Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6849 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 11/03/2020), n.6849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico President – –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24316-2017 proposto da:

C.M., D.L.A., D.L.C.,

D.L.M., elettivamente domiciliati in ROMA, presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’Avvocato

VINCENZO GRANIERO giusta procura speciale estesa in calce al

ricorso.

– ricorrenti –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA MONTANA DEL GARGANO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato NICOLA ZINGRILLO giusta procura speciale estesa

in calce al controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1391/27/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata il 12/4/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’8/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA

DELL’ORFANO;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’8/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA

DELL’ORFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale STANISLAO

DE MATTEIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato NICOLA ZINGRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

C.M., D.L.C., D.L.M. ed D.L.A. propongono ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia aveva accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza n. 2036/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Foggia in accoglimento del ricorso proposto avverso cartella esattoriale con cui era stato richiesto il pagamento del contributo dovuto al Consorzio indicato in epigrafe per l’anno 2009.

Il Consorzio resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso i contribuenti lamentano violazione della L.R. n. 8 del 2005, art. 2, avendo i Giudici di appello affermato l’inapplicabilità al presente caso della suddetta disposizione legislativa in quanto il Consorzio risultava avere presentato entro i termini previsti dalla predetta legge il piano di contribuenza e tale legge disciplinava, dunque, solo i Consorzi che non avevano presentato i piani di contribuenza.

1.2. La doglianza è infondata ancorchè per ragioni diverse da quella indicata dalla CTR, la cui motivazione sul punto va corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c..

1.3. Come contestato anche dal Consorzio controricorrente, aì sensi della L.R. Puglia n. 12 del 2005, art. 24, (norma avente carattere interpretativo, come espressamente attribuito dal legislatore, il che priva di fondamento le contestazioni formulate al riguardo dai ricorrenti) il Consorzio del Gargano era escluso, senza alcuna limitazione, dall’applicazione delle norme di cui alla cit. L.R. n. 8 del 2005, (“Interpretazione autentica della L.R. 11 agosto 2005, n. 8. – Le disposizioni contenute nella L.R. 11 agosto 2005, n. 8 (Disposizioni in materia di Consorzi di bonifica), vanno riferite a tutti i Consorzi di bonifica della Puglia a eccezione di quelli del (OMISSIS) e di (OMISSIS)”).

2.1. Con il secondo motivo di ricorso i contribuenti lamentano violazione di legge (L. n. 212 del 2000, art. 7, L.R. Puglia n. 12 del 2011, art. 3, D.L. n. 248 del 2007, art. 27, conv.) relativamente alla mancata indicazione, nella cartella impugnata, delle modalità di calcolo e della natura del contributo richiesto, non essendo stati neppure specificati i contributi ottenuti dagli Enti a ciò preposti (Stato o Regione).

2.2. La censura è inammissibile trattandosi di doglianza sostanzialmente diretta alla cartella esattoriale e non alla sentenza impugnata, che invero non ha in alcun modo affrontato la questione.

3.1. Con il terzo motivo di ricorso i contribuenti lamentano violazione del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, e delle L.R. n. 27 del 2003, L.R. n. 12 del 2011, e L.R. n. 4 del 2012, in quanto i Giudici di appello avevano desunto il vantaggio per il fondo di parte ricorrente per via delle opere di manutenzione eseguite a cura del Consorzio sul territorio nel suo complesso, affermando così un obbligo di contribuenza indifferenziato e generalizzato a prescindere dal beneficio dei singoli immobili in contrasto con la norma indicata.

3.2. La censura è infondata.

3.3. L’esistenza di un beneficio o vantaggio diretto per il contribuente cui subordinare il pagamento dei contributi consortili è questione già affrontata e risolta da questa Corte con unanime giurisprudenza secondo la quale la adozione del cd. “perimetro di contribuenza” esonera il Consorzio dall’onere della prova della esistenza dei concreti benefici derivati a ciascun fondo dalle opere di bonifica (cfr. Cass. nn. 19509/2004, 4605/2009; SU n. 26009/2008, 17066/2010, SU n. 11722/2010) riversandosi sul contribuente la prova della inefficacia dei fatti costitutivi della pretesa, ovvero la estinzione o modificazione del diritto di credito vantato dal Consorzio.

3.4. L’indicata interpretazione della regola di riparto ha ricevuto ulteriore precisazione nelle decisioni rese a SS.UU. in data 30.10.2008 nn. 26009, 26010 e 26012 e, quindi, nella sentenza delle SSUU 14.5.2010 n. 11722 che hanno circoscritto la presunzione di persistenza del diritto del Consorzio, avente titolo nel provvedimento di perimetrazione, all’ipotesi in cui il consorziato non contesti specificamente la legittimità del Piano di classificazione e riparto o la inesattezza del suo contenuto, in quanto, in tal caso, venendo meno il presupposto che determina la presunzione di legittimità della pretesa contributiva viene conseguentemente meno anche la giustificazione dell’inversione dell’onere probatorio che fa gravare sul consorziato la prova della difformità della pretesa rispetto all’an od al quantum dovuto in base ai criteri stabiliti dagli atti amministrativi presupposti.

3.5. Ne consegue che nell’ipotesi in questione ritorna in vigore la ordinaria disciplina codicistica ex art. 2697 c.c., secondo cui colui che intende far valere un diritto (il Consorzio) è tenuto a fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa.

3.6. Poichè nella fattispecie concreta sottoposta all’esame di questa Corte non risultano denunciati vizi di legittimità del Piano di classificazione o del provvedimento di perimetrazione nè risulta contestato che l’immobile dei contribuenti fosse “ricompreso nell’area delimitante i confini del Consorzio” le censure dei contribuenti si risolvono in generiche contestazioni circa l’assenza di benefici derivanti al fondo da cui deriverebbe la mancata realizzazione del presupposto impositivo (e cioè il nesso di derivazione causale dalle opere di bonifica del concreto e diretto vantaggio per il fondo di proprietà del contribuente).

3.7. Persiste quindi l’attuale presunzione di legittimità della pretesa tributaria avanzata dal Consorzio, fondata sul presupposto impositivo del conseguimento o della conseguibilità del vantaggio R.D. n. 215 del 1933, ex art. 11, (come valutato nel Piano), non dovendo l’ente pubblico fornire ulteriori elementi probatori del credito, poichè in tal caso l’onere della prova contraria si trasferisce sul consorziato il quale, ove contesti l’inesistenza dei fatti costitutivi del diritto di credito (come nella specie, per assenza di un concreto vantaggio conseguito dal fondo per mancato funzionamento degli impianti di bonifica) è tenuto ad assolvere compiutamente all’onere di allegazione, formulando la contestazione in modo specifico, nonchè all’onere di indicare ed esperire i relativi mezzi di prova (cfr. Cass. n. 9100/2012).

3.8. Infine, del tutto inammissibili devono ritenersi le restanti censure sollevate con riguardo al preteso contrasto della decisione impugnata con gli elementi istruttori acquisiti al giudizio (perizia tecnica di parte) asseritamente attestanti “l’assoluta mancanza di interventi ed opere che… abbiano… interessa(to)… i fondi in oggetto”.

3.9. Al riguardo, varrà rilevare come, con la censura in esame, i ricorrenti – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge – alleghino un’erronea ricognizione, da parte del Giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del Giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sentenza n. 7394/2010; Sez. 5, Sentenza n. 26110/2015), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica dei ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente la stessa nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal Giudice a quo.

3.10. Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dagli odierni ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla Corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti.

3.11. Si tratta, come è manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa, e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.

3.12. Ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (cfr. Cass. nn. 10385/2005; 9185/2011), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

4. Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, pertanto, il ricorso va respinto e i ricorrenti, soccombenti, vanno condannati, in solido, in favore del Consorzio controricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata, sulla base del valore della controversia e dell’attività difensiva spiegata, come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore del Consorzio controricorrente delle spese processuali liquidate in Euro 1.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, se dovuti.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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