Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6855 del 24/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 24/03/2011), n.6855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

MILANO Domenico & C snc, rappresentata e difesa dall’avv.

Chiarini

Concettina, presso la quale e’ elettivamente domiciliata in Porto

Empedocle, via Agrigento n. 14;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale e’ domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia n. 52/24/07, depositata l’8 maggio 2007;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La snc Milano Dcmenico & C propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 52/24/07, depositata l’8 maggio 2007, che, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Agrigento, ha rigettato il ricorso introduttivo proposto dalla societa’ contribuente nei confronti dell’avviso di recupero del credito d’imposta ad essa riconosciuto per gli investimenti nelle aree svantaggiate, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8. Il giudice d’appello ha infatti ritenuto che l’invio della comunicazione dei dati per la ricognizione degli investimenti realizzati come prescritto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), sia previsto a pena di decadenza dal beneficio; la disposizione comporta, per i contribuenti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002, soltanto un onere futuro, e non si pone pertanto in contrasto con il principio di irretroattivita’ della norma tributaria fissato dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, come del resto non e’ pertinente il richiamo all’art. 10 dello stesso statuto del contribuente.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Il ricorso contiene tre motivi, che rispondono ai requisiti prescritti dall’art. 366-bis cod. proc. civ. Con i primi due motivi del ricorso l’amministrazione censura la sentenza, assumendo che l’invio della comunicazione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 62 non sarebbe prescritto per i contribuenti cui all’entrata in vigore della legge non residuava credito d’imposta per investimenti nelle aree svantaggiate, avendo gia’ interamente compensato il credito, ed assumendo che la previsione ad opera dell’art. 62 della detta legge, come del resto il provvedimento attuativo del Direttore dell’Agenzia delle entrate, violerebbero la L. n. 212 del 2000, art. 3, commi 1 e 2, avente valore di legge rafforzata; con il terzo motivo, denuncia l’illegittimita’ dell’atto “avviso di recupero di credito d’imposta”, privo di base legislativa e non annoverabile fra gli atti impugnabili di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 e percio’ non meritevole di autonoma tutela processuale.

Il ordine alla questione posta con il terzo motivo, questa Corte ha affermato che “gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volonta’ impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione, e come tali sono impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 anche se emessi anteriormente all’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati in compensazione: fattispecie relativa ad avviso di recupero di un credito di imposta per insussistenza dei requisiti del beneficio, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, emesso prima dell’entrata in vigore della L. n. 311 cit.”(Cass. n. 4968 del 2009).

Quanto ai primi due motivi del ricorso, si osserva che, “in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dal D.L. 12 novembre 2002, n. 253, art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e), – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, nonche’ quelli ulteriori eventualmente stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo alcun rilievo circostanza che il provvedimento del Direttore sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 3, (c.d. Statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato e’ stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilita’ della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del D.L. n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non e’ comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa” (Cass. n. 19627 del 2009 e n. 3578 del 2009).

La Corte ha in particolare chiarito che “le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente) , emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente cene principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi gia’ immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalita’, ne’ consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse: in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva disapplicato la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a) ritenendolo contrastante con la L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2 (Cass. n. 8254 e n. 19627 del 2009).

Si ritiene pertanto che, ai sensi degli artt. 375 c.p.c., comma 1, e 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;

che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte mentre la ricorrente ha depositato memoria;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, anzitutto rileva che nella parte finale della relazione, per errore, come risulta evidente dall’esame dei singoli motivi, si definisce il ricorso “manifestamente fondato”, laddove deve leggersi “manifestamente infondato”;

che il Collegio condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese vanno compensate, essendosi formato l’orientamento giurisprudenziale di riferimento successivamente all’introduzione del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Dichiara compensate le spese dell’intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2011

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