Con quella sentenza il tribunale aveva: a) pur disattendendo l’eccezione di prescrizione della sua azione, rigettato la domanda del ricorrente, intesa ad ottenere il risarcimento dei danni sofferti a causa di un sinistro stradale occorso nel gennaio 2002 fra l’autovettura di sua proprietà e da lui condotta e quella di proprietà e condotta dalla P. ed assicurata per la r.c.a. presso l’indicata società, considerando il ricorrente responsabile esclusivo del sinistro; b) rigettato la domanda della P. intesa ad ottenere il risarcimento di danni ulteriori rispetto a quelli dei quali essa aveva già ottenuto il risarcimento.

3. La sentenza d’appello qui impugnata, dichiarando di esaminare in via prioritaria l’appello incidentale della società riguardo alla negazione della prescrizione, l’ha accolto, dichiarando assorbito l’appello principale del ricorrente.

4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, e sono state depositate conclusioni scritte dal Pubblico Ministero mentre parte ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che:

1. Con l’unico effettivo motivo di ricorso (con l’altro dolendosi, peraltro impropriamente, dell’omesso esame ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 della prospettazione svolta con l’appello principale quanto alla sussistenza della responsabilità della P., ancorchè la corte territoriale abbia dichiarato assorbito tale appello, esaminando quello incidentale sulla prescrizione come “questione più liquida”) si deduce “violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, sub 3) di norme di diritto (art. 2947, commi 1 e 3, artt. 409 e 554 c.p.p.)”.

Vi si lamenta che la corte territoriale abbia erroneamente ritenuto prescritta l’azione risarcitoria, individuando il termine di prescrizione applicabile alla vicenda ai sensi della seconda parte dell’art. 2947 c.c., comma 3, dando rilievo al fatto che l’illecito aveva determinato un procedimento penale per il delitto di cui all’art. 582 c.p. a carico della P., conclusosi con decreto di archiviazione ed individuandolo, dunque, in quello di cui all’art. 2947, comma 2 e facendolo decorrere dalla data dell’illecito, richiamando a sostegno, in particolare, il principio di diritto di cui a Cass. n. 17380 del 2007 e dando rilievo al fatto che non vi era stata alcuna attività di istruzione del procedimento penale.

Il motivo si articola con una prima censura in cui si sostiene che il termine di prescrizione biennale determinato ai sensi della seconda parte dell’art. 2947 c.c., comma 3, non poteva trovare applicazione, perchè il decreto di archiviazione non era equiparabile ad una sentenza penale irrevocabile, dovendo, invece, applicarsi il termine di prescrizione quinquennale ai sensi della prima parte del detto comma 3. Tanto sulla base del principi di diritto di cui a Cass. n. 1346 del 2009 ed a maggior ragione considerando che, come rilevato dallo stesso giudice d’appello, tra il momento della presentazione della querela da parte del ricorrente contro la P. (28 marzo 2002) e quello dell’archiviazione (28 aprile 2002) non era stata espletata una vera e propria attività istruttoria.

Con una seconda censura si sostiene che, sempre ai sensi della seconda parte dell’art. 2947 c.c. erroneamente il termine era stato fatto decorrere anzichè dall’emissione del decreto di archiviazione, dal momento dell’illecito ed all’uopo si cita Cass. n. 17134 del 2003.

2. Il motivo, come, del resto, ha sostenuto il Pubblico Ministero nelle sue conclusioni, appare manifestamente fondato.

La corte territoriale ha dato rilievo a Cass. n. 17380 del 2007 quanto all’affermazione – da essa ripresa da Cass. n. 17134 del 2003 – che, allorquando il decreto di archiviazione venga emesso dopo il compimento di una istruttoria ed assuma in realtà il carattere di una sentenza sostanziale di proscioglimento, il termine di prescrizione decorre dal momento dell’adozione del decreto. Senonchè, la giurisprudenza così richiamata si riferiva all’ipotesi in cui il decreto di archiviazione avesse rivestito appunto carattere sostanziale di sentenza penale irrevocabile di assoluzione, tanto determinando – ad avviso di essa – l’applicazione dell’art. 2947, comma 3, seconda parte, e, dunque, il suddetto dies a quo del decorso, ma anche l’applicazione dei termini indicati dai primi due commi della stessa norma. Nel caso di pretesa risarcitoria da circolazione stradale ciò comportava, dunque, l’applicazione del termine biennale di cui al secondo comma della norma.

La corte territoriale, tuttavia, dopo essersi richiamato a tale giurisprudenza, così mostrando di condividerla, ha, in modo sorprendente e del tutto contraddittorio, ha affermato che non lo si poteva applicare quanto alla decorrenza dal decreto di archiviazione, perchè nessuna attività istruttoria risultava compiuta nel lasso di tempo fra la querela presentata dal F. (28 marzo 2002) e quella dell’adozione del decreto di archiviazione (28 aprile 2002), ed ha fatto decorrere il corso della prescrizione dalla data dell’illecito. Ma, in tal modo, ha frainteso in modo palese il senso del precedente richiamato, che implicava nel caso di decreto di archiviazione privo del valore di sostanziale sentenza, l’applicabilità del termine prescrizionale previa individuazione della sua misura in applicazione del disposto del comma 2 e della prima parte dell’art. 2947 c.c., comma 3, e, dunque, l’interrogarsi sul se non ricorresse un illecito penale e, dunque, dovesse applicarsi il termine biennale di cui al secondo comma oppure ricorresse detto illecito e dovesse applicarsi il termine prescrizionale quinquennale correlato al delitto di cui all’art. 582 cod. pen..

La regola applicata erroneamente dalla corte territoriale risulta individuabile in questi termini: quando sopravviene decreto di archiviazione riguardo ad un preteso illecito penale da circolazione stradale ed esso abbia effettivamente solo tale valore in quanto emesso senza compimento di un’istruttoria e perciò non sia equiparabile ad una sentenza di proscioglimento, il giudice civile deve applicare automaticamente la prescrizione biennale di cui all’art. 2947 c.c., comma 2, facendola però decorrere dalla data dell’illecito.

In tal modo, tuttavia, la corte bresciana ha proceduto ad un automatismo del tutto erroneo, perchè la situazione di adozione di un decreto di archiviazione avente tale effettiva natura deve essere apprezzata dal giudice civile come situazione riguardo alla quale tale provvedimento non assume alcun valore sull’apprezzamento dell’azione risarcitoria, nel senso che esso non ha alcun effetto preclusivo sulla valutazione del giudice civile in ordine alla sussistenza nell’illecito degli estremi del reato, con ogni conseguente implicazione sul regime della prescrizione. Di modo che compete al giudice civile apprezzare se nel fatto ricorrano gli estremi del reato e, dunque, debba applicarsi eventualmente, ai sensi dell’art. 2947, comma 3, prima parte la più lunga prescrizione prevista per il reato oppure non ricorrano e debba trovare applicazione il termine prescrizionale più breve di natura civilistica. E, dunque, nel caso di illecito da circolazione stradale quello maggiore eventualmente ricollegato al reato cagionato con la relativa condotta oppure quello biennale di cui all’art. 2947, comma 2.

Va detto anzi che la giurisprudenza più recente (Cass. n. 1346 del 2009) deve essere intesa nel senso che tale modus procedendi del giudice civile opera indipendentemente dalle modalità e dai contenuti del decreto di archiviazione, cioè indipendentemente dal modo in cui si è pervenuti alla sua adozione e, dunque, anche se vi si sia pervenuti attraverso attività istruttoria, sì che esso presenti la sostanza di una valutazione di proscioglimento e, dunque, di una sostanziale sentenza di proscioglimento. Ciò, perchè il giudice civile non può sovrapporre (come aveva ipotizzato la sentenza evocata da quella qui impugnata e quella in essa richiamata) alla veste formale del provvedimento di archiviazione una propria valutazione nel senso della sua connotazione come sentenza di proscioglimento, tanto non essendo consentito dalla seconda parte del comma 3 dell’art. 2947 c.c., che non contempla l’archiviazione e, pertanto, non ne consente una valutazione sostanziale. Dovendo invece quel giudice, di fronte ad un decreto di archiviazione, quale che ne sia la sostanza e, dunque, quale che sia stata l’attività prodromica ad esso, dare corso sempre e comunque ad una propria valutazione circa la sussistenza o meno del fatto di reato, al fine di individuare la prescrizione applicabile.

In base ai rilievi svolti la corte territoriale avrebbe dovuto esaminare se, nonostante l’adozione del decreto di archiviazione, nel fatto e, dunque, nella condotta di guida della P. ricorrevano gli estremi del delitto di lesioni colpose (art. 582 c.p.) ai danni del qui ricorrente ed avrebbe dovuto, pertanto, scrutinare a tale fine l’appello principale che invece ha dichiarato assorbito e, quindi, ove all’esito dell’esame avesse ritenuto configurabile quel delitto a carico della P., avrebbe dovuto applicare la prescrizione quinquennale con decorso dalla data del fatto, mentre in caso contrario avrebbe dovuto applicare il termine prescrizionale di cui all’art. 2947 c.c., comma 2.

La corte territoriale non ha compiuto tale indagine ed ha automaticamente applicato quest’ultimo termine senza accertare e dire che nel fatto non ricorrevano gli estremi di reato, cosa che avrebbe implicato lo scrutinio negativo dell’appello principale.

3. Consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte territoriale comunque in diversa composizione. Essa procederà, scrutinando prioritariamente l’appello principale del F. (e con piena valutazione dei presupposti per la sua ammissibilità), ad accertare se nel fatto ricorrevano oppure no gli estremi di reato e, quindi, all’esito ad individuare il regime prescrizionale applicabile, rispettivamente in quello di cui alla prima parte del comma 3 dell’art. 2947 c.c. o in quello biennale, con decorrenza sempre dal momento del fatto.

Al giudice di rinvio è rimesso di regolare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia, comunque in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 9 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2018

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