Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6838 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 6838 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: FERNANDES GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 18365-2010 proposto da:
MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE
SOCIALI,

in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,
alla VIA DEI PORTOGHESI, 12;
– ricorrente –

2013

contro

3517

SA DONA’

TIZIANO

MARIA

elettivamente domiciliata
BLUMENSTIHL 55,

presso

C.F.

SNDTNM49P15L947P,

in ROMA, VIA BERNARDO
lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 24/03/2014

BINDOCCI CATERINA, che la rappresenta e difende,
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 267/2010 della CORTE D’APPELLO
di FIRENZE, depositata il 12/03/2010 R.G.N. 992/2008;

udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. GIULIO
FERNANDES;
udito l’Avvocato GIANNUZZI MASSIMO;
udito l’Avvocato BINDOCCI CATERINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FATTO

La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 12 marzo 2010,
confermava la decisione del Tribunale di Grosseto che, accogliendo la
domanda proposta da Sandonà Tiziano Maria nei confronti del Ministero
del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, aveva dichiarato illegittima
la decurtazione di stipendio operata all’atto del passaggio del ricorrente
dalla Agenzia del Demanio alla Direzione Provinciale del Lavoro di
Grosseto condannando il convenuto Ministero al pagamento delle

differenze retributive.
La Corte, richiamato il quadro normativo in base al quale si era realizzato il
transito per opzione del Sandonà al Ministero del Lavoro ( art. 3, comma
5° del d.Lgs n. 173/2003, art. 1, comma 577 della L. n. 266/2005 e 74 della
legge n. 300/1999), riteneva che la fattispecie andava inquadrata
nell’ambito della cessione di contratto – così come affermato dalle Sezioni
Unite di questa Corte nella sentenza n. 26240/2006 — con diritto del
dipendente transitato al mantenimento della retribuzione in godimento
nella amministrazione di provenienza. Sul punto precisava che l’assunto
dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui doveva trovare applicazione il
disposto dell’ad. 202 del T.U. n. 3 del 1957, era infondato per due ordini di
ragioni: in primo luogo, perché detta norma era stata abrogata dall’art. 69
del d.Lgs. n. 165/2001 e, quindi, sostituita dalla disciplina di cui all’ad. 30
del d.Lgs n. 165/2001; e, inoltre, perchè l’art. 202 riguardava solo i casi di
passaggio da una amministrazione statale ad altra, sempre statale, e si
disinteressava delle vicende dei dipendenti di altre amministrazioni
pubbliche. Osservava, infine, che, nel caso in esame, il dipendente aveva
subito il passaggio senza alcuna possibilità di interferire nella vicenda
sicchè un mutamento in pejus del livello retributivo non sarebbe stato in
alcun modo giustificato da una sua libera scelta.
Per la atssazione di tale decisione propone ricorso il Ministero affidato a
due motivi.
Resiste con controricorso il Sandonà.
DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione
dell’art. 30, comma 2 quinquies del d.Lgs n. 165/2001.
Si assume che la Corte di merito avrebbe applicato lo schema contrattuale
della cessione del contratto — cui va ricondotto il passaggio diretto di
personale tra amministrazioni diverse ai sensi dell’ad. 30 cit. così come
1

modificato dall’ad. 16, comma 1 0 della legge 246 del 28 novembre 2005 —
senza í dovuti adattamenti imposti dal fatto che datore di lavoro è la
pubblica amministrazione la cui attività deve essere informata ai criteri
generali di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa. In
particolare, avrebbe violato il disposto dell’art. 30 quinquies che stabilisce
la regola generale dell’applicazione del trattamento giuridico ed economico,
compreso quello accessorio, previsto dai contratti collettivi vigenti nel
comparto dell’amministrazione cessionaria.

Il motivo è infondato.
Vale ricordare che questa Corte ha affermato il principio secondo cui in
tema di pubblico impiego, l’ad. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, che riconduce
il passaggio diretto di personale da amministrazioni diverse alla fattispecie
della “cessione del contratto”, comporta, per i dipendenti trasferiti,
l’applicazione del trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti
collettivi del comparto dell’Amministrazione cessionaria, salvi gli assegni
“ad personam” attribuiti al fine di rispettare il divieto di “reformatio in peius”
del trattamento economico già acquisito, che sono destinati ad essere
riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo
spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria. (Cass.

n. 5959

del 16/04/2012). E’ stato, infatti, rilevato che nella giurisprudenza di

legittimità può dirsi ormai consolidato il condiviso orientamento secondo
cui, nell’ambito del lavoro pubblico, nel caso di passaggio da una
Amministrazione ad un’altra è assicurata – in mancanza di disposizioni
speciali – la continuità giuridica del rapporto di lavoro e il mantenimento del
trattamento economico, il quale, ove risulti superiore a quello spettante
presso l’ente di destinazione, opera nell’ambito della regola del
riassorbimento degli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il
divieto di reformatio in pejus del trattamento economico acquisito, in
occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico
riconosciuti per effetto del trasferimento, secondo quanto risulta
argomentando dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 34, come sostituito dal D.Lgs.
n. 80 del 1998, art. 19, (ora d.Lgs. n. 165 del 2001, art. 31), che richiama le
regole dettate dall’ad. 2112 c.c., (Cass. 16 giugno 2005, n. 12956; Cass. 13
aprile 2006, n. 8693; Cass. 11 aprile 2006, n. 8389; Cass. 8 maggio 2006,
n. 10449; Cass. 8 gennaio 2007, n. 55; Cass. 2 febbraio 2007, n. 2265;
Cass. 29 marzo 2010, n. 7520; Cass. 19 novembre 2010, n. 23474; Cass.
2 marzo 2011, n. 5097).
2

schema dogmatico della cessione del contratto, poi, aveva affermato che
dello
Sandonà aveva subito la vicenda del passaggio da
il
altra senza alcuna possibilità
una
amministrazione
ad
di
autodeterminazione (
quindi
sostenendo la
non necessità dalla volontà del contraente ceduto ovvero la irrilevanza
consenso del contraente ceduto)
Il
del
motivo è inammissibile in quanto censura un’argomentazione della
“ratio
sentenza
impugnata svolta “ad abundantiam”, e pertanto non costituente
decidendi”
della medesima. ( “Né, infine, può trascurarsi di tener
23635
conto della vicenda concreta che ha visto un dipendente…..”. cfr. Cass.
do/22/11/2010ln. 2
4591 del
n.
23/11/2005).
Per quanto esposto
il
ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio, per
il
principio della soccombenza, sono
Poste a carico del Ministero ricorrente e vengono liquidate come da
dispositivo in favore del Sandonà.

P. Q. M.
La Code rigetta il ricorso, condanna il ricorrente Ministero alle spese

del
presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3.000,00
per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2013.

motivazione
Con il secondo
motivo si deduce omessa , insufficiente e contraddittoria
in
ordine
al profilo della controversia, da
laddove la Code
di
ritenersi
decisivo,
merito, dopo aver affermato che
di mobilità
ritenuta sussistente nel caso di specie era inquadrabilel’ipotesi
nell’ambito

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