Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6851 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 6851 Anno 2016
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

SENTENZA

sul ricorso 27297-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
2830

TRUSSARDI LOREDANA;

– intimata

avverso la sentenza n. 77/2008 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 15/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 08/04/2016

udienza del 01/10/2015 dal Consigliere Dott. CAMILLA
DI IASI;

udito per il ricorrente

l’Avvocato URBANI NERI che

insiste nel ricorso;
udito il

P.M.

in persona L-M

Sogliluto Prtlum.,11( rí.

l’accoglimento del 2° motivo,

assorbito il 1° motivo,

in subordine accoglimento del l° motivo, assorbito il
2 0 motivo di ricorso.

Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per

ricorso n. 27297/09

Considerato in fatto
L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti di Loredana Trussardi, che non si è costituita, per la
cassazione della sentenza n. 77/36/08 con la quale, in controversia concernente impugnazione di
cartella di pagamento per Irpef relativa all’anno 1998, la C.T.R. della Lombardia ha confermato la
sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso introduttivo della contribuente rilevando che la
cartella opposta recava un evidente errore in quanto l’avviso di accertamento si riferiva ad una base
imponibile di £ 22.830.000 mentre sanzioni ed interessi erano stati calcolati su di una base
imponibile di £ 722.830.000 e che, se pure l’Ufficio aveva corrispondentemente sgravato la cartella
originaria della parte in eccesso riferibile al suddetto errore riducendo così l’importo, ciò non
poteva ritenersi sufficiente essendo invece necessaria l’eliminazione del titolo errato e l’emissione
di altro titolo idoneo per la riscossione delle imposte dovute.
Ritenuto in diritto
Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt.2 d.m. 37/1997 in
combinato disposto con gli artt. 1419, 1430, 1367 c.c,. nonché 21 octies 1. 241/1990, l’Agenzia
ricorrente afferma che quando, come nella specie, per errore di calcolo sia stata utilizzata una
erronea base imponibile, è nel potere dell’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere di
annullamento di ufficio, procedere ad annullare parzialmente l’atto riducendo così la pretesa fiscale
alla somma effettivamente dovuta.
Col secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c., la ricorrente si duole del fatto che i
giudici della C.T.R. non si siano in alcun modo pronunciati sul motivo di appello riguardante
l’inammissibilità del ricorso introduttivo per violazione dell’art. 39 c.p.c., avendo la Trussardi già
proposto dinanzi alla C.T.P. di Milano, avverso la medesima cartella e denunciando il medesimo
errore, ricorso recante il n. 3526/05.
E’ preliminare l’esame del secondo motivo di ricorso. Esso è infondato.
Non risulta che i giudici della CTR abbiano effettivamente omesso di pronunciarsi sul motivo di
appello di cui sopra, emergendo invece che pure su tale motivo di impugnazione i suddetti giudici si
siano pronunciati anche motivando la relativa decisione, sia pure in maniera implicita e sintetica.
In particolare, dalla lettura della sentenza in esame risulta che secondo i giudici d’appello ciò che
era in discussione non era (più) l’erroneità dell’atto impugnato bensì, sostanzialmente, il diritto del
contribuente ad ottenere la completa eliminazione (e sostituzione) dell’atto errato e non la sua
correzione, dovendosi da tale affermazione dedurre che, nella ricostruzione della sentenza
impugnata, oggetto della presente controversia non era (più) l’atto originario in quanto tale, bensì
l’atto siccome (soltanto) corretto e non sostituito. Se questa è la ricostruzione logico-giuridica che
sembra sostenere il ragionamento decisorio, essa (ove non condivisa) poteva essere oggetto di
censura per errores in iudicando, non per omessa pronuncia.
Il primo motivo è invece fondato. Riconosciuto il potere generale di autotutela in capo alla pubblica
amministrazione ed in particolare riconosciuto il potere del Fisco di procedere d’ufficio
all’annullamento dei propri atti ritenuti illegittimi o infondati, nessuna norma esclude la possibilità
dell’annullamento parziale dei predetti atti né tale esclusione risulta ricavabile dal sistema, dal quale
è invece al contrario ricavabile un più generale principio di “conservazione” degli atti medesimi.
Deve pertanto affermarsi la piena legittimità, in sede di autotutela, dell’annullamento parziale da
parte dell’amministrazione finanziaria di propri atti eventualmente affetti da errori, essendo peraltro
appena il caso di evidenziare che l’annullamento parziale di un atto impositivo risulta largamente
praticato dall’amministrazione finanziaria e riconosciuto dalla giurisprudenza.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio al medesimo giudice in diversa
composizione perché decida la controversia facendo applicazione del principio di diritto sopra
esposto e provveda altresì sulle spese del presente giudizio di legittimità.

SENTENZA

P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo. Cassa la sentenza impugnata e
rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. della Lombardia
Così deciso in Roma il 1 0 .10.2015

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