Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6850 del 11/03/2020
Cassazione civile sez. trib., 11/03/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 11/03/2020), n.6850
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 1149-2018 proposto da:
SEMINARIO VESCOVILE DI (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,
presso lo studio dell’Avvocato FRANCESCO LUIGI BRASCHI, che lo
rappresenta e difende assieme all’Avvocato MARCELLO MENDOGNI giusta
procura speciale estesa in calce al controricorso;
– ricorrente –
contro
CONSORZIO DI BONIFICA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso lo studio
dell’Avvocato CARLO BALDASSARRI, che lo rappresenta e difende
assieme all’Avvocato GIUSEPPE CONOSCENTI giusta procura speciale
estesa in calce al ricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2067/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della TOSCANA, depositata il 27/9/2017;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’8/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA
DELL’ORFANO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il Seminario Vescovile di (OMISSIS) propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 160/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Massa Carrara in rigetto del ricorso proposto avverso cartella esattoriale con cui era stato richiesto il pagamento del contributo dovuto al Consorzio di Bonifica (OMISSIS) (succeduto all’estinta Unione dei Comuni Montana Lunigiana) indicato in epigrafe per l’anno 2010.
Il Consorzio si è costituito con controricorso, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo di ricorso il Seminario denuncia violazione di legge (D.Lgs. n. 42 del 2004, artt. 10 e 12) lamentando che la CTR avrebbe erroneamente negato l’applicazione “delle agevolazioni, previste dalla disciplina applicabile al caso di specie, per gli immobili di interesse storico e artistico” affermando la “natura costitutiva” del provvedimento di tutela, ovverosia del “decreto ministeriale di attribuzione della qualità di bene di rilevanza culturale”, sostenendo invece il ricorrente che per i beni che appartengono agli enti ecclesiastici, realizzati da autore non più vivente e la cui esecuzione risalga a oltre settanta armi, come il fabbricato rientrante tra i beni oggetto di imposizione, vige una presunzione di interesse storico culturale fino alla conclusione dell’apposito procedimento di verifica e pertanto, il provvedimento ministeriale di tutela, che ne dichiara l’interesse storico artistico, ha valore meramente ricognitivo.
1.2. La censura in esame è infondata, ancorchè per ragioni diverse da quella indicata dalla CTR, dianzi riportata, la cui motivazione sul punto va corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..
1.3. In tema di regime fiscale degli edifici riconosciuti di rilievo culturale ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004 la particolare disciplina per la determinazione del reddito prevista dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 11 e per la determinazione della base imponibile ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), prevista dalla L. 1 giugno 1939, n. 1089, art. 3, trova, infatti, applicazione solo nell’ambito della materia per la quale è stata dettata, e cioè per le imposte sui redditi e sulla proprietà di immobili, considerata anche la sua natura derogatoria rispetto al principio generale, stabilito dall’art. 53 Cost., di assoggettamento ai tributi delle manifestazioni della capacità contributiva (cfr. con riguardo alle imposte sui redditi Cass. n. 17152/2004).
1.4. Tali norme, pertanto, non possono applicarsi ai fini della determinazione dei contributi consortili, oggetto della cartella esattoriale impugnata in tale sede.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in rubrica, “violazione o falsa applicazione di norme di diritto- violazione della legge regionale Toscana n. 79/2012 – error in iudicando – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti manifesta irragionevolezza – eccesso di potere giurisdizionale per omessa statuizione circa il difetto di motivazione della cartella esattoriale impugnata omesso esame di un documento decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
2.2. Si lamenta, in particolare, che la CTR abbia omesso di valutare che la cartella esattoriale era “stata emessa senza l’indicazione del piano di contribuenza” e che l’ente impositore non avesse quindi “dimostrato la sussistenza di un beneficio per l’immobile di proprietà dell’ente; immobile che si trova nell’area urbana della città e che, pertanto, difficilmente…(poteva)… trarre beneficio da attività di bonifica”, giungendo invece erroneamente alla conclusione che “la richiesta di versamento del contributo sarebbe legittima per il sol fatto che l’immobile risulta incluso nel perimetro di contribuenza e che, in ogni caso, debba essere il contribuente a dimostrare l’assenza di qualsivoglia beneficio derivante dall’intervento consortile”.
2.3. Le censure vanno disattese.
2.4. Ricorre, in proposito, quanto stabilito dalle SS.UU. n. 11722 del 14/05/2010 (proprio in fattispecie di riscossione di contributi consortili, ai sensi del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 21), secondo cui “la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione. Tale motivazione può essere assolta “per relationem” ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinchè il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità e l’atto richiamato, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazionè, non deve essere necessariamente allegato alla cartella – secondo una interpretazione non puramente formalistica della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, (c.d. Statuto del contribuente) – sempre che in essa siano indicati nella cartella i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione”.
2.5. I requisiti motivazionali necessari e sufficienti, così come individuati da questo indirizzo giurisprudenziale, sono in effetti rinvenibili nella cartella di pagamento in questione (allegata al ricorso), la quale conteneva espresso riferimento al “piano di classifica”, al “piano di riparto”, e ai criteri di calcolo del tributo.
2.6. Non assume rilevanza che nella cartella non fosse trascritto nè allegato il piano di classifica con il relativo perimetro di contribuenza, atteso che questi atti venivano richiamati dalla cartella stessa a valere (anche per quanto concerne l’esatta individuazione del perimetro di contribuenza, e dei criteri di calcolo e ripartizione del contributo di bonifica tra i vari consorziati) quale motivazione per relationem, e ciò con riguardo ad un piano di classifica della cui delibera di approvazione si fornivano, in cartella, gli esatti estremi, e che era stato assoggettato alle forme di pubblicazione e di accesso proprie di tutte le delibere della comunità montana.
3. Il ricorso, sulla scorta di quanto sin qui illustrato, va quindi integralmente respinto.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del Consorzio controricorrente, delle spese processuali che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 8 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020