Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6838 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 11/03/2020), n.6838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22422-2014 proposto da:

B.C., F.C., domiciliati in ROMA P.ZZA CAVOUR

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’Avvocato NICOLA GIULIANI giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

UNIONE MONTANA DEI COMUNI DEL MUGELLO in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 19, presso lo studio dell’avvocato CARLO BALDASSARI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE CONOSCENTI

giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 289/2014 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 14/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott.ssa CAPRIOLI MAURA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per i ricorrenti l’Avvocato DIRINDELLI per delega dell’Avvocato

GIULIANI che si riporta agli atti e deposita due Sentenze della

Corte di Cassazione n. 21104 e n. 23251;

udito per il controricorrente l’Avvocato CONOSCENTI che si riporta

agli atti.

Fatto

F.C. e B.C. impugnavano l’ingiunzione di pagamento con cui la società Sorit s.p.a., per conto della Comunità Montana del Mugello, aveva richiesto il pagamento dei contributi di bonifica relativi agli anni 2006, 2007 e 2008. La commissione tributaria provinciale di Firenze rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Toscana.

In particolare la CTR, richiamati i precedenti di questa Corte sul correlativo regime di prova (Cass. n. 4525e 4523 del 2009 e S.U. n. 26009/2008), riteneva che la Comunità del Mugello avesse fornito la prova della pretesa azionata con un analitico piano classifica degli immobili e della loro comprensione nel” perimetro di contribuenza ” sicchè gravava sul contribuente l’onere di dimostrare la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, onere che nella specie non era stato assolto avendo i consorziati presentato generiche contestazioni circa la mancata dimostrazione di un vantaggio fondiario specifico e diretto.

Avverso la sentenza della CTR F.C. e B.C. propongono ricorso per cassazione affidato a 4 motivi illustrati con memoria. Si è costituita in giudizio con controricorso l’Unione Montana dei Comuni del Mugello.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo deducono la violazione falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, allegato E; nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 3 e/o 7 e/o 39, anche per difetto assoluto di motivazione sulla valutazione della relazione tecnica prodotta dall’ente impositore fin dal primo grado specie circa le modalità di determinazione dell’asserito beneficio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

I ricorrenti lamentano in particolare la mancata disapplicazione degli atti amministrativi generali (piano classifica e perimetro di contribuenza) da parte della CTR, la quale in questo modo avrebbe violato della L. n. 2248 del 1865, art. 5, allegato E) nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 3 e/o 7 e/o 39, nonchè si dolgono del difetto assoluto di motivazione sulla valutazione della relazione tecnica prodotta dall’Ente fin dal primo grado, specie circa le modalità di determinazione dell’asserito beneficio.

Con il- secondo motivo i contribuenti si dolgono della violazione dell’art. 2697 c.c. circa la dimostrazione del beneficio posto a base della pretesa contributiva in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3 e dell’omessa motivazione circa la valutazione dell’asserito perimetro di contribuenza allegato in calce al piano classifica in primo grado e alla conseguente mancata prova della presenza degli immobili dei ricorrenti all’interno di un valido perimetro di contribuenza.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano sempre con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 215 del 1933, artt. 10, 11, 54 nonchè della L.R. Toscana n. 34 del 1994, artt. 3 e 16 nonchè dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità con particolare riferimento alla qualificazione giuridica del beneficio.

Lamentano infatti che il Consorzio non avrebbe fornito la prova “certa” dell’esistenza di un beneficio diretto, concreto e specifico in rapporto causale diretto con le opere di bonifica, trasformando il contributo in una surrettizia quanto ingiustificata imposta patrimoniale.

Con il quarto motivo i ricorrenti deducono con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 215 del 1933, artt. 3, 10 e 58 nonchè della L.R. Toscana n. 34 del 1994, art. 15.

Si lamentano infatti dell’omessa approvazione /trascrizione di un perimetro di contribuenza approvato e trascritto a norma di legge.

Il primo motivo è infondato.

Sul punto va ricordato che il giudice tributario può disapplicare tutti gli atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione, anche d’ufficio, purchè detti atti siano rilevanti per la decisione, per essere stati investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all’atto impositivo impugnato (Cass. 2012 n. 9631).

Motivi di impugnazione che nel caso di specie non sono stati dedotti dai contribuenti i quali si sono lamentati in termini generici di una adozione e di una approvazione avvenuta non a norma di legge.

Con riguardo al difetto assoluto di motivazione dedotto con riferimento alla relazione tecnica il motivo d’impugnazione, così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

Giova, in proposito, rammentare – come è stato ribadito anche di recente da questa Corte – che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione” (e nei limiti in cui essa è consentita dalla “novellazione” del testo del n. 5 del medesimo art. 360 c.p.c.); “il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi” essendo, peraltro, “segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa” (Cass. 16 febbraio 2017, n. 4125; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155).

Il secondo motivo va disatteso in quanto non ricorre alcuna violazione dell’art. 2697 c.c..

La CTR ha fatto corretta applicazione – espressamente richiamandolo con riferimento a Cass. SSUU n. 260008 – del consolidato orientamento di legittimità in materia; secondo cui, in caso di mancata contestazione del piano di contribuenza e del piano di classifica, è onere del contribuente fornire la prova di carenza di vantaggiosità fondiaria (utilitas) dipendente dall’esecuzione delle opere di bonifica e di manutenzione idraulica; salvo concludere nel senso che

tale prova era qui stata fornita (cfr. Cass. nn. 9511/2018, 24356/2018, 23220/2014);

Già le SS.UU. hanno avuto, infatti, modo di affermare, in particolare, che “quando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi di bonifica sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, la contestazione di tale piano da parte di un consorziato, in sede di impugnazione della cartella, impedisce di ritenere assolto da parte del Consorzio il proprio onere probatorio, ed il giudice di merito deve procedere, secondo la normale ripartizione dell’onere della prova, all’accertamento dell’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti derivanti dalle opere di bonifica per gli immobili di proprietà del consorziato stesso situati all’interno del perimetro di contribuenza; in quanto, se la (verificata) inclusione di uno (specifico) immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione del contributo, determinante ai fini del “quantum” è l’accertamento della legittimità e congruità del “piano di classifica” con la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio” (cfr. SS.UU. n. 11722/2010); Tale principio si pone nel solco di SS.UU. n. 26009/2008, secondo cui “in tema di contributi consortili, allorquando la cartella esattoriale emessa per la riscossione dei contributi medesimi sia motivata con riferimento ad un “piano di classifica” approvato dalla competente autorità regionale, è onere del contribuente che voglia disconoscere il debito contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, nessun ulteriore onere probatorio gravando sul Consorzio, in difetto di specifica contestazione. Resta ovviamente ferma la possibilità da parte del giudice tributario di- avvalersi dei poteri ufficiosi previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, ove ritenga necessaria una particolare indagine riguardo alle modalità con le quali il Consorzio stesso è in concreto pervenuto alla liquidazione del contributo”;

La Corte (cfr. Cass. n. 17066/2010) ha altresì osservato che il contribuente è sempre ammesso a provare in giudizio – anche in assenza di impugnativa diretta in sede amministrativa del piano di classifica l’insussistenza del beneficio fondiario; sia sotto il profilo della sua obiettiva inesistenza, sia in ordine ai criteri con cui il Consorzio abbia messo in esecuzione le direttive del predetto atto amministrativo per la determinazione del contributo nei confronti dell’onerato con la conseguenza che – soddisfatto l’onere probatorio così posto a carico del contribuente spetterà al giudice tributario di disapplicare, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 7, comma 5, il piano di classifica medesimo, in quanto illegittimo; Questo principio è poi stato successivamente ribadito da Cass. n. 20681/2014 e da Cass. n. 21176/2014, secondo cui “in tema di contributi di bonifica, il contribuente, anche qualora non abbia impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (e cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del Consorzio), che riguardano l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del Consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente.(cfr nello stesso senso Cass. 2019 nr 23251).

La decisione qui impugnata è conforme con i principi così affermati, poichè la Commissione tributaria-regionale ha deciso la lite ponendo l’onere probatorio in-questione a carico dei consorziati, rilevando che l’inclusione dell’immobile nel “perimetro del comprensorio consortile” era circostanza idonea a far presumere che i lavori eseguiti nel perimetro abbiano utilità per tutti gli immobili compresi nell’area.

Gli stessi consorziati, inoltre, non hanno in alcun modo dedotto di aver proposto specifica impugnativa o contestazione del piano di classifica in quanto tale, essendosi limitati ad affermare che nessun vantaggio era di fatto alle loro proprietà derivato dall’esecuzione delle opere di bonifica.

In questo quadro ha correttamente ritenuto sussistenti i presupposti per il pagamento dei contributi consortili, superando quanto dedotto dai ricorrenti, che oppongono una diversa valutazione di tali elementi al fine di escludere l’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti dalle opere di bonifica per immobili situati all’interno del “comprensorio di bonifica”.

Parimenti infondato è il terzo motivo del ricorso con cui si contesta la mancata prova da parte del Consorzio dell’esistenza di un beneficio diretto,concreto e specifico in rapporto diretto con le opere di bonifica.

Si tratta di una valutazione che non è sindacabile in questa sede alla luce della nuova formulazione della stessa norma secondo quanto espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata in base ai canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”. E ancora: “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”. Nulla di tutto questo è rinvenibile nelle argomentazioni formulate nel ricorso a sostegno del motivo in esame.

Da ultimo (quarto motivo) si osserva con riguardo alla prospettata omessa approvazione o trascrizione di un perimetro di contribuenza che “la trascrizione del provvedimento di “perimetrazione della contribuenza” prevista dal R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10, comma 2 assolve esclusivamente alla funzione di mera pubblicità-notizia, in quanto adempimento di natura meramente dichiarativa, diretto a soddisfare l’esigenza della localizzazione degli interventi di bonifica e a rendere pubblico il perimetro di contribuenza (Cass. n. 13167 del 2014).

il ricorso deve essere pertanto respinto con condanna della parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 400,00 oltre spese forfettarie nella misura del 15% e oneri come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 11 marzo 2020

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