Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6843 del 08/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 6843 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 14224-2013 proposto da:
BORGESE ALESSANDRO (BRGLSN67810H501I), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ATANASIO KIRCHER 7, presso lo studio
dell’avvocato STEFANIA IASONNA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ALBERTO GIANNETTI giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

FONDAZIONE TELETHON – incorporante il COMITATO TELETHON
FONDAZIONE ONLUS -, in persona del Procuratore Speciale
v

Dott.ssa FRANCESCA PASINELLI, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA ANIENE, 14 , presso lo studio dell’avvocato CARMINE
GRISOLIA (STUDIO SCIUME’), che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato ROBERTO GEROSA giusta procura
speciale a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 08/04/2016

RAI RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A. (06382641006), in
persona del legale rappresentante pt. SALVATORE LO GIUDICE,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S. COSTANZA 27, presso
lo studio dell’avvocato LUCIA MARINI, che la rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrentinonchè contro

– intimata-

avverso la sentenza n. 2067/2012 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 17/04/2012, R.G.N. 3628/2006;
udita la relazione della causa svolta

nella pubblica

udienza del 19/01/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato STEFANIA IASONNA;
udito l’Avvocato CARMINE GRISOLIA;
udito l’Avvocato CARLO VALLE per delega;
udito il P.M., in persona del

Sostituto Procuratore

Generale Dott. ALBERTO CARDINO, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del maggio 2005, il Tribunale di Roma
(sezione ordinaria, cui la causa era

stata rimessa dalla

sezione lavoro, “non rinvenendosi profili di specificità per
la trattazione con il rito del lavoro”) rigettò la domanda
proposta da Alessandro Borgese nei confronti della RAIRadiotelevisione Italiana S.p.A., della BNL-Banca Nazionale
del lavoro S.p.A. e del Comitato Telethon,

per sentirli

dichiarare responsabili, ai sensi dell’art. 2087 cod. civ.
(per omessa predisposizione di misure di sicurezza) o,
comunque,

ex

art. 2043 cod. civ., del grave infortunio

occorsogli durante la ripresa televisiva, richiesta da RAI 2
per Telethon – nel corso della quale esso attore, acrobata
cinematografico, ebbe ad effettuare un salto da una finestra
della agenzia BNL di Piazza Mazzini, in Roma, situata

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BNL BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A.;

all’altezza di 6,5 mt., per simulare un finto rapimento -,
con conseguente condanna degli stessi convenuti, in solido
tra loro, al risarcimento dei danni patiti.
2. – Avverso tale decisione interponeva impugnazione il
Borgese, che – nel contraddittorio con la RAI, la BNL e il
Comitato Telethon (il quale proponeva anche appello
incidentale sul capo relativo alle spese di lite) – la Corte

2012, rigettava, accogliendo, invece, il gravame del Comitato
Telethon in punto di regolamentazione delle spese del primo
grado.
2.1. – Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte
territoriale, in ordine alla censura con la quale
l’appellante principale lamentava la mancata applicazione
dell’art. 2097 cod. civ., evidenziava che non erano state
indicate, dallo stesso Borgese, le norme infortunistiche
asseritamente violate e neppure quale carenza
organizzativa l’attore attribuisca la causa dell’infortunio”.
2.2. – Il giudice di appello reputava infondata,
altresì, la doglianza sull’accertamento, da parte del
Tribunale, “che la fornitura dell’attrezzatura necessaria per
espletare il salto acrobatica” era a carico dello stuntman e
che questi l’aveva “controllata prima di lanciarsi”,
assumendo che “entrambe le circostanze” erano state ammesse
dal Borgese in sede di interrogatorio formale.
2.3. – La Corte territoriale osservava, poi, che il
Tribunale aveva accertato che il Borgese “sarebbe caduto
malamente”,

non avendo

dimostrato “cause

differenti dello

sfortunato incidente”, là dove lo stesso attore non aveva
allegato in primo grado, con l’atto di citazione e la memoria
ex art. 183 cod. proc. civ., “quale sarebbe la causa del
sinistro”, salvo dedurre, nei capitoli di prova testimoniale,
in modo contraddittorio, l’assenza di “sufficienti misure di
sicurezza quali tappeti o materassi” e che “i tappeti ed
materassi erano stati spostati o mal posizionati”.
3

di appello di Roma, con sentenza resa pubblica il 17 aprile

Il giudice di secondo grado rilevava, quindi, che la
“questione dalla presenza dei materassi” non veniva fatta
oggetto di impugnazione, essendo questa incentrata “su una
diversa prospettazione: spettava al committente, comunque,
supervisionare l’idoneità allo scopo dell’adozione della
misura di sicurezza costituita dai materassi e dalle scatole
di cartone”, asseritamente non sufficiente.

fatto” dedotto in appello, in quanto in primo grado
“l’infortunio veniva dal Borgese attribuito alla mancanza di
materassi (o allo spostamento di essi)”, mentre in sede di
gravame veniva “collegato all’inidoneità della protezione
costituita dai materassi (e sottostanti scatoloni di
cartone)”, con l’ulteriore conseguenza – “anche a poter
prescindere dall’inammissibilità della nuova questione
prospettata” – che l’aver l’attore “lamentato in primo grado
la mancata predisposizione dei materassi (e/o l’inidonea
collocazione di questi)”, implicava, in base all’assunto
dello stesso Borgese, che proprio quella “sarebbe stata la
misura idonea ad evitare il sinistro occorso”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre
Alessandro Borgese sulla base di un unico articolato motivo,
illustrato da memoria.
Resistono con disgiunti controricorsi la RAIRadiotelevisione Italiana S.p.A.

e la Fondazione Telethon,

incorporante il Comitato Telethon, mentre non ha svolto
attività difensiva in questa sede la BNL-Banca Nazionale del
lavoro S.p.A.
CONSIDERATO IN DIRITTO
l. – Con l’unico mezzo è denunciata, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione degli artt. 2087 cod. civ. e 345 cod. proc. civ.
La Corte territoriale avrebbe errato a ritenere nuova la
prospettazione “fondata sull’obbligo per il committente di
controllo e vigilanza sulla misura di sicurezza in concreta
4

Sicché, precisava la Corte territoriale, era “nuovo il

predisposta” dal committente nell’occasione del sinistro
occorso ad esso Borgese, giacché tale prospettazione era
“implicita nella richiesta di risarcimento del danno ex art.
2087 c.c.”, già “incontestabilmente avanzata” in primo grado,
“fondandosi detta responsabilità sull’esame della adozione o
meno, da parte dell’imprenditore, nel caso concretamente
esaminato dal Giudicante, delle misure necessarie, anche

lavoratore”.
Il giudice di appello avrebbe, dunque, violato l’art.
345 cod. proc. civ. “ritenendo nuova, e quindi inammissibile,
la domanda risarcitoria ex art. 2087 c.c. riproposta in
sede di gravame e già avanzata in primo grado”.
Il medesimo giudice avrebbe, altresì, violato l’art.
2097 cod. civ., ritenendo che una domanda fondata su tale
norma «possa prescindere dall’accertamento in diritto se
spetti o meno all’imprenditore o al committente di
“supervisionare l’idoneità allo scopo dell’adozione della
misura di sicurezza” sia dall’accertamento nel merito circa
la effettiva idoneità allo scopo della misura di sicurezza in
concreto adottata».
La Corte territoriale avrebbe, infine, nuovamente
violato l’art. 345 cod. proc. civ. “non ravvisando che il
Giudice di 1 0 grado aveva effettivamente esaminato entrambi
tali aspetti ritenendoli fatti nuovi non deducibili

in

sede di impugnazione”.
2. – Il motivo non può trovare accoglimento.
Con esso, infatti – oltre ad essere carente la
necessaria specificità in punto di ricognizione sia
dell’impianto allegatorio

EIU cui

si fondava la domanda

proposta in primo grado, sia della decisione resa dal
Tribunale, nonché dei congruenti motivi di gravame, con
violazione altresì del principio di c.d. localizzazione di
cui all’art. 366, primo coma, n. 6, cod. proc. civ. – non
viene, altresì, colta appieno la ratio
5

decidendi

della

secondo l’esperienza, a tutelare l’integrità fisica del

sentenza impugnata, giacché – diversamente da quanto opinato
dal ricorrente – la Corte territoriale non ha affermato che

non era stata proposta la domanda risarcitoria in

base al

titolo di cui alla norma dell’art. 2087 cod. civ., ma che la
causa petendi era mutata, con allegazione di fatti diversi da
quelli originariamente.
Ciò, peraltro, in un contesto in cui la domanda avanzata

unicamente si insiste in questa sede di legittimità) non
poteva trovare in ogni caso accoglimento in iure, giacché –

posta l’indiscussa natura autonoma del rapporto di
prestazione d’opera tra il Borgese e il/i committente/i e non
già di rapporto di lavoro in regime di subordinazione
[prestazione di lavoro autonomo confermata dalla sentenza
impugnata (ove si fa riferimento all’incarico professionale
del Borgese affidatogli da committente con contratto di
collaborazione), sulla scorta di quanto già ritenuto dal
primo giudice, e non fatta oggetto di specifica impugnazione
in questa sede] – è da escludere che possa essere nella
specie applicato l’art. 2087 cod. civ., quale titolo della
responsabilità invocato dal Borgese e su cui il ricorso per
cassazione incentra le censure avverso la sentenza di
appello.
E’, difatti, principio consolidato che ai rapporti di
lavoro autonomo non si applicano le norme speciali
antinfortunistiche, che, di regola, presuppongono
l’inserimento del prestatore di lavoro nell’impresa del
soggetto destinatario della prestazione, né l’art. 2087 cod.
civ., il quale,

integrando le richiamate leggi speciali,

riguarda esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato (tra
le altre, Case., 26 gennaio 1995, n. 933; Caos., 16 luglio
2001, n. 9614; Caos., 21 marzo 2013, n. 7128).

3. – Il ricorso deve, dunque, essere rigettato [e ciò si
presta ad essere considerata come “ragione più liquida” (cfr.
anche Case., 26 giugno 2015, n. 13203, in motivazione)
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dall’attore in base all’art. 2087 cod. civ. (sulla quale

rispetto all’esame delle eccezioni di inammissibilità
sollevata dal controricorrente Comitato Telethon] e il
ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 385, primo coma,
cod., proc. civ., al pagamento, in favore delle parti
controricorrenti, delle spese del presente giudizio di
legittimità, come liquidate come in dispositivo in conformità

ai parametri introdotti dal d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
dette spese nei confronti della parte intimata che non ha
svolto attività difensiva in questa sede.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

delle

spese dal presente giudizio di legittimità, che

liquida, in favore di ciascuna parta controricorrente, in
complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi,
oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1 bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione in

Nulla è da disporsi in punto di regolamentazione di

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