Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6858 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6858 Anno 2016
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 12014-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
3736

TESTORE MASSIMO,

TESTORE STEFANO,

elettivamente

domiciliati in ROMA VIA TIBULLO 10, presso lo studio
dell’avvocato FABIO COLLAVINI, rappresentati e difesi
dall’avvocato ETTORE MARIA GLIOZZI giusta delega a
margine;

Data pubblicazione: 08/04/2016

- controricorrenti

avverso la sentenza n. 32/2009 della COMM.TRIB.REG.
di TORINO, depositata il 14/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/12/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

MARIA STALLA;

Svolgimento del giudizio.
Nell’ottobre ’97 Massimo Testore, Stefano Testore ed Angela
Negro impugnavano avanti alla commissione tributaria provinciale
di Torino l’avviso di rettifica e liquidazione n. 95/07255/000045,

liquidazione dell’imposta principale, non impugnato) a titolo di
maggiore imposta complementare di successione ed Invim.
Contestavano la pretesa dell’ufficio sotto i seguenti principali
profili: – imputazione per intero, e non pro quota del 50%, della
partecipazione detenuta dal de cujus nella Arno srl, in realtà già
attratta alla comunione legale tra i coniugi; – erronea rettifica
del valore di tale quota, non basata sul bilancio, bensì sul
valore patrimoniale corrente; per giunta limitato alle sole poste
attive e di avviamento; – erronea determinazione della quota di
immobili donati in vita dal de cujus; – illegittima valutazione ai
fini Invim.
La

commissione

tributaria

provinciale

(sent.92/6/1998)

accoglieva il ricorso sotto tutti i profili dedotti; e tale
sentenza veniva confermata dalla commissione tributaria regionale
di Torino (sent. 1/31/1999).
Proposto ricorso per cassazione dall’ufficio, interveniva la
sentenza n. 14173/03 con la quale la corte di legittimità:
cassava senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui
aveva ritenuto ammissibile la contestazione da parte dei coeredi
della quota della società Arno srl imputabile al de

cujus,

nonostante che essa fosse stata proposta per la prima volta
3
Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dicembre 2015

11 C

loro notificato dall’Ufficio del Registro (a seguito di atto di

avverso l’avviso di rettifica, non già avverso l’atto di
liquidazione dell’imposta principale; affermava, per la
valutazione della quota societaria, il criterio delle risultanze
di bilancio ex art.16 co.1 lett.b) d.lvo 346/90, in luogo di

cassava con rinvio la sentenza impugnata per difetto di
motivazione in ordine alla stima in concreto della quota e, in
particolare, alla questione dell’avviamento, suscettibile di
essere riesaminata e risolta in sede di rinvio.
A seguito della mancata riassunzione del giudizio di rinvio,
l’amministrazione finanziaria provvedeva ad emettere il ruolo n.
2006/52, e conseguente cartella n. 11020060008656074, portante
l’intero importo (oltre gli interessi ed aggi) già accertato con
il suddetto avviso di rettifica e di liquidazione, come sopra
impugnato.
I Testore ricorrevano contro il ruolo avanti alla commissione
tributaria provinciale di Torino la quale, con sentenza n.
110/15/06, l’annullava, sul presupposto che l’amministrazione
finanziaria non avesse tenuto conto dell’avvenuta formazione del
giudicato, su taluni degli aspetti in contesa, nel precedente
giudizio definito con la suddetta sentenza di legittimità n.
14173/03. Questa decisione veniva confermata dalla commissione
tributaria regionale di Torino con sentenza n. 32/34/09, qui
impugnata, la quale assumeva, per quanto qui ancora rileva, che
in base agli articoli 393 cpc (come costantemente interpretato
dalla S.C.) e 63 d.lvo 546/92, l’estinzione del
4
Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dicembre 2015

Il Cc

quello (utilizzato dall’ufficio) dei valori patrimoniali correnti;

tributario non escludeva gli effetti del giudicato intervenuto nel
giudizio estinto su alcuni aspetti controversi; giudicato nella
specie formatosi sia sulla quota di donazione immobiliare e sul
valore immobiliare a fini Invim (in forza della sentenza CTP

quota di partecipazione in Arno srl (in forza di quanto statuito
da Cass. 14173/03, la cui cassazione sul punto era stata disposta
non per accoglimento della tesi dell’ufficio, ma per carenza di
motivazione in punto avviamento).
Avverso la decisione della commissione tributaria regionale,
viene dalla agenzia delle entrate proposto ricorso per cassazione
sulla base di due motivi, entrambi basati – ex art.63 d.lvo 546/92
– sulla sopravvenuta definitività dell’atto impositivo per effetto
dell’estinzione del giudizio di impugnazione. Resistono con
controricorso i Testore secondo i quali, come anche desumibile
dagli artt.310 e 393 cpc, l’estinzione del giudizio non porrebbe
nel nulla, nel giudizio tributario successivamente proposto, il
giudicato formatosi nel giudizio estinto.
Motivi della decisione.
1.1

Con il

primo motivo

di ricorso l’agenzia delle entrate

deduce – ex art.360, l^ co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e
falsa applicazione degli articoli 310, 338 e 393 cpc; per avere il
giudice di merito ritenuto l’illegittimità della cartella di
pagamento in oggetto in quanto contrastante con il giudicato
formatosi nel giudizio estinto, senza con ciò considerare che
l’estinzione del giudizio aveva impedito la formazio
5
Ric.n.12014/10 rg.

Ud.de1 3 dicembre 2015

Il

92/6/1998, non impugnata in questi capi), sia sulla stima della

giudicato, e che correttamente tale cartella era stata emessa
sulla base dell’atto di rettifica ed in ragione dell’intera quota
di partecipazione del de cujus alla società Arno srl.
§ 1.2 Il motivo è infondato.

giudizio, nella specie conseguita alla mancata riassunzione dopo
la cassazione con rinvio, non privasse di rilevanza il giudicato
progressivamente formatosi (sia per effetto della mancata
impugnazione di taluni capi della sentenza di primo grado, sia per
effetto della solo parziale cassazione) nel corso del giudizio
estinto; sicchè di tale giudicato illegittimamente l’ufficio non
avrebbe tenuto conto nell’emettere (richiamando

in toto la pretesa

di cui all’avviso di rettifica e liquidazione) la cartella di
pagamento oggetto del presente giudizio.
Questa soluzione, basata sul principio generale di cui agli
articoli 310 2″ co. (permanente efficacia delle sentenze di
merito) e 393 u.p. cpc (permanenza nel nuovo giudizio dell’effetto
vincolante della sentenza di cassazione) attua un costante
orientamento di legittimità, secondo cui

– nel caso di estinzione

del giudizio di rinvio per sua mancata (o tardiva) riassunzione,
deve ritenersi, comunque, applicabile il disposto di cui all’art.
310 cod. proc. civ., con la conseguenza che, nel nuovo processo
eventualmente instaurato attraverso la riproposizione della
domanda, conservano efficacia, e sono pertanto utilizzabili,

tutte

le statuizioni di merito su cui, nel corso del procedimento ormai
l

pag.S.
6

Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dicembre 2015

11 C

La sentenza impugnata ha ritenuto’ che l’estinzione del

estinto, si sia formato 11 giudicato; e cioè le sentenze di merito
non definitive che non abbiano formato oggetto di impugnazione (o
i cui motivi di impugnazione siano stati rigettati), ovvero quelle
definitive, ma passate solo parzialmente in giudicato, per essere

capi della sentenza, in virtù del principio della formazione
progressiva del giudicato” 2 .
La commissione tributaria regionale non si fa carico, per la
verità, del problema della estendibilità di questo (pacifico)
principio generale al processo tributario, il cui assoggettamento
alle disposizioni del codice di procedura civile è espressamente
condizionato – ex artt.1 e 49 d.lvo 546/92 – da vincolo di
compatibilità e specialità.
D’altra parte, che non si trattasse affatto di dubbio privo di
consistenza doveva desumersi dal fatto che il processo tributario
ha natura impugnatoria dell’atto impositivo, in modo tale che
l’estinzione del giudizio (sancita, per l’ipotesi di mancata
riassunzione del giudizio di rinvio, dall’articolo 63 2″ comma
d.lvo cit.) determina di regola la definitività ed intangibilità
del provvedimento impositivo impugnato; e, inoltre, dalla
circostanza testuale per cui quest’ultima disposizione, pur
riproducendo alla lettera la prima parte dell’articolo 393
cod.proc.civ., non ne riproduce altresì la seconda, quella appunto
dedicata alla preservazione dell’effetto vincolante della sentenza

Cass. Sez. 3, n. 6712 del 15/05/2001; in termini: Cass. Sez. 2, n. 20311 del
15/10/2004, ed altre.

2

7
Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dicembre 2015

Il C

stati accolti i motivi di ricorso solo relativamente ad alcuni

della corte di cassazione nel nuovo processo che sia instaurato
con la riproposizione della domanda.
Ferma restando la obiettiva lacuna motivazionale, la decisione
della commissione tributaria regionale – di conservare nella

giudizio estinto, sulla pretesa impositiva – deve purtuttavia
ritenersi giuridicamente corretta; non reputandosi dirimenti, in
senso opposto, i dubbi testè rassegnati.
Le suddette caratteristiche del processo tributario non paiono
infatti tali da disattendere una regola generale ed insuperabile
di vincolatività del giudicato tra le parti ex articolo 2909
cod.civ.; dovendosi al giudicato attribuire – quale ne sia
l’origine e la modalità di formazione – la valenza di vero e
proprio comando giuridico integrante elemento normativa della
fattispecie concreta, atto a conformare definitivamente ed
irrevocabilmente il rapporto giuridico tra le parti. Tanto che,
per quanto eventualmente formatosi in un diverso processo tra le
stesse parti (giudicato esterno), esso non costituisce oggetto di
un’eccezione in senso tecnico dovendo, nei limiti della
allegazione e conoscenza, essere rilevato ed applicato anche
d’ufficio dal giudice 3 ; previa, se del caso, la ricostruzione dei
suoi limiti oggettivi e soggettivi di efficacia secondo i canoni
dettati per l’interpretazione delle norme giuridiche

3

4

Cass. 12159/11, ord.; 28247/13; 11365/15.
Cass. 22883/08; 21200/09.
8

Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dicembre 2015

4

specie gli effetti del giudicato, intervenuto nel corso del

Il che appare del resto connaturato alle imprescindibili
finalità ordinamentali volte a perseguire e valorizzare la
definitività dell’assetto giuridico sostanziale (oltre che
processuale) del rapporto controverso; evitando al contempo che

Finalità certo tutt’altro che estranee all’ordinamento tributario,
il quale si attua mediante l’emanazione di atti amministrativi che
– a fortiori per tale loro natura – non possono mai porsi
jus.

contra

Quanto alla specificità della pretesa impositiva, poi, non

possono non rilevare quei cardini costituzionali preoccupati tanto
di attuare il principio generale della capacità contributiva,
quanto di assicurare coerenza ed effettività al buon andamento ed
all’imparzialità dell’azione amministrativa tributaria.
Orbene, nell’ipotesi di estinzione del giudizio la natura
impugnatoria del processo tributario comporta di regola
effetti
quest’ultimo

dell’atto

definitività

la
non

dell’impugnazione” 5

è

un

atto

impugnato,

processuale,

ma

in

“giacchè
l’oggetto

.

Purtuttavia, l’impugnazione in sede tributaria sottende una
domanda di accertamento negativo della pretesa impositiva, la cui
disciplina non si sottrae all’effetto del giudicato formatosi tra
le parti; soluzione, quest’ultima, idonea a realizzare quel
controllo di legalità, non solo formale, ma anche sostanziale
dell’obbligo fiscale che il processo tributario si assume quale
tipico strumento, per usare un’espressione ormai generalm nte
5

Cass.n. 16689/13; 5044/12, ord.; 3040/08.

9
Ric.n.I2014/10 rg.

Ud.del 3 dicembre 2015

11 C

quest’ultimo possa trovare regolazioni tra esse confliggenti.

invalsa in dottrina e giurisprudenza, di ‘impugnazione-merito’.
Con il risultato di attribuire alla decisione giurisdizionale un
ruolo non meramente rescindente dell’atto di accertamento, ma
anche prescrittivo-sostitutivo nella rideterminazione del

Ciò detto, va consequenzialmente affermato che, al fine di
evitare la formazione del giudicato in proprio danno, tutte le
parti del processo tributario – dunque anche l’amministrazione
finanziaria e non solo il contribuente – possono avere interesse e
legittimazione a riassumere il giudizio a seguito della sentenza
di rinvio; con un atto che non è di impugnazione, bensì di mero
impulso processuale spettante, come tale, a tutti i soggetti del
giudizio di legittimità.
E con l’effetto ulteriore che, ove ciò non si verifichi, anche
l’ufficio impositore deve adeguare la propria posizione
sostanziale all’esito del giudicato parziale determinatosi nei
suoi confronti nel corso del giudizio estinto; senza poter
puramente e semplicemente porre in riscossione la propria pretesa
sulla base dell’atto impositivo impugnato, ‘come se’ quest’ultimo
non fosse stato ritenuto, per taluni aspetti, illegittimo con
sentenza passata in giudicato.
Ciò è esattamente quanto accaduto nella presente fattispecie,
nella quale il ruolo e la cartella di pagamento sono stati emessi
mediante la pura e semplice riproduzione (salvo l’ addebito di
accessori ulteriori) dell’atto di rettifica e liquidazione di
6

Tra le altre, Cass. 11935/12.
10

Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dIcembre 2015

contenuto effettivo della pretesa tributaria contestata 6 .

imposta già fatto oggetto del giudizio definitosi con la sentenza
di legittimità n. 14173/03 più volte citata.
Sicché non può dirsi che l’impugnazione della cartella di
pagamento al fine di opporre il giudicato così intervenuto su

art.393 cit., ferma restando l’identità del rapporto giuridico
originario tra le parti – contravvenga, di per sé, ai limiti di
impugnabilità della cartella medesima esclusivamente per vizi suoi
propri. Essendo tale impugnazione finalizzata non già ad
inammissibilmente aprire – o riaprire – la controversia di merito
sui presupposti dell’atto impositivo prodromico all’emanazione
della cartella, quanto soltanto a far constare la difformità di
quest’ultima rispetto all’atto impositivo così come risultante
all’esito del giudicato; o, per meglio dire, a far emergere la
realtà di una situazione pretensiva il cui ‘titolo’ non può più
essere rappresentato dall’originario atto di accertamento in
quanto tale, perché (parzialmente) modificato e sostituito dal
giudicato.
Obiettivi pratici che, in una fattispecie segnata invece dalla
integrale insistenza dell’originario atto di accertamento (qui
ritenuto illegittimo fin dalla sentenza CTP n. 92/6/98), non
potrebbero essere perseguiti che in sede di contrasto della
cartella su di esso basata.
Né potrebbe sostenersi – nell’attribuire irremovibile vigore al
principio di definitività dell’atto impositivo a seguito dell’
estinzione del giudizio di impugnazione – che la preclusi°
11
Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dicembre 2015

alla

taluni aspetti della pretesa – dedotti in un ‘nuovo processo’ ex

contestazione della cartella discenderebbe qui dall’acquiescenza
mostrata dal contribuente. Va infatti osservato che – una volta
affermata in linea di principio l’efficacia conformativa del
giudicato parziale progressivamente intervenuto nel giudizio di

riassunzione del giudizio di rinvio non può

ex se

implicare

manifestazione di acquiescenza rispetto alla pretesa fiscale
originaria; quanto, al più, rispetto proprio all’assetto
impositivo in quel momento risultante dal complesso delle pronunce
giurisdizionali via via emesse, ed il cui definitivo
consolidamento, ancorchè non interamente satisfattivo, ben può
rispondere all’interesse del contribuente medesimo. In maniera
tale che non di vera e propria inerzia si dovrebbe parlare, quanto
di valutazione discrezionale della più conveniente opzione
processuale.
Si osserva poi che la conclusione fin qui sostenuta non
potrebbe ritenersi inficiata dalla disciplina generale – come oggi
vigente – della riscossione frazionata del tributo in pendenza di
giudizio; disciplina generale che presuppone anch’essa, a monte,
l’esatta individuazione dell’importo dovuto dal contribuente sulla
scorta dell’esito dei vari gradi di giudizio.
Vale, in proposito, ancora la pena di rilevare come una diversa
conclusione non potrebbe sostenersi nemmeno argomentando dalla
nuova formulazione (qui considerata, per quanto pacificamente
inapplicabile

ratione temporis

alla vicenda, al solo fine di

vagliarne un’eventuale utilità interpretativa di I tema)
12
Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dicembre 2015

Il

impugnazione proposto dal contribuente – l’inerzia di questi nella

dell’art.68 l^ co. del recente decreto legislativo n. 156/15
attuativo della delega di riforma del contenzioso tributario.
Se è infatti vero che tale nuova formulazione prevede
espressamente che il contribuente debba corrispondere “(…)

riassunzione”

a seguito di cassazione con rinvio, altrettanto

indubbio è che tale previsione attua l’effetto normalmente
conseguente all’estinzione del giudizio ed alla correlata
definitività dell’atto impugnato; senza però farsi carico della
peculiarità costituita dal porsi quest’ultimo parzialmente in
contrasto con il giudicato formatosi nel giudizio estinto. Sicchè
non può dirsi che la sopravvenuta esplicitazione normativa apporti
un decisivo mutamento dei termini del problema, come fin qui
vagliati.
Va in definitiva concluso nel senso che il principio per cui
l’estinzione del giudizio tributario determina la definitività
dell’atto impositivo impugnato non rende incontestabile tale atto
allorquando esso risulti illegittimo perché in contrasto con

il

giudicato progressivamente formatosi, su alcuni aspetti della
pretesa tributaria, nel giudizio estinto.
2.1

Con il

secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate

deduce violazione di legge, per avere la corte di appello
individuato il giudicato anche in ordine alla rilevanza
dell’avviamento ed al criterio della stima della quota sociale,
nonostante che tale giudicato fosse nella specie precluso
dall’avvenuta cassazione del capo di sentenza relativo, a nlla
13
Ric.n.12014110 rg. – Ud.del 3 dicembre 2015

Il C

l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata

rilevando che l’annullamento fosse dipeso da carenza di
motivazione 7

.

§ 2.2 Altro problema concerne l’individuazione, nel caso concreto,
dei capi decisionali effettivamente coperti da giudicato.

ormai definitivamente acclarate, correttamente individuate in base
al criterio – nemmeno questo esplicitato, ma non per questo non
univocamente identificabile – per cui deve reputarsi capo autonomo
della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di
giudicato, quello che risolva una questione controversa dotata di
autonomia ed individualità; così da poter astrattamente integrare
il contenuto di una decisione del tutto indipendente 9

.

Per quanto concerne, segnatamente, le questioni devolute alla
decisione di legittimità n. 14173/03, il principio di
conservazione della sentenza di cassazione ex art.393 cpc va in
primo luogo riferito all’accoglimento del primo motivo di ricorso
formulato dall’amministrazione finanziaria, ed avente ad oggetto
la preclusione per i Testare di porre in discussione – per la
prima volta con l’impugnazione dell’avviso di rettifica e
liquidazione di maggiore imposta – la misura (50 %) della quota di
partecipazione societaria del de cujus,

in quanto già posta a base

dell’atto di liquidazione dell’imposta principale, e divenuta
definitiva per effetto della mancata impugnazione di quest’ultimo.
Non senza osservare, peraltro, come si verta di profilo favorevole
7

8
9

sant. 14173/03, § 12.
pagg. 6,7.
Cass. 10043/06; 4732/12.

14
Ric.n.12014/10 rg. – Ud.del 3 dicembre 2315

La sentenza qui impugnata enuclea puntualmente 8 le questioni

all’amministrazione, della cui ritenuta vincolatività quest’ultima
in sostanza si giova (dal che consegue finanche l’inammissibilità
per carenza d’interesse,

in parte qua,

del motivo di ricorso qui

in esame).

soluzione apprestata dalla corte di legittimità (sul secondo
motivo del ricorso colà presentato dall’amministrazione
finanziaria) al punto controverso costituito non già dalla
‘misura’

della quota ma dal

‘valore venale’

societaria detenuta dal de cujus;

della partecipazione

ciò in sede di interpretazione

dell’articolo 16, l” comma, lettera b) d.lvo 346/90, in rapporto
al previgente articolo 22 dpr 637/72. Su questo punto, deve
ritenersi intangibile, nella disciplina della fattispecie
concreta, il principio secondo cui:

“nel caso di società che hanno

pubblicato un bilancio o un inventario, sarà alla risultante di
tali atti che dovrà farsi riferimento, tenendo conto dei mutamenti
sopravvenuti; onde l’amministrazione non può procedere con
accertamento autonomo, alla determinazione del valore delle quote,
ma dovrà se del caso preventivamente contestare l’inattendibilità
o l’infedeltà del bilancio o dell’inventarlo, tenendo conto anche
di accertamenti relativi ad altre imposte. Non è invece possibile,
prescindendo dal bilancio o dall’inventario, procedere
autonomamente all’accertamento di un maggior valore della quota,
essendo invece necessario preventivamente contestare le poste

15
Ric.n.12014/10 rg. – Ud.de1 3 dicembre 2015

Il

Ulteriore aspetto coperto dal giudicato è rappresentato dalla

degli atti societari per desumerne l’infedeltà della dichiarazione
successoria” “.
L’affermazione di questo principio da parte della sentenza di
legittimità in esame non ha tuttavia comportato il rigetto

finanziaria, posto che la S.C. ha sul punto parzialmente accolto
tale motivo. Là dove, con esso, si lamentava che la sentenza di

appello nulla avesse detto a proposito della questione del valore
della quota e, in particolare, dell’avviamento aziendale;
questione che, secondo guanto stabilito dalla sentenza di
cassazione, doveva per tale ragione “essere riesaminata e risolta
in sede di rinvio”.
Orbene, come rilevato dall’agenzia delle entrate nel motivo del
presente ricorso per cassazione, la commissione tributaria
regionale ha erroneamente affermato che il giudicato si fosse
formato anche in punto avviamento e, più in generale,
determinazione del valore della quota di partecipazione del
cujus

in Arno srl, posto che la S.C.

de

“aveva cassato la sentenza

di appello e rinviato alla CTR in diversa composizione, ma solo
per la carenza di motivazione sul punto e non per aver accolto il
secondo motivo del ricorso dell’ufficio che, invece, era stato
espressamente respinto”.

Senonchè, il passaggio in giudicato

della pronuncia su capo autonomo è evidentemente precluso dalla
cassazione in quanto tale, indipendentemente dal fatto che

lo sent. 14173/03, § 11
n sent. qui impugnata, pag.7.

16
Ric.n.12014/10 rg.

Ud.del 3 dicembre 2015

integrale del motivo di ricorso proposto dall’amministrazione

quest’ultima venga disposta per vizio di motivazione invece che
per violazione o falsa applicazione di legge.
In definitiva, l’individuazione da parte della corte di
legittimità del criterio normativo qui applicabile alla stima del

sopravvenuti o contestazione delle poste degli atti societari)
lasciava impregiudicato l’esito valutativo dell’applicazione al
caso concreto del criterio così designato; sicché l’avvenuta
cassazione per omessa motivazione determinava, contrariamente a
quanto esplicitato dalla sentenza qui impugnata, non già una
preclusione corrispondente a quella che si sarebbe verificata se
il secondo motivo di ricorso fosse stato rigettato in

toto,

bensì

la necessità di ‘riesame e risoluzione in sede di rinvio’.
Nel presente motivo di ricorso l’amministrazione ha
espressamente richiesto a questa corte di rilevare l’errore di
giudizio nel quale è incorsa la commissione tributaria regionale
nella parte in cui ha ritenuto

“che nel giudizio sull’avviso di

rettifica si sia formato il giudicato anche sulla questione della
rettifica del valore della quota societaria, sull’erroneo assunto
che la statuizione della CTR al riguardo era stata cassata solo
per vizi di motivazione” 12 .

E tale errore deve in effetti essere

qui riscontrato.
3.

Sotto questo profilo, in ultima analisi, il ricorso merita

parziale accoglimento, con rinvio ad altra sezione della
commissione tributaria regionale di Torino la quale – applicato il
12

ric.pag.35.

17
Ric.n.12014/10 rg. – Ud.de1 3 dicembre 2015

valore venale della quota (valore di bilancio, salvi mutamenti

principio

di

vincolatività

del

giudicato

progressivamente

formatosi nel giudizio estinto (§ 1.2), ed escluso che tale
giudicato investa nel caso di specie la determinazione del valore
venale della quota societaria in oggetto (§ 2.2) – riesaminerà e

individuato dalla sentenza di cassazione con rinvio; provvedendo
anche sulle spese del presente giudizio.
Pqm

La Corte
accoglie per quanto di ragione il ricorso;
cassa e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della
commissione tributaria regionale di Torino.
Così deciso nella camera di consiglio della quinta sezione
civile in data 3 dicembre 2015.

risolverà questo aspetto in applicazione del criterio normativo

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