Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6845 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 6845 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BUFFA FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso 21319-2011 proposto da:
GAIS S.R.L. P.I. 00474430832, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, CIRCONVALLAZIONE TRIONFALE 77, presso lo
studio dell’avvocato GUGLIOTTA CAROLA, rappresentata
e difesa dall’avvocato SORBELLO GAETANO, giusta
2014

delega in atti;
– ricorrente –

115
contro

OTERI

MARIA

TROCCT61T61F158D,

TROMRA66R63F158D,
OTERI

ANGELO

OTERI

CONCETTA

TRONGL68D10F158M,

Data pubblicazione: 24/03/2014

OTERI SAMUELA TROSML81T47F158R,

OTERI FRANCESCO

TROFNC64A13F158W, OTERI RITA TRORTI70T57F158H, OTERI
SILVESTRO TROSVS74A01F158J, CUCINOTTA FRANCESCA
CCNFNC46E50F158J, tutti nella qualità di eredi di
OTERI PIETRO;

Nonché da:
OTERI

MARIA

TROMRA66R63F158D,

TROCCT61T61F158D,

OTERI

ANGELO

OTERI

CONCETTA

TRONGL68D10F158M,

OTERI SAMUELA TROSML81T47F158R, OTERI FRANCESCO
TROFNC64A13F158W, OTERI RITA TRORTI70T57F158H, OTERI
SILVESTRO TROSVS74A01F158J, CUCINOTTA FRANCESCA
CCNFNC46E50F158J, tutti nella qualità di eredi di
OTERI PIETRO, tutti domiciliati in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
MARTELLI CORRADO, giusta delega in atti;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali contro

GAIS S.R.L. P.I. 00474430832;
– intimata –

avverso la sentenza n. 454/2011 della CORTE D’APPELLO
di MESSINA, depositata il 18/05/2011 R.G.N. 82/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

FRANCESCO BUFFA;

09/01/2014

dal

Consigliere

Dott.

– intimati –

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità, rigetto, assorbimento del ricorso

incidentale condizionato.

1. Con sentenza del 18.5.2011, la Corte d’appello di Messina rigettava
l’appello avverso la decisione del tribunale della stessa sede che aveva
accolto la domanda di Oteri Pietro volta alla declaratoria di
illegittimità del licenziamento intimatogli in data 16.2.1999 dal suo
datore di lavoro Gais srl, con applicazione della tutela reale, ed alla
condanna al risarcimento del danno.
2. Rileva la sentenza che l’impugnazione del licenziamento, effettuata in
data 6.5.1999, doveva ritenersi tempestiva, in quanto —dalla
corrispondenza intercorsa tra le parti successivamente alla lettera di
recesso poteva desumersi che il lavoratore non aveva avuto
cognizione di tale recesso, con conseguente inoperatività della
presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ.; ritiene la
sentenza inoltre l’inefficacia del recesso per inosservanza delle
disposizioni di cui all’art. 2 1. 108/1990 sulla forma scritta del recesso.
3. Avverso tale sentenza propone ricorso il datore di lavoro con unico
motivo. Gli eredi del lavoratore resistono con controricorso e
propongono ricorso incidentale condizionato, per tre motivi.

4. I ricorsi, principale ed incidentale, devono essere riuniti in quanto
proposti contro la medesima sentenza.
5. Il datore di lavoro impugna la sentenza con unico motivo formulato ai
sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ con il quale si deduce la
violazione degli artt. 1335 cod. civ., 115 cod. proc. civ. e 61. 604/1966,
nonché l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione della
sentenza. Si rileva, in particolare, che il recesso è stato ritualmente
comunicato al lavoratore con lettera raccomandata con avviso di
ricevimento, regolarmente ritirata dalla moglie convivente del
lavoratore, e che il lavoratore non ha impugnato il recesso nel termine
di sessanta giorni.
6. Il motivo è fondato. Dagli atti risulta che il licenziamento del 16.2.99 è
stato inviato all’indirizzo del lavoratore con lettera raccomandata con
ricevuta di ritorno, regolarmente ritirata dalla moglie convivente del
lavoratore il 24.2.99. Tanto basta a far scattare la presunzione di
conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., presunzione che ammette solo
prova contraria a contenuto vincolato, costituita dalla prova
dell’impossibilità incolpevole di avere notizia dell’atto recettizio: non
basta quindi la prova della mancata conoscenza, occorrendo quella
ben diversa della impossibilità di averne notizia e della non ascrivibilità
di tale situazione a colpevolezza del lavoratore. Nel caso, una simile

u_

Udienza del 9 gennaio 2014
Pres. Stile, Est. Buffa A

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Rg. 21319/11 — Gais srl c. Oteri +7

Rg. 21319/11 — Gais srl c. Oteri +7

7. Problema diverso è quello del contenuto della lettera ricevuta dal
lavoratore, essendo stato dal lavoratore sostenuto, a quanto consta
soltanto in appello, di aver ricevuto una busta senza contenuto. In
proposito, può ricordarsi (con Sez. L, Sentenza n. 12078 del
18/08/2003) che, nel caso in cui l’atto di costituzione in mora venga
spedito in plico chiuso, spetta al destinatario l’onere di provare che
tale plico è stato consegnato vuoto (Nella specie, la sentenza
impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto che la lettera
raccomandata era stata effettivamente ricevuta dal destinatario e che la
stessa contenesse anche l’atto interruttivo della prescrizione, sulla base
del rilievo che la raccomandata risultava ritirata dal destinatario e che
questi non aveva mai contestato la mancanza dell’atto).
Nel
medesimo senso, si è osservato (Sez. L, Sentenza n. 4878 del
23/04/1992) che, poiché gli atti ricettizi in forma scritta, come la
dichiarazione di licenziamento ex art. 2 legge 15 luglio 1966, n. 604, si
considerano conosciuti dal destinatario, a norma dell’art. 1335 cod.
civ., il termine perentorio fissato per l’impugnazione del
licenziamento, ai sensi dell’art. 6 legge citata, decorre dal momento in
cui la dichiarazione di licenziamento è pervenuta all’indirizzo del
lavoratore, salva la dimostrazione, da parte del medesimo, che egli,
senza sua colpa, fosse impossibilitato ad avere conoscenza della lettera
di licenziamento (Nella specie la sentenza impugnata aveva disatteso,
in mancanza di tale prova, l’assunto del lavoratore secondo cui presso
la casa circondariale dove si trovava detenuto gli era stata recapita solo
una busta vuota; la S.C., confermando tale decisione, ha rilevato che la
prova della circostanza dedotta poteva essere agevolmente fornita in
relazione alla disciplina di cui al d.P.R. n. 4319 del 1976, che,
consentendo ai detenuti di ricevere corrispondenza epistolare e
telegrafica, prevede anche la ispezione della corrispondenza in busta
chiusa).
8. Con riferimento al caso di specie, a parte ogni considerazione
sull’inverosimiglianza della circostanza relativa alla consegna di busta
vuota, della quale non si fa cenno alcuno nella fitta corrispondenza
extragiudiziale tra le parti successiva, va rilevato che la deduzione del
ricorrente, formulata per la prima volta nella prima difesa utile
successiva alla memoria di costituzione del datore di lavoro, è rimasta
priva di riscontri probatori, non essendo stata ammessa sul punto la
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Pres. Stile, Est. Buff

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prova contraria non è stata data, sicché l’atto di recesso si deve
ritenere giunto a conoscenza del destinatario.

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prova dal giudice di primo grado in ragione della sua tardività, con
statuizione non appellata dal lavoratore.

10.11 problema -sollevato dal ricorrente principale – della decadenza del
lavoratore dall’impugnazione del licenziamento va esaminato
unitamente al primo motivo di ricorso incidentale condizionato, con il
quale gli eredi del lavoratore impugnano ai sensi dell’art. 360 n. 5 la
sentenza della corte territoriale, deducendone la omessa insufficiente e
contraddittoria motivazione, con riferimento alla ritenuta inidoneità
della lettera del 24.4.99 quale atto di impugnazione del licenziamento.
11 Va in proposito affermato che il licenziamento non è stato
impugnato tempestivamente dal lavoratore, sicché, unitamente al
rigetto del primo motivo del ricorso incidentale condizionato, la
domanda del lavoratore va dichiarata inammissibile.
12.1 ricorrenti incidentali richiamano in proposito solo la lettera del
20.4.99, ritenendo che la stessa costituisca valida impugnazione del
recesso. In proposito, deve rilevarsi, come correttamente ritenuto già
dalla corte territoriale che ha congruamente motivato sul punto, che
non vi è in tale lettera alcun riferimento al recesso del 24.2.99, in
quanto nella lettera, pur offrendo le proprie prestazioni, il lavoratore
richiama solo un pregresso recesso dell’anno precedente.
13. Solo il 9.5.99, quindi oltre il termine di 60 giorni —previsto dalla legge
a pena di decadenza- dal ricevimento della raccomandata del 24.2.99
risulta un’impugnazione specifica del recesso del 24.2.99 da parte del
lavoratore.
14. Quanto al termine di decadenza, l’obiettivo spirare dello stesso rende
irrilevante verificare le ragioni dell’inerzia del lavoratore e la
verosimiglianza dell’assunto secondo cui esse riposano sull’erronea
convinzione che il termine decorresse dalla cessazione effettiva del
rapporto piuttosto che dalla comunicazione del recesso. In ogni caso,
infatti, in ordine al decorso del termine in costanza di rapporto a
seguito di preavviso di licenziamento, deve ricordarsi l’insegnamento
di questa Corte (Sez. L, Sentenza n. 7049 del 22/03/2007 e Sez. L,
Sentenza n. 6751 del 26/07/1996) secondo il quale il licenziamento,
come negozio unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui
la manifestazione di volontà del datore di lavoro recedente giunge a
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Pres. Stile, Est. Buffa

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9. Per quanto detto, il recesso è stato intimato ritualmente al lavoratore.

conoscenza del lavoratore, anche se l’efficacia – vale a dire la
produzione dell’effetto tipico, consistente nella risoluzione del
rapporto di lavoro – viene differita ad un momento successivo, con la
conseguenza che il termine di decadenza di sessanta giorni, ai sensi
dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966, decorre dalla comunicazione del
licenziamento e non già dalla data di effettiva cessazione del rapporto
e che, correlativamente, la pendenza del rapporto al momento
dell’impugnazione – la quale non esclude il futuro verificarsi
dell’effetto estintivo – non preclude alla parte impugnante di
domandare la reintegrazione nel posto di lavoro, ove ricorra una
situazione di tutela c.d. “reale”, né al giudice di emettere una
pronuncia in tal senso. Tale principio, per identità di ratio, può essere
applicato anche all’ipotesi di differimento ex lege dell’efficacia del
recesso, derivante dalla situazione di malattia del lavoratore, salvi
ovviamente i profili attinenti alla derivante eseguibilità della reintegra e
delle correlate pronunzie di contenuto patrimoniale. Si è anche
ritenuto (Sez. L, Sentenza n. 9934 del 11/10/1997) che, nel caso di
licenziamento intimato a lavoratore in malattia, la decorrenza del
termine decadenziale d’impugnazione previsto dall’art. 6 della legge n.
604 del 1966 non può essere differita alla cessazione della malattia
neppure se questa sia tale da determinare una situazione d’incapacità
psichica, attesa, ai sensi dell’art. 2954 cod. civ., l’inapplicabilità ai
termini di decadenza (che operano con riguardo al fatto obbiettivo del
decorso del tempo) delle norme in tema di prescrizione e, in
particolare, di quelle (come l’art. 2941 n. 1 cod. civ. in tema di
sospensione della prescrizione per le condizioni del titolare) che ne
indicano, con carattere di tassatività, le cause di sospensione.
15. Per quanto detto, il primo motivo del ricorso incidentale deve essere
rigettato, mentre va accolto il motivo del ricorso principale anche in
riferimento alla questione di inammissibilità per intervenuta decadenza
della impugnativa di licenziamento.
16. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce —in relazione
all’art. 360 n. 3 cod.proc. civ.- violazione e falsa applicazione dell’art.
112 cod. proc. civ., per aver la sentenza impugnata omesso di
esaminare l’illegittimità del licenziamento per violazione delle garanzie
procedurali dell’art. 7 stat. lav.. La questione rimane assorbita dalla
declaratoria di inammissibilità dell’impugnativa del recesso.
17. Con il terzo motivo, i ricorrenti incidentali deducono la violazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. per aver omesso di esaminare ritenendola
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Rg. 21319/11 — Gais srl c. Oteri +7

assorbita- la questione della nullità del recesso, in quanto intimato nei
confronti di lavoratore reintegrato per effetto di precedente sentenza.
18. Il motivo è infondato. Nonostante la diversa soluzione astrattamente
prospettabile con riferimento al caso — nella specie non ricorrente- del
licenziamento illegittimo, efficace —anche con portata preclusiva di un
nuovo recesso- per il solo tempo che precede il suo giudiziale
annullamento (cfr. Sez. L, Sentenza n. 459 del 11/01/2011; Sez. L,
05/04/2001, n. 5092), la giurisprudenza di questa Corte ha
ripetutamente affermato che l’intimazione del licenziamento non
preclude al datore di lavoro di irrogare altro recesso sulla base di
ragioni diverse da quelle poste a fondamento del primo, non operando
un principio di consumazione del potere unilaterale di recesso, fermo
restando che il secondo licenziamento potrà avere rilevanza solo nel
caso di inefficacia del primo.
19. Si è infatti affermato che, in tema di licenziamento in regime di tutela
reale, ove il datore di lavoro abbia intimato al lavoratore un
licenziamento
individuale,
è
ammissibile
una
successiva
comunicazione di recesso dal rapporto da parte del datore medesimo,
purché il nuovo licenziamento si fondi su una ragione o motivo
diverso e sopravvenuto (nel senso di non noto in precedenza al datore
di lavoro) e la sua efficacia resti condizionata all’eventuale declaratoria
di illegittimità del primo (Sez. L, Sentenza n. 106 del 04/01/2013).
Nello stesso senso, anche Sez. L, Sentenza n. 1244 del 20/01/2011,
secondo la quale il datore di lavoro, qualora abbia già intimato al
lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può
legittimamente intimargli un secondo licenziamento, fondato su una
diversa causa o motivo, restando quest’ultimo del tutto autonomo e
distinto rispetto al primo; ne consegue che entrambi gli atti di recesso
sono in sé astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della
risoluzione del rapporto, dovendosi ritenere il secondo licenziamento
produttivo di effetti solo nel caso in cui venga riconosciuto invalido o
inefficace il precedente (in linea con tale insegnamento anche Sez. L,
06/03/2008, n. 6055, e Sez. L, 14/09/2009, n. 19770).
20. Nel caso, il recesso del 16.2.99 è stato irrogato con riferimento
all’assenza dal lavoro del 6.2.99, ritenuta arbitraria dal datore di lavoro,
e quindi con riferimento a fatti diversi dal precedente recesso
datoriale, ed è intervenuto solo dopo che tale pregresso licenziamento
era stato già invalidato dal giudice a seguito di ricorso del lavoratore. Si
tratta quindi di atto avente una specifica funzione economica e
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Pres. Stile, Est. Buff

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Rg. 21319/11 — Gais sr1 c. Oteri +7

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21. La sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del primo
motivo del ricorso principale. Non essendo necessari ulteriori
accertamenti, la causa può essere decisa nel merito con declaratoria di
inammissibilità dell’impugnativa del licenziamento in ragione
dell’intervenuta decadenza.
22. Le spese e competenze di lite devono compensarsi integralmente tra le
parti in considerazione della posizione giuridica ed economica delle
stesse e dell’oggetto della controversia.

p.q.m.
rigetta il primo e terzo motivo del ricorso incidentale e dichiara
assorbito il secondo motivo; accoglie il ricorso principale, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la
domanda del lavoratore; spese dell’intero processo compensate.
Roma, 9 gennaio 2014
Il Presidente
RaoD3. Stile
9

dunque efficace (ancorché in ipotesi annullabile), non precluso come
tale, secondo quanto detto, al datore di lavoro.

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