Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6843 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 6843 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 501-2010 proposto da:
VILLA SILVANO C.F. VLLSVN62P05D150E, domiciliato in
Roma, PIAZZA CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappreserlgto e difeso dagli
avvocati FISCO OLDRINI ANNA, OLDRINI ALESSIO giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
3783

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato ROMA, VIA CESARE

Data pubblicazione: 24/03/2014

BECCARIA

N.

19,

presso

l’Avvocatura

Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA,
giusta delega in atti;
– controricorrente –

MINISTERO ECONOMIA FINANZE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 220/2009 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 30/06/2009 R.G.N. 181/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito l’Avvocato Sergio PREDEN;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
inammissibilità in subordine rigetto.

nonchè contro

Fatto e diritto
Silvano Villa, già titolare di assegno di assistenza di cui all’art. 13 1. n. 118 del 1971 poi
revocato all’esito di visita di revisione del 19.10.2004, adiva il giudice del lavoro
chiedendo il ripristino della prestazione. Il Tribunale respingeva la domanda. La Corte di
appello di Brescia confermava la decisione in adesione alla consulenza tecnica d’ufficio,
rinnovata in secondo grado, che aveva quantificato nel 52 o,/

percentuale di riduzione

sia con riferimento al periodo successivo. Rilevava la Corte territoriale che, secondo
quanto accertato dall’ausiliare di secondo grado, il Villa era affetto da una pluralità di
patologie alcune delle quali determinavano scarse ripercussioni funzionali; conveniva
quindi con l’affermazione del consulente d’ufficio secondo la quale la percentuale di
riduzione della capacità lavorativa generica non deve consistere nella somma aritmetica
delle singole percentuali, bensì in un valore percentuale proporzionale a quello previsto
dalle tabelle . Richiamava a riguardo l’affermazione di questa Corte in base alla quale “il
giudice, al fine del riconoscimento dell’assegno di invalidità civile, deve valutare lo stato
di invalidità del lavoratore infermo con riferimento alla combinata azione dannosa di
tutte le infermità o alterazioni accertate; occorre, cioè, procedere ad una valutazione
globale ed unitaria poiché affezioni concorrenti non determinano normalmente effetti
quantitativamente corrispondenti alla somma di quelli ingenerati da ciascuna di esse, ma
effetti più rilevanti e gravi, oppure meno rilevanti e di minima incidenza. Quindi non
può operarsi una mera somma aritmetica delle percentuali di riduzione della capacità di
lavoro attribuite alle singole infermità, dovendosi invece procedere ad una valutazione
complessiva che tenga conto dell’incidenza dell’intero quadro morboso e delle diverse
patologie concorrenti” ( Cass. n. 259 del 1993).
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Silvano Villa sulla base di tre
motivi. L’INPS ha depositato controricorso . Il Ministero dell’economia e delle finanze è
rimasto intimato.
Con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione dell’art. 4 d. lgs n. 509 del 1988,
censurando la decisione per non avere considerato il danno globale scaturito dalle
menomazioni . Deduce in particolare di avere fatto rilevare nelle note difensive la
1

della generica capacità di lavoro del periziato, sia con riferimento all’epoca della revoca

violazione del principio, ripetutamente affermato da questa Corte ( sentenza n. 7465 del
2005, n. 16679 del 2008 ), secondo il quale il danno globale non va valutato
addizionando i singoli valori percentuali ma considerato nella sua incidenza reale sulla
validità complessiva del soggetto .
Con il secondo motivo deduce violazione delle tabelle mediche approvate con il DM
5.2.1992 a norma dell’art. 2 d. lgs n. 509 del 1988. Censura la decisione per avere fatto
proprie le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio senza argomentare in ordine ai
rilievi svolti con le note critiche alla relazione peritale; in tali note era stata infatti
segnalata la violazione dei criteri di cui al decreto ministeriale nell’applicazione analogica
degli stessi alle malattie non tabellate e l’utilizzazione del criterio del concorso in relazione
a malattie da considerarsi, invece, coesistenti; censura quindi la percentuale di invalidità
attribuita alle singole patologie.
Con il terzo motivo di ricorso deduce la omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine a fatto controverso e decisivo rappresentato dalla mancata
argomentazione alle circostanze oggetto di critica.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile. La sentenza impugnata, dopo avere
proceduto sulla base della relazione peritale alla disamina delle singole patologie, ha
ritenuto il grado di invalidità accertato dall’ausiliare corretto e coerente con il principio
secondo il quale la percentuale di riduzione della capacità lavorativa generica non deve
consistere nella somma aritmetica delle singole percentuali, ma essere frutto di una
valutazione complessiva che tiene conto dell’incidenza dell’intero quadro morboso e
delle diverse patologie concorrenti. Parte ricorrente contrasta tale affermazione
deducendo che, come già evidenziato nelle note critiche alla consulenza d’ufficio,
l’ausiliare non avrebbe proceduto alla verifica della incidenza globale delle singole
infermità sulla complessiva validità del periziato. Di tale assunto tuttavia non offre
alcuna dimostrazione. In particolare non riproduce il contenuto della relazione peritale o
delle parti di esse atte ad evidenziare che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di
appello, l’ausiliare non aveva proceduto ad una verifica della incidenza globale delle
singole patologie sulle complessive condizioni del periziato. Si limita infatti ad un
generico richiamo alle “considerazioni medico legali” formulate dal consulente d’ufficio
2

,

di secondo grado, il cui contenuto è riprodotto nell’ambito della illustrazione del
secondo motivo di ricorso. Da esse tuttavia non risulta, né viene specificamente
evidenziato dal ricorrente, l’errore di metodo ascritto all’ausiliare il quale nella parte
finali delle dette “Considerazioni medico legali” chiarisce di avere quantificato la
percentuale attribuita al Villa “viste le tabelle di invalidità civile del D.M. 5/2/92,
considerando le patologie ed applicando la formula riduzionistica.”. In base ai

inidonee a validamente censurare l’accertamento operato nella decisione impugnata.
Parimenti inammissibili sono il secondo ed il terzo motivo di ricorso che possono essere
trattati congiuntamente per l’evidente connessione. Secondo l’orientamento consolidato
di questa Corte “Nel giudizio in materia d’invalidità il vizio, denunciabile in sede di
legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente
tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della
scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali
dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una
corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso
diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò
anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione. ( ex plurirnis v.
Cass. ord .1652 del 2012 ). E’ stato inoltre affermato che “In tema di ricorso per
cassazione per vizio di motivazione, la parte che addebita alla consulenza tecnica
d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di erronei
apprezzamenti contenuti in essa (o nella sentenza che l’ha recepita) ha l’onere di
trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non
condivisi e di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine
di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel
trascurare completamente le critiche formulate in ordine agli accertamento ed alle
conclusioni del consulente d’ufficio. Le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza
devono pertanto possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte di
legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso. ” ( v. tra le altre .
3

precedenti rilievi le argomentazioni svolte a sostegno del primo motivo risultano

Cass. 13845 del 2007) . Parte ricorrente non ha osservato tali prescrizioni. Invero, in
merito alla corretta applicazione delle percentuali di invalidità di cui al D.M. 5.2.1992 il
Villa si limita, nello sviluppo del secondo motivo, a contrapporre con riferimento alle
singole patologie, la propria valutazione diagnostica a quella del consulente d’ufficio,
senza indicare la devianza dalle nozioni della scienza medica o l’omissione di
accertamenti strumentali indispensabili nelle quali sarebbe incorsa la valutazione peritale.

salienti della relazione del consulente e le critiche a riguardo formulate nelle note
controperitali rispetto alle quali denunzia l’omessa motivazione da parte del giudice di
appello.
Consegue il rigetto del ricorso. Nulla per le spese vista la dichiarazione formulata dal
Villa ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo attualmente vigente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Roma, 19 dicembre 2013

In merito poi al denunziato vizio di motivazione omette del tutto di indicare i passi

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