Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6852 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 6852 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 19204-2009 proposto da:
FRABONI

PAOLINO,

in proprio e quale titolare

dell’omonima azienda agricola C.F. FRBPLN27C270071E,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE
78, presso lo studio dell’avvocato STUDIO LEGALE BDL,
rappresentato e difeso dagli avvocati NICOLINI CARLO
2014

ALBERTO, CINELLI MAURIZIO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

354

contro

MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE
SOCIALI,

in persona del Ministro pro tempore,

Data pubblicazione: 24/03/2014

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controri corrente nonchè contro

– intimata –

avverso la sentenza n. 229/2009 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 12/06/2009 r.g.n. 1200/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/01/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato NICOLINI CARLO ALBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI PESARO URBINO;

R. Gen. N. 19204/2009
Udienza 30.1.2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza n. 229 del 2009 la Corte d’Appello di Ancona accoglieva
l’appello proposto dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche socialiDirezione Provinciale del Lavoro di Pesaro Urbino e, riformando la sentenza del
Tribunale, respingeva l’opposizione proposta dal sig. Paolino Fraboni avverso

violazioni di cui agli artt. 5 comma 1 del D.1.vo 375/1993 (omessa presentazione di
denuncia aziendale) e 36 bis comma 7 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, conv. dalla L. 4
agosto 2006, n. 248 (impiego di n. 8 lavoratori non risultanti dalle scritture contabili
obbligatorie) e gli era stato intimato il pagamento della somma di € 30.098,00 a titolo
di sanzioni amministrative, oltre a spese di notifica.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Fraboni, affidato a sei
motivi, cui ha resistito il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. nonché osservazioni alle
conclusioni del Pubblico Ministero ex art. 379 u.c. c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Come primo motivo il ricorrente lamenta “Error in procedendo, per omessa
considerazione dell’inosservanza, da parte dell’ente opposto, delle norme in tema di
proposizione e notificazione dell’atto di appello, e dunque della sua inammissibilità
nella specie, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado;
violazione e falsa applicazione degli artt. 324,325,326,327,342 e 347 c.p.c. e dell’art.
26 del D.Igs. n. 40 del 2006”.
Ribadisce il motivo d’appello disatteso dalla Corte anconetana riferendo che
l’Avvocatura aveva introdotto l’appello con ricorso, anziché con citazione, e non
aveva provveduto a notificare l’atto, che era stato notificato a cura della cancelleria
ed indirizzato alla parte personalmente e non al difensore presso il domicilio eletto.
L’appello era quindi inammissibile per intervenuto passaggio in giudicato della
sentenza del Tribunale.
2. Il motivo non è fondato.
Il principio – acquisito nella giurisprudenza di questa Corte – di ultrattività del
rito comporta che, ove il giudice di primo grado abbia definito la controversia
Paola c4inoy, estensore
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l’ordinanza-ingiunzione n. 1194/2008 con la quale gli erano state contestate le

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applicando un rito speciale, la proposizione dell’appello deve avvenire applicando il
medesimo rito (Sez. 3, Sentenza n. 10278 del 16/07/2002, Sez. 3, Ordinanza n.
30201 del 23/12/2008, Sez. U, Sentenza n. 4617 del 25/02/2011). Esso è di portata
generale, né è stato derogato dall’art. 26 del D.lgs. n. 40 del 2006, e quindi
correttamente il Giudice d’appello ha ritenuto che esso operi anche nel caso di

ordinanza-ingiunzione.
Il ricorrente lamenta poi che la notifica è stata effettuata a cura della
cancelleria.
In relazione a tale aspetto, si rileva in primo luogo che la notifica è un atto finalizzato
a consentire la conoscenza degli atti da parte del destinatario, sicché quando tale
risultato venga effettivamente perseguito deve prevalere il principio di strumentalità
delle forme processuali (affermato ancora da ultimo da Cass. Sez. U, Sentenza n.
22726 del 03/11/2011) e devono essere salvaguardati gli effetti conseguiti. Nel caso,
peraltro, l’iniziativa della cancelleria ha costituito pur sempre la realizzazione di una
sollecitazione processuale della parte. Non può quindi ritenersi che si sia verificata
un’ipotesi di inesistenza della notifica, che postula che la difformità dal modello
legale sia tale che il fenomeno verificatosi risulti inidoneo ad inserirsi nello sviluppo
del processo (Cass. n. 4753/2000, n 7217/2001), ed un’eventuale nullità resterebbe
comunque sanata dalla costituzione in giudizio del notificato, costituzione che nel
caso vi è stata.
Alle stesse conclusioni deve giungersi per il fatto che la notifica è avvenuta
presso la parte personalmente e non presso il difensore costituito per il precedente
grado, trattandosi di vizio che viene comunemente ritenuto configurare un’ ipotesi di
nullità sanabile (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25364 del 29/11/2006, Sez. 5, Sentenza n.
9362 del 27/06/2002, Sez. 2, Sentenza n. 4356 del 07/04/2000).
Correttamente pertanto la Corte di merito ha ritenuto ammissibile l’appello.
3. Come secondo motivo il ricorrente deduce “Violazione, falsa ed errata
applicazione dell’art. 14 della L. n. 689 del 1981”.
Lamenta che la Corte abbia ritenuto che la notifica dell’illecito, avvenuta in
data 8 maggio 2007, fosse tempestiva, considerato che il primo accertamento dei fatti
Paola Q1inoy, estensore
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procedimento d’appello avverso la sentenza che ha giudicato un’opposizione ad

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era avvenuto con l’accesso ispettivo degli ispettori di Ancona del 5 ottobre 2006 ,
che i verbali erano stati inviati alla D.P.L. di Pesaro Urbino in data 1.3.2007, sicché
vi era stato un periodo di totale inerzia dell’amministrazione.
4. Come terzo motivo, deduce “Omessa, insufficiente ed illogica motivazione
su un punto decisivo della controversia”.

dell’illecito, ha fatto decorrere il relativo termine dalla data in cui il consulente del
lavoro della ditta aveva esibito ai verbalizzanti la documentazione in suo possesso, si
duole del fatto che non sia stata fornita contezza della consistenza di
quell’accertamento, del quale la D.P.L. non ha mai fornito i verbali, né si sia
argomentato il motivo per cui la richiesta abbia potuto completare il materiale
istruttorio, dal momento che l’oggetto dell’addebito era proprio l’omissione della
predisposizione della documentazione.
5 Al secondo e terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in
quanto connessi, sono infondati.
L’art. 14 II comma della L. 689 del 1981 dispone che “Se non e’ avvenuta la
contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma
precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati
residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a
quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni
dall’accertamento”.
Secondo la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte tale
disposizione, nel riferirsi all’accertamento e non alla data di commissione della
violazione, va intesa nel senso che il termine di 90 giorni comincia a decorrere dal
momento in cui e’ compiuta o si sarebbe dovuta compiere, anche in relazione alla
complessità o meno della fattispecie, l’attività amministrativa volta a verificare tutti
gli elementi dell’infrazione. L’accertamento non coincide quindi con la generica ed
approssimativa percezione del fatto, ma con il compimento delle indagini necessarie
per riscontrare, secondo le modalità previste dall’art. 13, l’esistenza di tutti gli
elementi dell’infrazione, e richiede la valutazione dei dati acquisiti ed afferenti agli
elementi dell’infrazione e la fase finale di deliberazione, correlata alla complessità
Paol Ghinoy, estensore

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Dopo avere premesso che la Corte anconetana, nel ritenere tempestiva la notifica

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delle indagini tese a riscontrare la sussistenza dell’infrazione medesima e ad acquisire
piena conoscenza della condotta illecita ed a valutarne la consistenza agli effetti della
corretta formulazione della contestazione (ex plurimis Cass. n. 26734/2011 e n.
25836/2011).
Al fine di comprendere la portata di tali affermazioni, occorre tenere presente che il

all’amministrazione di avere piena contezza degli estremi, oggettivi e soggettivi,
della condotta realizzata, nonché della sua ricomprensione nella fattispecie astratta
prevista dalla norma sanzionatoria. La correttezza e completezza dell’accertamento
rispondono quindi sia all’interesse pubblico connaturato alla funzione pubblica svolta
dall’ente accertatore, sia all’interesse dello stesso autore della condotta al fine di
un’adeguata ponderazione della sua (eventuale) responsabilità.
A tale esigenza si contrappone peraltro quella del!’ ipotizzato autore della condotta di
vedere concluso l’accertamento in tempi brevi, sia per definire la propria posizione
incerta sia per poter eventualmente apprestare una pronta ed adeguata difesa.
Nel contemperamento di tali esigenze, occorre quindi effettuare una valutazione di
ragionevolezza dei tempi impiegati per l’accertamento, al fine di ritenerne la
complessiva congruità (o meno) rispetto alla duplice esigenza sopra individuata.
In tale ambito assumono rilievo tutte le complesse attività finalizzate
all’accertamento, tra cui rientrano non solo gli atti di indagine effettuati, ma anche il
tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli
elementi già acquisiti, onde ritenerne l’incidenza e la sufficienza ai fini della
completa disamina di tutti gli aspetti della fattispecie, nonché gli atti preliminari che
non hanno sortito effetto (come le convocazioni di informatori che non hanno avuto
esito).
Dalla narrativa della sentenza impugnata si evince che in data 5 ottobre 2006
la DPL di Ancona aveva effettuato un accesso ispettivo presso la ditta Fraboni
Giuseppe (figlio del ricorrente) di Arcevia (AN). In quella sede dalle dichiarazioni
rilasciate dai lavoratori venivano altresì rilevate violazioni commesse da Fraboni
Paolino, titolare dell’omonima azienda agricola i cui terreni sono situati in provincia
di Pesaro- Urbino. La D.P.L. di Ancona provvedeva quindi ad informare la D.P.L. di
Paola hinoy, estensore
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procedimento di accertamento della violazione è finalizzato a consentire

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Pesaro, cui il 1 marzo venivano trasmessi gli atti e che il 12 aprile 2007 disponeva
autonomo accesso ispettivo presso l’azienda di Fraboni Paolino. Il verbale di
accertamento veniva quindi redatto il 7 maggio 2007, pochi giorni dopo che il
consulente del lavoro della ditta aveva esibito ai verbalizzanti la documentnione in
sui possesso, e notificato il 8 maggio.

dell’interpretazione dell’art. 14 II comma della L. 689/1981 sopra richiamata e – con
valutazione di merito insindacabile in questa sede – ha valorizzato l’attività compiuta
ed ha concluso che solo all’esito della stessa potevano ritenersi realizzate le
necessarie fasi valutative e deliberative, nell’ambito delle quali non poteva non
rientrare la richiesta di documentazione al consulente del lavoro, necessaria proprio
per valutare la correttezza degli adempimenti formali realizzati in ordine alle
assunzioni dei lavoratori. Il tempo intercorso tra l’ accesso ispettivo da parte della
D.P.L. di Ancona presso l’azienda del figlio del ricorrente (5 ottobre 2006) e la data
in cui questa ha inviato il verbale alla D.P.L. di Pesaro-Urbino (1.3.2007) è stato poi
motivatamente ritenuto dalla Corte di merito compreso nel tempo necessario per
l’accertamento, considerato che la prima Amministrazione del tutto occasionalmente
era venuta a conoscenza di violazioni di competenza della seconda, non essendo
preposta al relativo accertamento, sicché doveva valutare la sussistenza di elementi
che potessero determinarne l’autonomo intervento.
6. Come quarto motivo il ricorrente deduce “Omessa, insufficiente ed illogica
motivazione su un punto decisivo della controversia”.
Lamenta che la Corte abbia ritenuto che l’intervenuta regolarizzazione
manifestasse la fondatezza della pretesa sanzionatoria, omettendo di spiegare in che
cosa essa consistesse . Riferisce di avere semplicemente realizzato alcuni
adempimenti formali (provvedendo ad effettuare le dovute comunicazioni agli enti
preposti – Inps, Inail, Prefettura per i lavoratori extracomunitari- e redigendo le
lettere di assunzione) al solo fine di evitare che gli importi addebitati con
l’ordinanza-ingiunzione subissero aumenti. Specifica che la Corte avrebbe omesso di
considerare:

. .p,.._, estensore

Paola hinoy,

7

La Corte di merito appare avere fatto corretta applicazione

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che le comunicazioni erano state effettuate successivamente all’accesso
ispettivo:
che gli adempimenti determinavano la riduzione delle sanzioni ex art. 13 del
D.lgs. n. 124 del 2004;
che egli aveva contestato, sia in sede amministrativa che in giudizio, gli

stata fatta a soli fini cautelari.
7. Tale motivo è inammissibile per violazione dei principi di autosufficienza
del ricorso e di decisività della censura ai fini del decidere (sui quali ex plurimis v.
Sez. 6 – L, ordinanza n. 17915 del 30/07/2010).
La Corte d’Appello ha ritenuto che l’intervenuta regolarizzazione “appare
tale, da escludere ogni possibile questione” relativa al merito della pretesa azionata
dalla Direzione Provinciale del Lavoro.
Con il riportato motivo di ricorso, il deducente contesta la correttezza di tale
valutazione, senza tuttavia fornire adeguati elementi di riscontro delle proprie
affermazioni. Sarebbe stato infatti necessario conoscere – mediante richiamo e
produzione della relativa documentazione – quali erano stati gli adempimenti posti in
essere ai fini della regolarizzazione ed il contenuto delle dichiarazioni allo scopo
inoltrate agli organi competenti, onde poter valutare la concreta incidenza a fini
invalidanti delle (generiche) affermazioni richiamate in questa sede al fine di
sminuirne la portata e il contenuto.
8. Come quinto motivo il ricorrente deduce “violazione, falsa e mancata
applicazione dell’art. 8 comma 2 della L. n. 689 del 1981; violazione degli artt. 5 del
D.Igs. n. 375 del 1993, e 3, comma 3 , del D.L. n. 12 del 2002, conv. nella L. n. 73
del 2002, come modificato dal D.L. n. 223 del 2006, conv. nella L. n. 248 del 2006”.
Lamenta che la Corte abbia respinto la richiesta di applicazione del cumulo
giuridico ex art. 8 commi 1 e 2 della L. 689 del 1981 ritenendo che esso sia limitato
alle norme in materia di previdenza e assistenza, trascurando il fatto che le
contestazioni si riferiscono ad omissioni nei rapporti tra impresa ed anti
previdenziali.

Paola Ghinoy, estensore
8

addebiti, e il consulente del lavoro aveva riferito che la regolarizzazione era

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9. Come sesto motivo deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 8
comma 1 della L. 689 del 1981. Lamenta che la Corte neppure abbia ritenuto
applicabile il criterio del cumulo giuridico previsto da detta norma, malgrado esso
non sia espressamente riservata alla materia previdenziale.
10. Anche il quinto e il sesto motivo sono inammissibili, in quanto non viene

alla determinazione della sanzione, sicché non è dato comprendere quale sia stato il
metodo di calcolo adottato dall’Amministrazione, né l’incidenza sugli importi dell’
applicazione del metodo richiesto dal ricorrente.
11. Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Le spese processuali del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate
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come da dispositiveVin applicazione dei criteri previsti dal DM 140 del 2012, che si
applica, a mente del suo art. 41, alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore
e quindi al 23.8.2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio, liquidate in € 3.000,00 per compensi professionali ed € 100,00
per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30.1.2014

riportato l’esatto contenuto dell’ordinanza-ingiunzione opposta nella parte relativa

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