Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6854 del 24/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2011, (ud. 16/12/2010, dep. 24/03/2011), n.6854

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

D.G., rappresentato e difeso dall’avv. Sergio Nitrato

Izzo ed elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. Cocco Ilaria

in via dei Gandolfi n. 6;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 44/34/07, depositata il 2 marzo 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16 dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 44/34/2007, depositata il 2 marzo 2007, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Napoli 4, ha confermato l’annullamento dell’avviso di recupero del credito d’imposta riconosciuto per gli investimenti nelle aree svantaggiate, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, a D.G. per l’anno 2002. Il giudice d’appello riteneva infatti che l’omesso invio della comunicazione dei dati come prescritto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), non comportava la decadenza dal beneficio, ostandovi la previsione del divieto di retroattività, della rimessione in termini e della necessaria informazione del contribuente di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 3, 5 e 9;

nella specie, poi, il contribuente aveva assolto altrimenti all’obbligo di comunicazione.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366-bis cod. proc. civ., con il quale l’amministrazione censura la sentenza per aver ritenuto l’obbligo di comunicazione mediante invio del modello CVS, imposto a pena di decadenza, surrogabile da altre comunicazioni, a nulla rilevando le invocate disposizioni della L. n. 212 del 2000, anteriori alla L. n. 289 del 2002, e non aventi rango di norme costituzionali; ed assume, in particolare, la non pertinenza del richiamo al divieto di retroattività della legge tributaria per gli obblighi formali, come quello in esame, diretti al futuro accertamento, essendo il detto principio limitatamente valido per le norme sostanziali che fissano tributi per un tempo anteriore alla loro vigenza.

Questa Corte ha affermato che l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto modello CVS) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Cass. n. 3578 e n. 16442 del 2009).

Ed ha inoltre chiarito che le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario, sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie (anche anteriori), ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria; conseguentemente, non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse: in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva disapplicato la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), ritenendolo contrastante con la L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2, (Cass. n. 8254 del 2009).

Si ritiene pertanto che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1 e art. 380-bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente fondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

vista la pronuncia di questa Corte n. 15768 del 2003, in tema di tempestività dell’avviso d’udienza;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere accolto, la sentenza deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente;

che le spese di lite possono essere compensate, essendosi formato l’orientamento giurisprudenziale di riferimento successivamente all’introduzione del giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2011

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