Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6856 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 6856 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BISOGNI GIACINTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Silvana Di Santo, elettivamente domiciliata in Roma,
via Baiamonti 10, presso lo studio dell’avv. Maria
Francesca Caldoro, rappresentata e difesa, per procura
a margine del ricorso, dall’avv. Carlo De . Maio che
dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al
processo presso il fax n. 081/7640779, e-mail:
studiodisabato@flashnet.it ;

-cf 2. 1D51,1

tiV1s43 cdoc_ – ricorrente –

nei confronti di

359′

Casa

di

Cura

GE.P.O.S.

s.r.1.,

elettivamente

2014
domiciliata in Roma, via XX settembre 3, presso l’avv.
Antonio Nardone (studio Michele Giorgianni e associati)

A7u

Data pubblicazione: 24/03/2014

che la rappresenta e difende, per procura speciale a
margine del ricorso; 0 11 42.31215(D1 11^

– controricorrente avverso la sentenza n. 310/2007 della Corte d’appello
di Napoli emessa in data 24 gennaio 2007 e depositata

sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto
procuratore generale dott. Pasquale Fimiani che ha
concluso per la dichiarazione

di inammissibilità o

in

subordine per il rigetto del ricorso;

Rilevato che:
1. Silvana Di Santo ha impugnato davanti al
Tribunale di Benevento la delibera dell’assemblea
straordinaria della GEPOS s.r.l. del 15 marzo
2000 di approvazione dell’aumento di capitale. Ha
lamentato la mancata indicazione nell’ordine del
giorno della misura di aumento del capitale
sociale e la disinformazione sulle reali
condizioni patrimoniali della società e sulla
presumibile perdita integrale del capitale che
non consentiva la delibera di aumento senza
preventiva reintegrazione. Ha rilevato infatti
che dalle relazioni dell’ispettore giudiziario
nominato dal Tribunale nel 1997 erano risultate
gravi irregolarità nella redazione dei bilanci
(crediti incerti della società iscritti a
bilancio per 3.487.882.800, perdita di lire

2

il 19 febbraio 2007, R.G. n. 3429/04;

588.040.893 espunta dal bilancio 1998 nonostante
non fosse stata ripianata).
2. Si è costituita la società che ha contestato
l’impugnazione rilevando che l’indicazione della
misura dell’aumento previsto del capitale era
stata discussa nella precedente assemblea

in cui era stato conferito mandato al consiglio
di amministrazione di convocare l’assemblea
straordinaria per l’aumento del capitale nella
misura di 2 miliardi di lire. Quanto alla
situazione patrimoniale la società ha contestato
le deduzioni della Di Santo rilevando che i
crediti iscritti a bilancio erano tutti certi,
liquidi ed esigibili e già riscossi o in via di
riscossione. La perdita indicata al 31 dicembre
1997 era la mera

risultante di un errore di

riclassificazione delle poste del bilancio 1997
che era stato corretto nel bilancio relativo al
31 dicembre 1999. L’aumento del capitale era
stato proposto dal

c.d.a. per adeguare strutture

e attrezzature della casa di cura agli standard
richiesti dalla Regione Campania ai fini
dell’accreditamento definitivo della società.
3. Il Tribunale di Benevento con sentenza n. 981/04
ha respinto l’impugnazione e compensato le spese
processuali.
4. Contro la sentenza ha proposto appello la Di
Santo ribadendo le difese svolte in primo grado

3

ordinaria, a cui aveva partecipato la Di Santo, e

mentre la GEPOS con appello incidentale ha
chiesto pronunciarsi l’estinzione del processo in
accoglimento della eccezione sollevata in primo
grado.
5. La Corte di appello di Napoli ha respinto
entrambi gli appelli e compensato le spese

6. Ricorre per cassazione Silvana Di Santo deducendo
omessa,

insufficiente

e

contraddittoria

motivazione circa un fatto controverso e decisivo
del

giudizio

nonché

violazione

e

falsa

applicazione di norme di diritto con riferimento
agli artt. 2423, 2423 bis, 2423 ter, 2424, 2424
bis, 2425, 2425 bis, 2426, 2427, 2428, 2429,
2446, 2447, 2491, 2494, 2495 c.c. nonché art. 360
nn. 3, 4 e 5 c.p.c.
7. La ricorrente sottopone alla Corte i seguenti
quesiti di diritto: a) se la delibera di aumento
di capitale, assunta ai sensi degli artt. 2438 e
2495 c.c. vecchia formulazione, deve essere
corredata

di

situazione

una

patrimoniale

predisposta secondo i principi di veridicità,
chiarezza, precisione posti a presidio della
redazione del bilancio di esercizio delle società
di capitali; b) se la violazione di tali
principi,

rispetto

alla

redazione

della

situazione patrimoniale, determina la nullità
della delibera di aumento di capitale; c) se,
alla luce della documentazione in atti (relazione

4

processuali del giudizio di appello.

dell’amministratore giudiziario, dott. Ranieri
Russo, dell’il settembre 2002 che ha riformulato
tutti i bilanci della GEPOS dl 1997 al 2001, ivi
compreso quello al 31 dicembre 1999, la
situazione patrimoniale

al 31 dicembre

1999,

posta a base della delibera del 15 marzo 2000,

principi di veridicità, chiarezza e precisione;
d) se, stante la

falsità di tale situazione, la

delibera straordinaria assunta dalla Gepos in
data 15 marzo 2000 andava e va dichiarata nulla e
comunque invalida, alla luce della documentazione
depositata.
Ritenuto che
8. Il quesito di diritto – dovendo assolvere alla
funzione di integrare il punto di congiunzione
tra la risoluzione del caso specifico e
l’enunciazione del principio giuridico generale non può essere meramente generico e teorico, ma
deve essere calato nella fattispecie concreta,
per mettere la Corte in grado di poter
comprendere dalla sua sola lettura, l’errore
asseritamente compiuto dal giudice di merito e la
regola applicabile e deve investire la ratio
decidendi

della sentenza impugnata, proponendone

una alternativa e di segno opposto (Cass. civ.,
sezione V, n. 3530 del 7 marzo 2012 e Cass. civ.,
sezione III, ordinanza n. 4044 del 19 dicembre
2009).

5

era falsa in quanto redatta in violazione dei

9. Nella specie la Corte di appello non ha affatto
affermato che la delibera di aumento del capitale
sociale non deve essere corredata dalla
situazione patrimoniale della società e tantomeno
ha deciso la controversia ritenendo non
necessaria la messa a disposizione dei soci della

delibera sull’aumento di capitale come
incontestatamente è avvenuto. Al contrario la
Corte di appello ha affermato che, per poter
dichiarare la nullità di una delibera di aumento
di capitale,

occorre accertare la falsità

della

situazione patrimoniale messa a disposizione dei
soci per consentire loro di deliberare conoscendo
la effettiva situazione della società e che, per
poter provare la dedotta falsità della relazione
patrimoniale, l’appellante avrebbe dovuto
produrre copia della relazione che invece non si
rinviene agli atti. La Corte distrettuale ha
rilevato poi che la nullità di una delibera di
aumento di capitale fondata su una relazione
descrittiva della situazione patrimoniale
sussiste quando dalla iscrizione •di dati
contabili non rispondenti al vero o
dall’omissione di poste derivi un concreto
pregiudizio per gli interessi tutelati dei soci
indotti in errore dall’inesatta informazione
sulla consistenza patrimoniale e sull’efficienza
economica della società.

6

situazione patrimoniale preventivamente alla

10. La Corte di appello ha anche ipotizzato che
potesse considerarsi sufficiente alla decisione
la produzione in giudizio del successivo bilancio
della società al 31 dicembre 1999 ma ha escluso,
sulla base della relazione dell’amministrazione
giudiziario sulla gestione dell’esercizio chiuso

specifiche mosse dall’appellante siano idonee a
rappresentare l’occultamento di perdite o la
inesistenza di crediti appostati in bilancio.
11. Ne deriva quindi la inconferenza del primo
quesito rispetto alla ratio decidendi della Corte
di appello e la sua astrattezza rispetto al caso
in esame estensibile agli altri quesiti che del
primo sono sostanzialmente la concatenazione
logica.
12. Per altro verso il terzo e quarto quesito
richiedono esplicitamente una riedizione del
giudizio di merito diretto all’accertamento della
falsità della situazione patrimoniale mai
prodotta in giudizio e alla conseguente
dichiarazione di nullità della delibera.
13. Tali richieste sono palesemente inammissibili
perché oltre a essere del tutto estranee alla
contestazione della citata prima ratio decidendi
avrebbero dovuto costituire l’oggetto di critiche
specificamente argomentate alla motivazione posta
alla base della subordinata ratio

decidendí

di

cui al precedente punto 10. Critiche che dovevano

7

al 31 dicembre 2000, che le contestazioni

essere

sintetizzate,

secondo

il

disposto

dell’art. 366 bis c.p.c., al fine di consentire
la chiara individuazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni
per le quali la dedotta insufficienza della
a giustificare la

decisione.
14. In base alle predette considerazioni va
dichiarata l’inammissibilità del ricorso con
condanna della

ricorrente al pagamento

delle

spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e
condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione liquidate in 6.200 euro di cui
200 per spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
10 febbraio 2014.

motivazione la renda inidonea

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