Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6844 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2021, (ud. 29/09/2020, dep. 11/03/2021), n.6844

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8698/2014 R.G. proposto da:

P.F., elettivamente domiciliata in Roma, presso Antonia De

Angelis, Via Portuense n. 104, rappresentato e difeso dall’Avv.

Donato Marongiu, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sardegna n. 101/1/2013, depositata il 4 ottobre 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 29 settembre

2020 dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

 

Fatto

RILEVATO E CONSIDERATO

1. che con l’impugnata sentenza la Regionale della Sardegna accoglieva solo in parte l’appello proposto da P.F., “svolgente attività di agenzia di mediazione immobiliare”;

l’appello era stato presentato contro la prima decisione che aveva respinto in toto il ricorso promosso dal contribuente avverso un avviso di accertamento, con il quale venivano recuperati a tassazione ricavi non dichiarati ai fini IVA IRPEF IRAP 2006;

2. che la Regionale, dopo aver annullato la ripresa a tassazione di provvigioni relative a “operazioni di intermediazione creditizia”, riteneva invece che le presunzioni sulla scorta delle quali l’ufficio aveva basato il resto dell’accertamento analitico induttivo, fossero gravi, precise e concordanti; con ciò, disattendendo le difese del contribuente, che aveva invece sostenuto il contrario;

3. che il contribuente ricorreva per tre motivi, mentre l’ufficio resisteva con controricorso.

4. che con il primo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente affermava che gli elementi che la Regionale aveva reputato gravi, precisi e concordanti, non erano in effetti tali, che la Regionale aveva pertanto errato a confermare l’avviso di accertamento, con la conseguente violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), oltre che dei “correlati” artt. 2727 e 2729 c.c.; che con il secondo motivo, “attinente” alla violazione degli stessi articoli, “e in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, il contribuente rimproverava alla Regionale di aver omesso l’esame di un fatto decisivo, quest’ultimo consistente nella circostanza che l’ufficio aveva fondato la dimostrazione dell’evasione derogando al cosiddetto divieto di doppia presunzione; che con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, oltre che “attinente” alla violazione degli artt. 1754 e ss. c.c., il contribuente censurava la Regionale per non aver valutato talune prove offerte, come ad esempio sette atti notarili, di non aver inoltre considerato che la provvigione poteva essere pagata anche da una sola parte, che l’amministrazione non aveva provato le proprie pretese;

5. che i motivi, che conviene trattare assieme per ragioni di economia processuale, sono inammissibili laddove, come è evidente nel primo motivo, in parte anche nel terzo, sotto l’apparente censura di violazione di legge, gli stessi sono in realtà rivolti a contestare l’apprezzamento che la Regionale ha fatto delle prove presuntive sulle quali poggia l’impugnato avviso, nella sostanza sollecitando una revisione dell’accertamento fattuale, senza lamentare alcuna specifica errata interpretazione normativa (Cass. sez. un. 34476 del 2019; Cass. sez. I n. 24155 del 2017); per quanto concerne le doglianze in diritto, al di là della inesistenza nel nostro ordinamento del cosiddetto divieto di doppia presunzione (Cass. sez. trib. n. 15003 del 2017; Cass. sez. trib. n. 118915 del 2015), deve essere comunque evidenziato che la Regionale ha invece legittimamente giudicato che taluni indizi erano gravi, precisi e concordanti, che pertanto gli stessi erano idonei a integrare la prova presuntiva dell’evasione (Cass. sez. trib. n. 2593 del 2011); per quanto riguarda, infine, la doglianza della contribuente, secondo cui la Regionale non avrebbe sufficientemente valutato, in diversi casi anche omesso di valutare, le prove offerte dalle parti, basta soltanto ricordare che l’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non comprende più tale vizio (Cass. sez. un. 19881 del 2014; Cass. sez. un. 8053 del 2014);

6. che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 4.600,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

 

 

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