Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6845 del 16/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 16/03/2017, (ud. 10/11/2016, dep.16/03/2017),  n. 6845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3374/2012 proposto da:

IMMOBILIARE GUARDIESE DI M.R.O. & C. SAS,

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato MARIO VINCOLATO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA DI LIZIO;

– ricorrente –

contro

D.S.E.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO, 149, presso lo studio dell’avvocato PAOLO SPERDUTI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1070/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato ARGIRO’ Massimo con delega depositata in udienza

dell’Avvocato DI LIZIO Andrea, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato SPERDUTI Paolo, difensore del resistente che ha

insistito sull’inammissibilità del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del primo motivo di

ricorso, accoglimento del secondo e terzo motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Immobiliare Guardiese di M.R.O. s.a.s. ricorre contro il signor D.S.P. per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello dell’Aquila, riformando la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda con cui essa ricorrente aveva chiesto la condanna del D.S. al rilascio di un appartamento da lui condotto in comodato in (OMISSIS); appartamento del quale Immobiliare Guardiese assumeva di essere proprietaria per averlo acquistato con atto notar P. dell'(OMISSIS). A fondamento della decisione la corte d’appello ha svolto le seguenti considerazioni:

il D.S. era stato dichiarato fallito con sentenza del 25 giugno 1996; la Curatela del fallimento D.S. aveva introdotto nei confronti della Immobiliare Guardiese un giudizio per la dichiarazione della simulazione soggettiva del menzionato contratto di compravendita notar P. dell'(OMISSIS);

il suddetto giudizio era stato definito in primo grado dal Tribunale di Chieti con sentenza n. 42/98 che, accogliendo la domanda della Curatela, aveva dichiarato che l’atto notar P. dell'(OMISSIS) era simulato per interposizione fittizia dell’acquirente e che l’appartamento de quo era stato in effetti acquistato non dalla Immobiliare Guardiese ma dal D.S.;

tale sentenza era stata impugnata davanti alla corte d’appello dell’Aquila;

– nella pendenza del giudizio di appello e, precisamente in data 10 marzo 1999, tra la Immobiliare Guardiese e la Curatela fallimentare era intervenuta transazione con la quale quest’ultima, a fronte della percezione di Lire 48.378.999, aveva rinunciato, oltre che “agli atti del giudizio in corso (che verrà abbandonato mediante cancellazione del ruolo ai sensi dell’art. 309 c.p.c.) ed all’azione per la declaratoria della simulazione dell’atto di vendita”, anche “agli effetti della citata sentenza n. 42/98”;

il giudizio di appello era state lasciato estinguere delle parti nelle forme di cui all’art. 309 c.p.c. e, conseguentemente, la sentenza n. 42/98 del tribunale di Chieti era passata in giudicato ai sensi dell’art. 338 c.p.c..

– la transazione, non essendo mai stata fatta valere in giudizio, non aveva impedito il passaggio in giudicato della sentenza n. 42/98;

l’impegno della Curatela a non valersi degli effetti del giudicato di cui alla sentenza n. 42/98 aveva portata meramente obbligatoria e pertanto, poichè nel presente giudizio il D.S. aveva eccepito tale giudicato (resistendo alla domanda di rilascio sull’assunto di essere lui il proprietario dell’immobile de quo, come accertato con detto giudicato), del giudicato stesso non si poteva non tener conto (salvo l’eventuale responsabilità ascrivibile al D.S. per l’inadempimento alla obbligazione di non valersi del ripetuto giudicato).

Il ricorso per cassazione si articola su quattro motivi.

Il D.S. si è difeso con controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 10.11.16, per la quale non sono state depositate memorie illustrative e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 164, 342 e 163 c.p.c., in cui la corte territoriale sarebbe incorsa perchè – sebbene l’appello fosse stata introdotto con ricorso invece che con citazione e nel ricorso non fosse contenuto l’avvertimento di cui all’art. 163 c.p.c., n. 7 – ha ritenuto sanato il vizio dell’atto introduttivo dell’appello, nonostante l’eccezione al riguardo formulata nella comparsa di costituzione depositata dall’odierna ricorrente nel giudizio di secondo grado, e conseguentemente ha omesso di fissare una nuova udienza nel rispetto dei termini, come disposto dall’art. 164 c.p.c., comma 3.

Il motivo va disatteso, perchè il postulato su cui si fonda – che, cioè, nell’atto di appello debba essere contenuto l’avvertimento di cui all’art. 163 c.p.c., n. 7 – contrasta con l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 9407/13, seguita dalla sentenza della Terza sezione n. 341/16) secondo cui l’art. 342 c.p.c. – laddove prevede (nel testo, applicabile “ratione temporis”, successivo alla novella di cui alla L. n. 353 del 1990 e precedente la novella di cui al D.L. n. 83 del 2012) che l’appello si propone con citazione contenente l’esposizione sommaria dei fatti ed i motivi specifici dell’impugnazione, “nonchè le indicazioni prescritte nell’art. 163 c.p.c.” – non richiede altresì, che, in ragione del richiamo di tale ultima disposizione, l’atto di appello contenga anche lo specifico avvertimento, prescritto dal n. 7 dell’art. 163 c.p.c., comma 3, che la costituzione oltre i termini di legge implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., atteso che queste ultime si riferiscono solo al regime delle decadenze nel giudizio di primo grado e non è possibile, in mancanza di un’espressa previsione di legge, estendere la prescrizione di tale avvertimento alle decadenze che in appello comporta la mancata tempestiva costituzione della parte appellata.

Con il secondo ed terzo motivo, rispettivamente riferiti al vizio di motivazione ed alla violazione degli artt. 1322, 1966 e 1974 c.c., si censura la sentenza gravata per aver ritenuto che il D.S. potesse valersi del giudicato formatosi sulla sentenza n. 42/98, nonostante che il curatore del suo fallimento avesse espressamente convenuto con la Immobiliare Guardiese la rinuncia agli effetti di tale sentenza.

I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione, sono fondati.

Va premesso che – come questa Corte ha già avuto modo di precisare con la sentenza n. 5026/03 – la rinuncia agli atti, compiuta in appello, di un giudizio definito in primo grado con una decisione di fondatezza dell’azione investe soltanto gli atti del procedimento di gravame, e comporta il passaggio in giudicato della pronuncia in conseguenza della sopravvenuta inefficacia della sua impugnazione, in quanto l’estinzione, a norma dell’art. 310 c.p.c., rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo. Ne consegue che l’efficacia abdicativa in ordine all’effetto sostanziale della decisione di merito va riconosciuta soltanto ad un atto che possa essere interpretato come rinuncia anche al giudicato, in quanto estesa alla sentenza già emessa ed alle sue conseguenze.

Ciò posto, il Collegio rileva che nella presente fattispecie si è verificata proprio l’ipotesi, a cui si fa cenno nel precedente di questa Corte n. 5026/03, della rinuncia alla sentenza già emessa ed alle sue conseguenze; nella sentenza gravata, infatti, si accerta espressamente che, con la transazione di cui si discute, “la curatela si era impegnata a non avvale(si degli effetti della sentenza di primo grado” (pag. 10, in fine). Pertanto il fallito, tornato in bonis, non poteva giovarsi del giudicato formatosi sulla sentenza n. 42/98 resa dal Tribunale di Chieti tra la curatela del suo fallimento e la Immobiliare Guardiese, perchè ciò gli era precluso dalla rinuncia al riguardo formulata dalla curatela. Premesso, infatti, che l’impegno a non valersi di un giudicato si risolve in un’abdicazione all’efficacia di accertamento inter partes della sentenza passata in giudicato (cfr. Cass. 3925/77: “la parte interessata può rinunciare all’azione di nullità, cosi come può rinunciare al giudicato di nullità, dovendosi configurare queste rinunce come atti di disposizione della situazione sostanziale legittimante all’azione di nullità”), ossia, in ultima analisi, in una convenzione di inopponibilità del giudicato, la corte abruzzese ha errato nel ritenere che la sentenza del tribunale di Chieti n. 42/98 fosse opponibile alla Immobiliare Guardiese dal D.S. (nella cui sfera giuridica hanno prodotto effetti gli atti di disposizione del suo patrimonio compiuti dal curatore fallimentare nella pendenza della procedura fallimentare).

Il secondo ed il terzo mezzo di ricorso vanno quindi accolti.

Il quarto mezzo di ricorso – con cui si censura la regolazione delle spese operata nella sentenza gravata e si contesta la mancata compensazione delle stesse – è assorbito dall’accoglimento del secondo e del terzo mezzo, che impone la cassazione della sentenza gravata con rinvio per un nuovo esame dell’intera controversia.

In ricorso va quindi accolto nei suddetti termini e la sentenza gravata va cassata con rinvio alla corte territoriale, che si atterrà ai principi enunciati.

PQM

La Corte rigetta il primo mezzo di ricorso, accoglie il secondo e il terzo, dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla corte di appello de L’Aquila in altra composizione.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2017

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