Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6846 del 16/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/03/2017, (ud. 22/11/2016, dep.16/03/2017),  n. 6846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19806-2012 proposto da:

B.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIACOMO PUCCINI 10, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO FERRI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI CASTELLANI;

– ricorrente –

contro

M.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato BENITO PIERO

PANARITI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

(OMISSIS);

– controricorrente

avverso la sentenza 1034/2010 del 13/7/2010 e avverso la sentenza n.

632/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 03/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE;

udito l’Avvocato LUIGI CASTELLANI, difensore del ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del controricorrente, che si è

riportato alle difese depositate;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza parziale del 18/5/2010, respinse la domanda di B.L. diretta a ottenere la condanna di M.S. a stipulare il contratto definitivo di compravendita di un appartamento, e, accertata la risoluzione del vincolo negoziale, dispose, con separata ordinanza, la prosecuzione del giudizio, onde quantificare l’entità dei danni da porsi a carico del B., al quale era stato anticipatamente consegnato l’immobile.

Con sentenza depositata il 3/5/2012 la medesima Corte, in riforma della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Firenze il 21/9/2005, condannò il B. a risarcire il danno, quantificato in Euro 67.154,25, oltre interessi legali dal 16/11/2010 al saldo.

Avverso quest’ultima decisione, nonchè avverso quella parziale, in ordine alla quale la parte adduce di aver fatto riserva d’impugnazione, il B. ricorre per cassazione. Resiste con controricorso il M.. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente denunzia violazione del tempo vigente, art. 183, comma 5, in relazione al comma 4, del medesimo articolo, nonchè vizio motivazionale su tale punto, da ritenersi controverso e decisivo.

Era accaduto, chiarisce il ricorrente, che nel giudizio di primo grado la s.r.l. CI-FRA aveva convenuto in causa il M. e il B., esponendo di essersi obbligata ad acquistare dal M. un terreno edificabile, con promessa di vendere a quest’ultimo uno degli edificandi appartamenti, dietro pagamento di una differenza prezzo. Durante la costruzione erano insorti contrasti, avendo, per un verso, il M. richiesto talune rifiniture e, per altro verso, l’impresa costruttrice preteso il ristoro per una riduzione del potenziale edificatorio e per il maggior costo affrontato in ragione della natura del terreno, che aveva reso necessario procedere ad una previa palificazione. Sospesa la vertenza e trovato un accordo interlocutorio, finiti i lavori, l’appartamento era stato consegnato al M. dietro pagamento di una somma di denaro. Successivamente costui prometteva, a sua volta, in vendita l’immobile al B., in favore del quale effettuava consegna dell’appartamento. L’attrice aveva concluso chiedendo la risoluzione del contratto per colpa del M., con condanna di costui al risarcimento del danno e del B., alla restituzione dell’immobile. Il B., con l’atto di costituzione si era opposto alla domanda della CI-FRA e, in via riconvenzionale, aveva, chiesto la condanna del M. alla stipula del contratto definitivo e, in caso di accoglimento della domanda attorea, condannarsi il M. al risarcimento del danno (doppio della caparra rimborso dei lavori effettuati) e a tenerlo indenne dalle pretese dell’attrice.

Il M., che aveva agito in riconvenzionale contro la CI-FRA, chiedendo farsi luogo al consenso mancate ex art. 2932, c.c., aveva eccepito la tardività delle domande svolte dal B. nei di lui confronti perchè contenute nella comparsa di risposta, tardivamente depositata; nonchè l’inammissibilità della condanna all’adempimento, stante che il contratto si era risolto a seguito di diffida inoltrata dallo stesso B..

Il M., inoltre, aveva provveduto, con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 5, a modificare le proprie conclusioni e, per quel che qui rileva, previa risoluzione del contratto, chiesto condannarsi il B. a rilasciare l’immobile, nonchè a corrispondere quanto dovuto per il godimento dell’appartamento.

Il B. nella memoria ex art. 183 c.p.c., aveva eccepito la tardività e, perciò, l’inammissibilità della domanda formulata nei di lui confronti.

Il Tribunale aveva respinto la domanda di risoluzione della CI-FRA e aveva disposto il trasferimento, ex art. 2932, c.c., in favore del M.. Con la stessa sentenza era stata giudicata carente d’interesse la richiesta di condanna al trasferimento, avanzata dal B., per non avere costui agito con lo strumento tipico previsto dalla legge (art. 2932 c.c.), ed era stato ricusato l’esame della domanda risarcitoria, in quanto azionata solo ove la prima fosse stata disattesa nel merito.

Il Tribunale, inoltre, dichiarate tempestive le domande del B. contro il M., aveva affermato la tardività delle riconvenzionali del M. mosse contro il primo.

Ciò premesso, il ricorrente si duole della decisione della Corte d’appello, con la quale, qualificate le predette domande riconvenzionali dipendenti da domande c.d. “trasversali” proposte dal B., dovendosi concedere al M. la possibilità di agire in via riconvenzionale, lo svolgimento delle stesse in seno alla memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 5, era stato giudicato tempestivo.

Una tale decisione contrasta, per il ricorrente, con il predetto comma 5, in quanto “non è consentito affatto come afferma la Corte di Appello di Firenze di proporre domande riconvenzionali bensì solo di precisare e modificare le conclusioni già proposte, potendosi introdurre domande riconvenzionali conseguenti a domanda spiegata da altro convenuto solo all’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., comma 4, similmente a quello che è previsto per l’attore”. Di conseguenza, prosegue il B., correttamente il Tribunale aveva ritenuto che “le domande del convenuto M. non possono essere esaminate perchè irritualmente proposte. Infatti le domande che il convenuto destinatario di una domanda cd trasversale da parte di altro convenuto voglia formulare rispetto a questi debbono essere proposte all’udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c., comma 4, come può argomentarsi in analoga a quanto previsto per l’attore che intenda svolgere domande ed eccezioni che siano conseguenza delle domande ed eccezioni dl convenuto”. Invero, soggiunge il B., il M. ben avrebbe potuto spiegare le proprie domande riconvenzionali dipendenti dalla comparsa di costituzione dell’odierno ricorrente anteriormente all’udienza di prima comparizione, ex art. 180 c.p.c., all’udienza di cui all’art. 180, o, al più tardi, all’udienza di trattazione di cui all’art. 13 c.p.c., comma 4.

Infine, la Corte di Firenze aveva omesso di prendere in effettiva considerazione la tempestiva eccezione di tardività del B., in seno alla memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 5.

Entrambi i motivi risultano fondati.

Questa Corte ha già avuto modo di affrontare la questione il cui vaglio oggi viene riproposto, giungendo alla conclusione che la domanda formulata da un convenuto trasversalmente nei confronti di un altro va qualificata come domanda riconvenzionale, e può essere proposta negli stessi limiti di quest’ultima (Sez. 3, n. 12558 del 12/11/1999, Rv. 531062; ma già, Sez. 2, n. 5460 del 13/5/1993, Rv. 482338). “Ove (…) il soggetto (si è scritto nella sentenza n. 12558 cit., occupandosi di una ipotesi di responsabilità aquiliana), che il convenuto assume responsabile esclusivo del fatto illecito, – generatore della responsabilità, sia già stato convenuto in giudizio dall’attore, la domanda del primo convento nei confronti di quest’altro, per la declaratoria dell’assenza di responsabilità del primo e per l’affermazione della responsabilità esclusiva del secondo, può essere proposta anche con la comparsa di costituzione. Infatti, in conformità ai principi di economia processuale e di concentrazione dei giudizi, la domanda proposta con la comparsa di costituzione, da un convenuto contro altri convenuti è ammissibile, purchè, tale proposizione avvenga entro la prima udienza (termine con riferimento al rito – applicabile alla fattispecie – vigente prima della modifica della modifica dell’art. 269 c.p.c., apportata con la L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 29) (Cass. 29.4.1980, n. 2848; Cass. 26.3.1971, n. 894)”.

Nel caso in esame non è dubbio che il M. propose tardivamente la domanda di cui si discorre e la Corte di merito, omettendo di prendere in considerazione la elaborazione giurisprudenziale di legittimità, si è limitata a riformare tout court la pronuncia di primo grado, senza fornire argomenti sulla scorta dei quali possa mettersi in dubbio la riportata interpretazione.

Con il terzo motivo il ricorso denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c.: la sentenza parziale d’appello aveva risolto il contratto preliminare di compravendita intercorso tra il M. e il B., senza che una tale domanda fosse stata mai proposta dal M. in sede di appello incidentale.

Anche tale motivo coglie nel segno.

Il M., infatti, nelle rilasciate conclusioni, riportate dalla sentenza del 2010, non fa cenno alcuno ad una richiesta di risoluzione del contratto stipulato con il B. e, del tutto conformemente, peraltro, la Corte locale non registra precipuo motivo di censura (essendosi la parte limitata ad opporsi all’avverse domande e a chiedere la condanna al rilascio). Nè una tale rappresentazione viene denunziata dal resistente in questa sede quale non conforme agli atti processuali. Ciò posto il ricorrente ha ragione a dolersi della violazione dell’art. 112, c.p.c..

Con il quarto motivo, di conseguenza, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per avere condannato il medesimo al risarcimento per l’occupazione dell’immobile, statuizione che, dovendosi ritenere correlata a quella di risoluzione, non avanzata in appello, non avrebbe potuto essere emessa. Oltre a non poterlo essere perchè la relativa domanda era da intendersi subordinata al caso di accoglimento dell’appello incidentale del B..

Con il quinto motivo il B. lamenta vizio motivazionale in ordine ad un punto controverso e decisivo.

Nonostante fosse stato riconosciuto dal Giudice d’appello che la risoluzione era da addebitarsi a colpa del M.. Il quale non si era presentato nello studio del notaio per la stipula del “definitivo”, aveva condannato il B. alle spese.

Con il sesto motivo viene allegata la violazione dell’art. 342 c.p.c., in quanto, a parere del ricorrente, il medesimo era stato condannato a risarcire il danno da occupazione illegittima, pur non constando rituale motivo d’appello sul punto.

Per logica dipendenza il quarto, quinto e sesto motivo, sopra riportati, restano assorbiti.

L’accoglimento dei primi tre motivi impone la cassazione della sentenza gravata ed il rinvio al Giudice del merito per nuovo esame. Costui regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo. Assorbiti gli altri, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Firenze, altra sezione, anche per le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2017

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