Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6836 del 16/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 16/03/2017, (ud. 02/03/2017, dep.16/03/2017),  n. 6836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al nr. 18024/2016 proposto da:

C.G., C.R., G.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA SABOTINO 31, presso lo studio dell’avvocato

GIORGIA MINOZZI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GAETANO MARCHESI;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. BELLONI 88, presso lo

studio dell’avvocato DANIELA DAL BO, rappresentato e difeso

dall’avvocato RITA (detta MARITA) VENTURA;

– controricorrente –

e contro

C.E.;

– intimato –

per regolamento di competenza avverso il decreto n. R.G. 3278/2014

del TRIBUNALE di LODI, depositato il 16/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/03/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA;

lette le conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. ALBERTO

CARDINO che chiede che codesta Suprema Corte voglia rigettare

l’istanza per regolamento di competenza, confermando così la

sospensione impugnata.

Fatto

FATTI DI CAUSA

G.A., C.G. e C.R. propongono ricorso per regolamento di competenza avverso il provvedimento in data 16 giugno 2016, col quale il Tribunale di Lodi ha sospeso il giudizio di opposizione all’esecuzione introdotto dagli odierni ricorrenti in attesa della definizione del giudizio per azione revocatoria ordinaria introdotto dal Fallimento (OMISSIS) srl in liquidazione qui resistente.

Il ricorso è proposto per violazione dell’art. 295 cod. proc. civ..

Si difende con apposita memoria il Fallimento.

Non si difende C.E..

Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 ter cod. proc. civ..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Va premesso che:

– il processo esecutivo per espropriazione immobiliare nel quale è stata proposta dai terzi proprietari esecutati G. e C.R. e G. l’opposizione all’esecuzione, oggetto di questo regolamento, prende le mosse dalla conversione di un sequestro conservativo penale concesso nell’ambito del processo penale per bancarotta fraudolenta, distruttiva e preferenziale, nel quale era imputato C.E., socio e amministratore della società (OMISSIS) Srl, fallita in data 3-4 aprile 2008;

– l’ordinanza di sequestro conservativo penale aveva avuto ad oggetto, tra gli altri, anche beni immobili intestati alla moglie ed ai figli dell’imputato, G.A. e R. e C.G.;

– C.E. è stato condannato con sentenza penale definitiva, anche al risarcimento dei danni in favore del Fallimento costituito parte civile nel processo penale, liquidati nell’importo complessivo di Euro 277.730,00;

– a seguito di conversione del sequestro penale in pignoramento, il Fallimento ha depositato l’istanza di vendita dei beni di proprietà degli odierni ricorrenti;

– questi hanno proposto opposizione, per motivi qui non rilevanti, nonchè per mancato esercizio dell’azione revocatoria degli atti di compravendita con i quali gli immobili pignorati sono stati loro trasferiti dal debitore C.E..

1.2. Il giudice ha ritenuto che il titolo esecutivo in forza del quale si era avuta la conversione del sequestro in pignoramento fosse la sentenza penale di condanna dell’imputato al risarcimento del danno e che, avendo il Fallimento, nelle more della causa di opposizione, instaurato azione revocatoria al fine di ottenere una pronuncia diretta a far rientrare i beni immobili sequestrati nel patrimonio del dante causa, vi fosse pregiudizialità tra l’azione revocatoria ed il giudizio di opposizione all’esecuzione. Perciò, dopo aver affermato che la decisione di questo “debba comunque dipendere dalla decisione della revocatoria”, ne ha disposto la sospensione ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ..

1.3. I ricorrenti censurano il provvedimento osservando che il giudice ha erroneamente fatto rientrare nel concetto di pregiudizialità l’esito del giudizio di revocatoria senza comprendere che questo è diretto a sancire il diritto (ad oggi inesistente) di revoca degli atti di trasferimento immobiliare con la finalità di ottenere il “titolo” (mancante in atti e condizione essenziale per poter dar corso all’esecuzione) giustificante l’azione esecutiva intrapresa nei confronti dei terzi. Si sarebbe avuta perciò un’interpretazione allargata ed impropria del concetto di pregiudizialità ex art. 295 cod. proc. civ..

2.- Il ricorso è fondato.

Gli artt. 602 e seg. cod. proc. civ. consentono l’espropriazione di beni di terzi che, per una delle specifiche situazioni contemplate nella detta disposizione, debbano rispondere di un debito altrui.

Presupposto di questa esecuzione è, in primo luogo, l’esistenza di un titolo esecutivo nei confronti del debitore c.d. diretto che è soggetto diverso da colui o da coloro nei cui confronti si svolge invece l’espropriazione (arg. ex art. 604 cod. proc. civ.; cfr. Cass. n. 535/2012, secondo la quale nell’espropriazione contro il terzo proprietario, il debitore diretto non è legittimato passivo dell’azione esecutiva e il pignoramento va notificato e trascritto esclusivamente nei confronti del terzo, perchè ha come unico oggetto il bene di proprietà di quest’ultimo. Tuttavia il debitore diretto resta parte necessaria del procedimento esecutivo, cui partecipa a titolo diverso da quello del terzo proprietario, e in tale veste dev’essere sentito ogni volta che le norme regolatrici del procedimento prevedano questa garanzia nei suoi confronti).

Le condizioni in presenza delle quali la legge consente che il creditore possa espropriare beni immobili di proprietà di soggetti diversi dal suo debitore si verificano quando il bene pignorato: a) è un bene gravato da pegno o da ipoteca per un debito altrui (per avere il terzo acquistato il bene già ipotecato o per essere il terzo datore di ipoteca); oppure, b) è un bene “la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode”.

2.1.- Nel caso di specie, il titolo esecutivo nei confronti del debitore C.E. ed a favore del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione è costituito dalla sentenza penale passata in giudicato che ha condannato il primo a risarcire al secondo i danni provocati dai reati per i quali è stato ritenuto responsabile.

Quindi, non certo di mancanza di titolo esecutivo si tratta, nel caso di specie, come impropriamente si afferma in alcuni punti del ricorso o della memoria dei ricorrenti.

Piuttosto si ha che, per ottenere coattivamente l’adempimento del debito di C.E., cioè per far valere il titolo esecutivo che comunque si è formato nei confronti di questo debitore, il Fallimento può agire in executivis anche nei confronti di terzi, ma soltanto in presenza di una delle condizioni di cui si è detto sopra.

Infatti, si tratta di terzi acquirenti di beni già di proprietà del debitore in forza di atti a titolo oneroso che si assumono compiuti in frode dei creditori. La condizione legittimante l’azione esecutiva è che questi atti siano stati revocati per frode e la revocatoria non può che avvenire in sede civile ai sensi degli artt. 2901 e 2904 cod. civ., nonchè ai sensi dell’art. 193 cod. pen..

Sebbene questa norma ponga una presunzione di frode, per la quale gli atti a titolo oneroso compiuti dal colpevole dopo il reato si presumono fatti in frode rispetto ai crediti indicati nell’art. 189 (oggi inteso come riferito ai crediti di cui all’art. 316 cod. proc. pen.: cfr. Cass. civ. n. 23158/14, su cui infra), tuttavia per la revoca dell’atto è necessaria la prova della mala fede dell’altro contraente. Questa prova non può che essere data in sede civile, dove perciò il creditore, pur potendosi avvalere della presunzione nei confronti del debitore condannato, dovrà dare la prova della scientia fraudis da parte dell’altro contraente (cfr. già Cass. civ. n. 1468/1979), presupposto necessario per ottenere la dichiarazione di inefficacia relativa dell’atto a titolo oneroso.

Solo dopo che l’atto sarà stato dichiarato inefficace il bene che ne è oggetto potrà essere assoggettato ad espropriazione.

L’azione revocatoria quindi è pregiudiziale non al giudizio di opposizione all’esecuzione, bensì all’azione esecutiva, in quanto condizione di esercizio della stessa nei confronti dei terzi proprietari ex artt. 602 c.p.c. e seg..

3.- Non coglie perciò nel segno la difesa del Fallimento, qui resistente, laddove sembra sostenere che, in caso di conversione del sequestro penale in pignoramento, sarebbe questa stessa conversione a consentire l’espropriazione dei beni già oggetto di sequestro, anche quando di proprietà di terzi per averli questi acquistati dall’imputato in forza di atti a titolo oneroso.

Si tratta di un’affermazione che non trova riscontro nelle norme del codice penale e del codice di procedura penale che disciplinano le fattispecie delle sanzioni penali accessorie (c.d. azione revocatoria penale) e del sequestro conservativo penale.

In sostanza, il Fallimento finisce per ipotizzare una sorta di inefficacia ipso iure degli atti di disposizione di colui che è condannato in sede penale Orbene, questa inefficacia è effettivamente prevista dal codice penale, ma soltanto nell’ipotesi della sanzione accessoria disciplinata dall’art. 192 cod. pen., che prevede che “gli atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato, non hanno efficacia rispetto ai crediti indicati nell’art. 189” (oggi, inteso come riferito all’art. 316 cod. proc. pen.: cfr. Cass. civ. n. 23158/14). La norma quindi si applica soltanto nel caso in cui gli atti di disposizione del “colpevole” siano stati fatti a titolo gratuito e l’automatismo dell’inefficacia in essa prevista si giustifica perchè non vi sono ragioni di terzi acquirenti da tutelare che siano preminenti rispetto a quelle dei danneggiati dal reato che abbiano agito per il relativo risarcimento, costituendosi parti civili in sede penale. Questa Corte ha già avuto modo di affermare, con riguardo all’art. 192 cod. pen., che “La speciale ipotesi di inefficacia dell’atto di disposizione a titolo gratuito, contemplata dall’art. 192 cod. pen. a garanzia, tra l’altro, dei crediti risarcitori spettanti al soggetto danneggiato dal reato, non costituisce oggetto di un’azione ad hoc, ma può essere fatta valere in giudizio in via sia principale che incidentale, e, inoltre, come mera eccezione, anche non riconvenzionale” (Cass. n. 23158/14 cit.). Essa consente perciò l’azione esecutiva sui beni che ne formano oggetto, a maggior ragione se, a cautela del diritto al risarcimento, il danneggiato da reato abbia ottenuto un sequestro conservativo convertibile in pignoramento ai sensi dell’art. 320 cod. proc. pen..

Si tratta di una vera e propria eccezione alla regola, di cui si è detto sopra, del previo necessario esperimento dell’azione revocatoria per agire esecutivamente sui beni trasferiti a terzi dal debitore diretto.

A questa eccezione alle norme degli artt. 602 e seg. cod. proc. civ. solo di recente il legislatore ne ha aggiunta un’altra, di rilevanza civilistica. Si tratta della previsione dell’art. 2929 bis cod. civ., introdotto dal D.L. 27 giugno 2015, n. 83, art. 12, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015 n. 132, che consente al creditore, pregiudicato da un atto a titolo gratuito del debitore, munito di titolo esecutivo, di procedere ad esecuzione forzata, a determinate condizioni, ancorchè non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia.

Escluse tuttavia queste eccezioni, non a caso espressamente previste dalla legge come tali, l’espropriazione del terzo proprietario per un debito altrui è possibile solo in presenza delle condizioni richieste dall’art. 602 cod. proc. civ..

In particolare, va affermato che nel caso in cui sia stato disposto, ai sensi dell’art. 316 cod. proc. pen., un sequestro conservativo penale di beni di terzi, acquirenti a titolo oneroso dall’imputato, condannato con sentenza penale al risarcimento dei danni in favore della parte civile, perchè la conversione del sequestro in pignoramento ai sensi dell’art. 320 cod. proc. pen. possa dare luogo (in forza della sentenza penale di condanna) ad un’azione esecutiva per espropriazione degli immobili dei terzi, è necessario che l’alienazione sia stata previamente revocata ai sensi degli artt. 2901 e seg. cod. civ..

3.1.- Tale conclusione consente di superare anche gli argomenti addotti dal Pubblico Ministero a sostegno della sua conclusione di rigetto del ricorso.

Infatti, il positivo esperimento dell’azione revocatoria non si pone come condizione di proseguibilità dell’azione esecutiva ex artt. 602 c.p.c., e seg., ma come condizione di procedibilità di essa nei confronti dei terzi, nel senso che la dichiarazione di inefficacia dell’alienazione debba necessariamente precedere il pignoramento.

A questa regola non fa eccezione il caso di sequestro conservativo penale, per le ragioni suddette, che trovano riscontro in quanto esposto dallo stesso Pubblico Ministero, laddove conclude osservando che si tratta di misura cautelare che, operando per la durata del processo penale, non può comunque consentire alla sentenza penale di “trasferire il bene sequestrato -formalmente appartenente a terzi – a favore del condannato o a dichiarare relativamente inefficaci le eventuali alienazioni che quest’ultimo avesse fatto a favore di terzi, trattandosi di compito funzionalmente spettante al giudice civile”, qualora si tratti di beni oggetto di alienazioni a titolo oneroso.

A tutto quanto detto consegue che la decisione dell’opposizione all’esecuzione non dipende affatto dall’esito dell’azione revocatoria e quindi il suo corso non può essere sospeso ex art. 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione del giudizio pendente ai sensi dell’art. 2901 cod. civ..

In conclusione, il ricorso va accolto e va disposta la prosecuzione del giudizio di opposizione all’esecuzione dinanzi al Tribunale di Lodi, al quale va rimessa anche la decisione sulle spese del presente regolamento.

PQM

La Corte accoglie ricorso; dispone la prosecuzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Lodi, rimettendo anche la decisione sulle spese del regolamento di competenza.

Così deciso in Roma, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2017

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