Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6843 del 22/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 22/03/2010), n.6843

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CARMEC S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

ALSER SUD DI G. DONNARUMMA & C. S.A.S. IN LIQUIDAZIONE, in

persona

del Liquidatore pro tempore, entrambe elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato

PETRACCA NICOLA DOMENICO, che le rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PIACCI BRUNO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.G., F.C., S.F., E.

G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4007/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/08/2005 R.G.N. 1852/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. CURZIO Pietro;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Tribunale di Nola accolse il ricorso dei lavoratori P. G., F.C., S.F. e E.G. nei confronti della La Carmec srl e della Alser Sud di G. Donnarumma & c. sas, dichiarando illegittimo il licenziamento dei dipendenti e ordinando alla Carmec srl, rimasta in attività, di reintegrarli nel posto di lavoro e di risarcire il danno subito a causa del licenziamento illegittimo.

L’applicabilità della disciplina sulla tutela reale dei licenziamenti era stata affermata ritenendo che, dietro la forma di due distinte società, vi fosse un unico assetto societario.

Le due società proposero appello, che venne respinto dalla Corte d’Appello di Napoli con decisione pubblicata il 16 agosto 2005.

Contro tale sentenza ricorrono per Cassazione, con atto unico, le due società, proponendo due motivi di ricorso. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Con il primo motivo si denunziano congiuntamente violazione di legge e un vizio di omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione.

La sentenza viene censurata per le seguenti ragioni: la Corte non avrebbe dato atto delle numerose doglianze proposte con l’appello;

avrebbe omesso qualsiasi valutazione sulla attendibilità dei testi indicati dai lavoratori; avrebbe limitato il materiale probatorio su cui ha fondato la decisione unicamente all’esame delle deposizioni richieste dai lavoratori omettendo di esaminare le altre testimonianze e le risultanze documentali; non avrebbe indicato quali fossero i riscontri probatori alla proprie affermazioni. Avrebbe poi travisato i dati probatori, ritenendo provata l’unicità della struttura societaria. Articolando la critica, le ricorrenti assumono poi che la Corte ha ignorato la deposizione del teste Coppola di cui ella stessa aveva disposto l’escussione; non ha ritenuto, come invece avrebbe dovuto, inattendibili i testi A. e S., pur a fronte delle gravi contraddizioni della deposizione del primo e dell’interesse di entrambi derivante dal fatto che avevano a loro volta giudizi in corso nei confronti delle società; non ha riportato le deposizioni limitandosi a riassumerne il contenuto;

ha valorizzato la deposizione del teste So., in ordine all’impiego in società anche dei figli del D. (amministratore di entrambe le società), e alla comunanza di utenze telefoniche, elettriche e dell’acqua.

In conclusione del motivo, si afferma che la Corte “ha completamente omesso di indicare quali fossero gli elementi su cui fondava il proprio convincimento”.

Il motivo è infondato, per le seguenti ragioni.

Le società ricorrenti non indicano specificamente e nel rispetto del canone dell’autosufficienza quali sono le doglianze contenute nell’atto di appello che la Corte non avrebbe considerato.

La sentenza da conto compiutamente delle critiche in ordine alla attendibilità dei testi, ne tiene conto e valuta la prova considerando anche i limiti di tali deposizioni;

Non è vero che la sentenza si basi solo sulle testimonianze indicate dai lavoratori e non tenga conto di altre testimonianze e dei documenti acquisiti al processo.

La sentenza indica, e con precisione, i riscontri probatori delle proprie affermazioni.

In sentenza il giudice non è tenuto a riportare il contenuto testuale delle deposizioni.

Per il resto il motivo di ricorso si risolve in una richiesta di rivalutazione nel merito della decisione, che è del tutto inammissibile in sede di giudizio di legittimità.

E’ opportuno ricordare che per orientamento costante della Corte di cassazione (Sez. L, Sentenza n. 6137 del 19/06/1998 (Rv. 516623) “In ipotesi d’illegittimità del licenziamento intimato da società facente parte di un gruppo, l’accertamento del giudice del merito circa la sussistenza di una situazione elusiva degli obblighi scaturenti dal regime di stabilità reale tale da consentire la computabilità, ai fini della reintegrazione ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18 dei lavoratori dipendenti da tutte le società collegate si risolve in un accertamento di fatto, che, ove sorretto da motivazione immune da vizi, è incensurabile in sede di legittimità.

Con il secondo motivo si denunzia violazione di legge costituita dalle regole ermeneutiche dettate dall’art. 1362 c.c. e segg., e dalla L. n. 300 del 1970, artt. 18 e 35 nonchè omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione.

La violazione delle regole ermeneutiche si sarebbe avuta con l’interpretazione data del verbale di conciliazione sindacale del (OMISSIS), che sarebbe stato erroneamente ritenuto dalla Corte indicativo di un intervento unitario del D.. L’errore sarebbe costituito dal fatto che l’accordo non riguardava i quattro ricorrenti ma altri lavoratori.

La critica è generica perchè non indica quale canone ermeneutico tra quelli previsti dal codice sarebbe stato violato; in ogni caso è evidente che nel ragionamento della Corte quell’accordo non ha rilievo perchè riguarda specificamente i ricorrenti, ma più in generale come indice della unitarietà delle imprese del gruppo.

Un secondo punto di questo motivo di ricorso concerne il vizio di motivazione in ordine alla illegittimità del licenziamento. La censura consiste nel fatto che la Corte si sarebbe limitata a richiamare, dichiarando di condividerla, la motivazione del tribunale.

Per fondare la sua critica però il ricorrente per Cassazione avrebbe dovuto, nel rispetto del canone dell’autosufficienza, riportare le censure mosse su questo specifico punto alla sentenza di primo grado e spiegare come e perchè, in relazione a quelle critiche, la sentenza risulta priva di motivazione. Per come è formulato il ricorso per Cassazione non è dato comprendere se e per quali motivi questa parte della sentenza di primo grado era stata oggetto di impugnazione e, di conseguenza, se e perchè la sentenza di appello, nel fare un mero rinvio alla decisione di primo grado ha omesso di fornire una motivazione sufficiente.

Il ricorso pertanto deve essere rigettato. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva e quindi non vi sono spese da liquidare.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2010

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