Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6839 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 6839 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 17232-2010 proposto da:
LA

LICATA

LILIANA

c.f.

LLCLLN52B56F943Q,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI
39, presso lo studio dell’avvocato GAMBARDELLA CARLA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ORLANDI FERRUCCIO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
3543

contro

AGENZIA DELLE DOGANE C.F. 97210890584,in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

Data pubblicazione: 24/03/2014

cui Uffici domicilia ex lege, in ROMA, alla VIA DEI
PORTOGHESI, 12;

controricorrente

avverso la sentenza n. 21/2010 della CORTE D’APPELLO
di BRESCIA, depositata il 23/03/2010 R.G.N. 254/2009;

udienza del 05/12/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato ORLANDI FERRUCCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FATTO
La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 26 marzo 2010,
riformando la decisione del primo giudice — che l’aveva accolta — rigettava
la domanda proposta da La Licata Liliana nei confronti della Agenzia delle
Dogane ed intesa ad accertare il suo erroneo inquadramento nella
posizione B1 in luogo di quella B3 cui aveva diritto in quanto unica
equivalente all’ex IV livello del personale del comparto scuola dal quale ella
proveniva a seguito di mobilità, con conseguente condanna della

convenuta Agenzia al pagamento delle differenze retributive derivanti dal
diverso inquadramento, oltre accessori.
La Corte osservava: che, all’atto del trasferimento, l’inquadramento della
La Licata nell’amministrazione di provenienza era in B1 sicchè non aveva
rilievo alcuno il riferimento a qualifiche funzionali non più in essere perché
trasposte nei nuovi inquadramenti; che, comunque, a seguito della
procedura di mobilità, era previsto l’inquadramento automatico, avuto
riguardo alla qualifica di provenienza, così come indicata dal datore di
lavoro, nella corrispondente qualifica nella amministrazione

ad quem.

Evidenziava, inoltre, che la dipendente nulla aveva allegato circa le
mansioni effettivamente svolte — sia prima che dopo il passaggio da una
all’altra – sicchè il dato di fatto costituito dalla valutazione ricognitiva
effettuata dal precedente datore di lavoro in ordine all’inquadramento
attribuibile all’atto del trasferimento e richiesta per operare la necessaria
comparazione automatica non poteva essere inficiato da riferimenti a
classificazioni astratte e neppure più vigenti. La Corte, sottolineava che la
domanda era infondata anche alla luce del fatto che la La Licata aveva
espressamente accettato il trasferimento in B1 sicchè era suo onere
provare la non equivalenza del nuovo inquadramento a quello di
provenienza e che l’art. 30 del d.Lgs n. 165/2001, nell’imporre che la
procedura di mobilità era destinata alla copertura di posti in organico
vacanti (quindi individuati per profilo professionale ed inquadramento),
impediva di ritenere che l’inquadramento presso l’amministrazione di
destinazione potesse avvenire solo sulla scorta di una valutazione astratta
di equivalenza con l’inquadramento di provenienza.
Per la Cassazione di tale decisione propone ricorso la La Licata affidato
a tre motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..
Resiste con controricorso la Agenzia delle Dogane.

DIRITTO
1

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione
degli artt. 112 c.p.c. e 52, comma 2,° d.Lgs. n. 165/2001 per essere incorsa
la Corte di merito nel vizio di ultrapetizione ritenendo che la ricorrente
avesse richiesto l’attribuzione di una qualifica superiore mentre la domanda
era intesa solo al riconoscimento della qualifica corrispondente a quella B1
da lei ricoperta nella amministrazione di provenienza e cioè la C1 o la B3 e
non la B1 in cui era stata inquadrata all’esito della procedura di mobilità.
Peraltro, giammai la ricorrente avrebbe potuto invocare una qualifica

superiore ostandovi il divieto di cui all’art. 52 cit..
Il motivo è infondato.
L’impugnata sentenza individua correttamente quello che era il “petitum”
dell’azione e cioè il bene della vita richiesto, laddove afferma che il ricorso
era inteso ad ottenere il riconoscimento di un inquadramento superiore
nella amministrazione di destinazione rispetto a quello attribuito. Peraltro, la
Corte di merito ha mostrato di aver correttamente interpretato anche la
“causa petendi” dell’azione avendo, in fatto, precisato che la La Licata
aveva allegato di essere stata erroneamente inquadrata nella posizione B1
in luogo di quella B3.
Con il secondo mezzo viene dedotta la nullità della sentenza in relazione
all’art. 52, primo comma, del d.Lgs. n. 165/2001 ed alle disposizioni
contenute nei CCNL dei rispettivi comparti di provenienza (scuola) e di
destinazione (ministeri).
Si assume che l’impugnata sentenza aveva violato il disposto dell’art. 52
comma 1° cit. che, in materia di pubblico impiego privatizzato, ha sancito il
diritto dalla adibizione alle mansioni per le quali il dipendente è stato
assunto o ad altre equivalenti, così recependo un concetto di equivalenza
“formale”, ancorato alle previsioni della contrattazione collettiva
(indipendentemente dalla professionalità acquisita) e non sindacabile dal
giudice.
Ed infatti, diversamente da quanto correttamente operato dal Tribunale, la
Corte di merito non aveva affatto condotto una verifica della equipollenza
tra le diverse qualifiche previste dai CCNL dei rispettivi comparti.
Con il terzo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa
applicazione degli artt. 2113 comma 1° e 1419 comma 2° c.c. nonché 30 e
52 del d.Lgs n. 165/2001 e per contraddittorietà della motivazione.
La Corte di appello, infatti, aveva violato il principio in virtù del quale, nel
rapporto di pubblico impiego, la mobilità volontaria presso altra
2

amministrazione integra una fattispecie diversa dall’assunzione e consiste
nella modificazione soggettiva del rapporto di lavoro, con il consenso di
tutte le parti e, quindi, una cessione del contratto, con continuità del suo
contenuto, che comporta conservazione dell’anzianità, della qualifica e del
trattamento economico. Con la conseguenza che non poteva affermarsi,
come fatto nella impugnata sentenza, che l’aver accettato un trasferimento
comportante un demansionamento oltre che una riduzione del trattamento
economico equivaleva ad una rinuncia del lavoratore ai propri diritti.

Entrambi i motivi sono inammissibili.
Va, in primo luogo, rilevato che la circostanza per la quale l’inquadramento
attribuito alla ricorrente nella amministrazione di destinazione aveva
comportato una riduzione della retribuzione già in precedenza goduta non
risulta essere stata allegata nelle precedenti fasi di merito ( la domanda era
intesa ad ottenere la differenze retributive derivanti dall’inquadramento
nella categoria B3 nell’amministrazione ad quem).
Ed infatti, con riferimento al trattamento economico, non è stata lamentata
la violazione del principio più volte affermato da questa Corte secondo cui
in tema di pubblico impiego, l’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, che
riconduce il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla
fattispecie della “cessione del contratto”, comporta, per i dipendenti
trasferiti, l’applicazione del trattamento giuridico ed economico previsto dai
contratti collettivi del comparto dell’Amministrazione cessionaria, salvi gli
assegni “ad personam” attribuiti al fine di rispettare il divieto di “reformatio
in peius” del trattamento economico già acquisito, che sono destinati ad
essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo
spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria. (Cass.

n. 5959

del 16/04/2012; Cass. 16 giugno 2005, n. 12956; Cass. 13 aprile 2006, n.
8693; Cass. 11 aprile 2006, n. 8389; Cass. 8 maggio 2006, n. 10449; Cass.
8 gennaio 2007, n. 55; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2265; Cass. 29 marzo
2010, n. 7520; Cass. 19 novembre 2010, n. 23474; Cass. 2 marzo 2011, n.
5097).
Ciò detto, entrambi i mezzi non contengono censure idonee ad inficiare
una delle “rationes decidendi” della impugnata individuabile nel rilievo che il
nuovo inquadramento automatico effettuato sulla scorta della qualifica di
provenienza era stato accettato dalla La Licata la quale, avvertita del fatto
che sarebbe stata inquadrata in B1, lo aveva espressamente richiesto. Nel
caso in esame, infatti, in risposta alla prima domanda di mobilità
3

presentata dalla ricorrente, l’Agenzia delle Dogane aveva chiarito che
l’inquadramento nella amministrazione di destinazione sarebbe avvenuto
solo in B1 e, quindi, aveva “invitato” la predetta, se ancora interessata, a
riformulare la domanda chiedendo espressamente l’inquadramento in B1 .
In entrambi i mezzi, in effetti, per superare tale dato di fatto si afferma che
non sarebbe stato valido un consenso prestato ad un demansionannento ed
ad una riduzione della retribuzione. Con riferimento a questa ultima

la nullità della disposizione contrattuale in contrasto con quella della legge
e della contrattazione collettiva e, ciononostante, inserita nel contratto di
lavoro ( nel caso in esame l’inquadramento in una qualifica errata rispetto a
quella di provenienza) e la sua sostituzione, ex ad. 1419 c.c., con la
disposizione violata.
Orbene, non risulta che tale prospettazione sia stata proposta nei
precedenti gradi di merito e, in quanto nuova, è inammissibile.
Alla luce di quanto sin qui esposto il ricorso va rigettato.
Il diverso esito dei gradi di merito induce a compensare le spese del
presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Code rigetta il ricorso, compensa tra le parti le spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2013.

allegazione si è già sopra detto. Quanto al demansionamento viene dedotta

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