Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6849 del 22/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 22/03/2010), n.6849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

172, presso lo studio dell’avvocato PANICI PIER LUIGI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DI CIOLLO FRANCESCO,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.CO.EL. s.a.s. DI STRAVATO GERARDO & C, già I.CO.EL. s.r.l.,

in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 205, presso lo studio

dell’avvocato PADRONI MAURO, rappresentata e difesa dagli avvocati

PALAZZO VIRGINIO, STRAVATO NADIA, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2185/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/02/2006 R.G.N. 5373/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/02/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato PALAZZO VIRGINIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo: che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

C.G. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 9 febbraio 2006, che, riformando in parte la decisione del Tribunale di Latina nella controversia proposta dal ricorrente nei confronti della I.Co.EL. sas di Stravato Gerardo & C, ha respinto le domande riguardanti l’impugnativa di licenziamento.

Il ricorso è articolato in due motivi.

La società ha depositato controricorso, nonchè memoria.

Con il primo motivo si censura l’affermazione sulla base della quale la Corte ha escluso l’applicabilità della disciplina sulle riduzioni del personale, costituita dal fatto che l’onere della prova del recesso di almeno cinque dipendenti nell’arco di 120 giorni grava sul lavoratore che impugna il licenziamento.

Tale conclusione non viene ritenuta condivisibile perchè il lavoratore ha a sua disposizione limitati strumenti probatori, mentre la azienda dispone di documentazione costituita dalle lettere di licenziamento, dai libri paga e matricola e dalle comunicazioni agli uffici del lavoro.

Il secondo motivo riguarda la parte della decisione che ha comunque escluso la sussistenza di un giustificato motivo oggettivo. Si censura la sentenza per aver ritenuto la sussistenza di un motivo oggettivo di giustificazione del licenziamento, mentre i testi escussi hanno confermato che l’attività lavorativa è proseguita ininterrottamente e il ramo tessile dell’azienda ha proseguito la sua attività sotto il capo reparto M.O.. Infine si afferma che la sentenza non dedica nessun commento all’obbligo di repechage.

Entrambi i motivi sono infondati.

L’onere della prova in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla L. n. 223 del 1992, art. 24, per il licenziamento per riduzione del personale grava su chi assume che il licenziamento ha tali caratteristiche. Quindi, sul datore di lavoro, o viceversa, sul lavoratore, a seconda di chi sostenga che il licenziamento presenta i requisiti i indicati dalla L. n. 223 del 1992, art. 24 (“le disposizioni di cui all’art. 4, commi da 2 a 12, e all’art. 5, commi da 1 a 5, si applicano alle imprese che occupino più di quindici dipendenti e che, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendano effettuare almeno cinque licenziamenti, nell’arco di centoventi giorni, in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell’ambito del territorio di una stessa provincia, tali disposizioni si applicano per tutti i licenziamenti che,nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione”).

Non rileva in materia la previsione sull’onere della prova dettata dalla L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 5 (“L’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro”), perchè essa concerne la prova della giusta causa o del giustificato motivo e perchè, ai sensi della citata legge, art. 11, “la materia dei licenziamenti per riduzione del personale è esclusa dalla disposizioni della presente legge”.

Il secondo motivo è parimenti infondato perchè si sostanzia in una censura attinente alla valutazione delle prove acquisite. La Corte di merito ha focalizzato il motivo di licenziamento dedotto dall’impresa ed ha vagliato le prove fornite a sostegno e, più in generale le risultanze dell’istruttoria svolta. La motivazione sul punto è adeguata e priva di incoerenze. La diversa valutazione del quadro probatorio proposta dal ricorrente, si risolve in una richiesta di rivalutazione del merito della controversia che non può essere effettuata nel giudizio di legittimità.

Il ricorso pertanto deve essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione alla controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 19,00, nonchè 2.000,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2010

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