Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6837 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 11/03/2020), n.6837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11533-2014 propostoda:

F.C., Z.F., F.G.,

M.F.L., domiciliati in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’Avvocato

NICOLA GIULIANI giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

UNIONE MONTANA DEI COMUNI DEL MUGELLO in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 19, presso lo studio dell’avvocato CARLO BALDASSARI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE CONOSCENTI

giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 109/2013 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 26/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott.ssa CAPRIOLI MAURA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per i ricorrenti l’Avvocato DIRINDELLI per delega dell’Avvocato

GIULIANI che si riporta agli atti e deposita n. 2 sentenze della

Corte di Cassazione n. 21104 e n. 23251;

udito per il controricorrente l’Avvocato CONOSCENTI che si riporta

agli atti.

Fatto

F.C., M.F.L., F.G. e Z.F. impugnavano l’ingiunzione di pagamento con cui la società Sorit s.p.a., per conto della Comunità Montana del Mugello, aveva richiesto il pagamento dei contributi di bonifica relativi agli anni 2006,2007 e 2008.

La commissione tributaria provinciale di Firenze rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Toscana.

In particolare la CTR, richiamati i precedenti di questa Corte sul correlativo regime di prova (Cass. n. 4525e 4523 del 2009 e S.U. n. 26009/2008), riteneva che la Comunità del Mugello avesse fornito la prova della pretesa azionata con un analitico piano classifica degli immobili e con la produzione di una dettagliata relazione tecnica che collega il beneficio alla proprietà dei contribuenti; beneficio, ove sia collegato, come qui avviene alla singola proprietà fondiaria può derivare dalla ” manutenzione delle sponde, dalla ricalibratura dell’alveo del fiume, dalla manutenzione del reticolo idraulico e della rete di scolo, opere fondamentali per impedire fenomeni di erosione e di alluvioni abbondanti con conseguenti dissesti ed esondazioni”.

Avverso la sentenza della CTR F.C., M.F.L., F.G. e Z.F. propongono ricorso per cassazione affidato a 5 motivi illustrati con memoria. Si è costituita in giudizio con controricorso l’Unione Montana dei Comuni del Mugello.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. ed anche la nullità della sentenza per omesso esame del vizio di legittimità degli atti impugnati relativi il loro difetto di motivazione(violazione e/o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. z) ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti relativamente al predetto difetto di motivazione delle ingiunzioni impugnate in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il secondo motivo deducono la violazione e falsa applicazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, allegato E; nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 3 e/o 7 e/o 39 anche per difetto assoluto di motivazione sulla valutazione della relazione tecnica prodotta dall’ente impositore fin dal primo grado specie circa le modalità di determinazione dell’asserito beneficio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

I ricorrenti lamentano, in particolare, la mancata disapplicazione degli atti amministrativi generali (piano classifica e perimetro di contribuenza) da parte della CTR, la quale in questo modo avrebbe violato la L. n. 2248 del 1865, art. 5, allegato E) nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 3 e/o 7 e/o 39 nonchè si dolgono del difetto assoluto di motivazione sulla valutazione della relazione tecnica prodotta dall’Ente fin dal primo grado, specie circa le modalità di determinazione dell’asserito beneficio.

Con il terzo motivo i contribuenti si dolgono della violazione dell’art. 2697 c.c. in ordine alla dimostrazione del beneficio posto a base della pretesa contributiva in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e dell’omessa motivazione circa la valutazione dell’asserito perimetro di contribuenza allegato in calce al piano classifica in primo grado e alla conseguente mancata prova della presenza degli immobili dei ricorrenti all’interno di un valido perimetro di contribuenza.

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano sempre con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 215 del 1933, artt. 10, 11, 54 nonchè della L.R. Toscana n. 34 del 1994, artt. 3 e 16 nonchè dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità con particolare riferimento alla qualificazione giuridica del beneficio.

Lamentano infatti che il Consorzio non avrebbe fornito la prova ” certa” dell’esistenza di un beneficio diretto, concreto e specifico in rapporto causale diretto con le opere di bonifica, trasformando il contribueto in una surrettizia quanto ingiustificata imposta patrimoniale.

Con il quinto motivo i ricorrenti deducono con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 215 del 1933, art. 3, 10 e 58 nonchè della L.R. Toscana n. 34 del 1994, art. 15.

Si lamentano infatti dell’omessa approvazione/trascrizione di un perimetro di contribuenza approvato e trascritto a norma di legge.

Il primo motivo è inammissibile.

Sul punto va rilevato che ove il ricorso per cassazione deduca la violazione, nel giudizio di merito, dell’art. 112 c.p.c., riconducibile alla prospettazione di un’ipotesi di error in procedendo per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del fatto processuale ed accerta la sussistenza o meno della violazione denunciata prescindendo dalla motivazione resa dal giudice del merito (Cass. n. 18932 del 2016), detto vizio, non essendo rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte del ricorrente, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra l’altro, il rinvio per relationem agli atti della fase di merito, dell’onere di indicarli compiutamente, non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca ma solo ad una verifica degli stessi. Ne consegue che, per poter utilmente dedurre, in sede di legittimità, un vizio di omessa pronunzia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primis, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la decisività delle questioni prospettatevi (Cass. n. 25299 del 2014). E’, quindi, inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su una domanda se la stessa non sia stata compiutamente riportata nella sua integralità nel-ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano nuove e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (Cass. n. 17049 del 2015).

Nel caso di specie, i ricorrenti si sono limitati a dedurre, in ricorso, di aver proposto la questione del difetto di motivazione delle ingiunzioni fiscali in contestazione senza dare alcuna indicazione del dove, del quando e del come la stessa sia stata proposta.

In ogni caso giova ricordare il principio secondo cui il dedotto difetto di motivazione della cartella esattoriale “non può… condurre all’astratta dichiarazione di nullità della medesima, allorchè la stessa, come nella specie, sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia, da un lato, dimostrato di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione puntualmente contestandoli e, dall’altro, non abbia allegato e specificamente provato quale sia stato in concreto il pregiudizio che il vizio dell’atto abbia determinato al suo diritto di difesa (Cass. Sez. U. n. 11722/2010).

In relazione al secondo motivo va rilevato che il giudice tributario può disapplicare tutti gli atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione, anche d’ufficio, purchè detti atti siano rilevanti per la decisione, per essere stati investiti dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all’atto impositivo impugnato (Cass. 2012 n. 9631).

Motivi di impugnazione che, nel caso di specie, non sono stati dedotti dai contribuenti i quali si sono lamentati in termini generici di una adozione e di una approvazione avvenuta non a norma di legge.

Con riguardo al difetto assoluto di motivazione dedotto con riferimento alla relazione tecnica il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul- quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.

Giova, in proposito, rammentare – come è stato ribadito anche di recente da questa Corte – che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione” (e nei limiti in cui essa è consentita dalla “novellazione” del testo del n. 5 del medesimo art. 360 c.p.c.); “il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi” essendo, peraltro, “segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa” (Cass. 16 febbraio 2017, n. 4125; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155).

Il terzo motivo va disatteso in quanto non ricorre alcuna violazione dell’art. 2697 c.c..

La CTR ha fatto corretta applicazione – espressamente richiamandolo con riferimento a Cass. SSUU n. 260008 – del consolidato orientamento di legittimità in materia; secondo cui, in caso di mancata contestazione del piano di contribuenza e del piano di classifica, è onere del contribuente fornire la prova di carenza di vantaggiosità fondiaria (utilitas) dipendente dall’esecuzione delle opere di bonifica e di manutenzione idraulica; salvo concludere nel senso che tale prova era qui stata fornita.

Il giudice di appello in conformità con la giurisprudenza di questa Corte sul correlativo regime di prova (Cass. 2016 nr27469; Cass. n. 11722/2010; n. 26009/2008; Cass. n. 9511 del 2018; nello stesso senso in precedenza Cass. n. 24356 del 2016; Cass. n. 24070 del 2014; Cass. n. 654 del 2012)), ha accertato l’adozione da parte del Consorzio di un “analitico piano di classifica con la produzione di una dettagliata relazione tecnica che collega il beneficio alla proprietà del contribuente in causa.

In questo quadro ha correttamente ritenuto sussistenti i presupposti per il pagamento dei contributi consortili, superando quanto dedotto dai ricorrenti, che oppongono una diversa valutazione di tali elementi al fine di escludere l’esistenza di vantaggi fondiari immediati e diretti dalle opere di bonifica per immobili situati all’interno del “comprensorio di bonifica”.

Parimenti infondato è il quarto motivo del ricorso con cui si contesta la mancata prova da parte del Consorzio dell’esistenza di un beneficio diretto, concreto e specifico in rapporto diretto con le opere di bonifica.

Si tratta di una valutazione che non è sindacabile in questa sede alla luce della nuova formulazione della stessa norma secondo quanto espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 8053 del 2014: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata in base ai canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”. E ancora: “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”. Nulla di tutto questo è rinvenibile nelle argomentazioni formulate nel ricorso a sostegno del motivo in esame.

Da ultimo (quinto motivo) si osserva con riguardo alla prospettata omessa approvazione o trascrizione di un perimetro di contribuenza prevista dal R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10, comma 2, che detto adempimento di natura meramente dichiarativa assolve esclusivamente alla funzione di mera pubblicità-notizia, in quanto diretto a soddisfare l’esigenza della localizzazione degli interventi di bonifica ed a rendere pubblico il perimetro di contribuenza, e non integra “principio fondamentale” ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 3″ (Cass. n. 13167 del 2014; Cass. 24644/2018).

Il ricorso deve essere pertanto respinto con condanna della parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso- e condanna la parte ricorrente alle spese della presente fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 500,00 oltre spese forfettarie in misura del 15% e oneri come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 11 marzo 2020

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