Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6836 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 11/03/2021), n.6836

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15573/2018 R.G. proposto da:

P.B. Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Domenico

Rettura, con domicilio eletto presso Dentons Europe Studio Legale

Tributario in Roma via Venti Settembre n. 5, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia sez. staccata di Brescia n. 4787/25/17, depositata in data

16 novembre 2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 24 novembre 2020

dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Giacalone Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso e, in subordine, il rigetto.

Udito l’Avv. Domenico Rettura per la contribuente, che ha concluso

per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. dello Stato Gianna Galluzzo per l’Agenzia delle entrate

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti della società P.B. Spa avvisi di accertamento per Iva, Ires, Irap per gli anni di imposta 2013 e 2014, con i quali, contestata l’inesistenza oggettiva delle prestazioni (nella specie, lavori di riqualificazione stradale) rese dalla contribuente quale impresa partecipante ad una Associazione Temporanea d’Impresa (ATI), recuperava a tassazione i costi fittizi contabilizzati quali componenti negativi di reddito non deducibili e l’Iva indebitamente detratta.

In particolare, l’accertamento era basato su un pvc, fondato sul rinvenimento di un patto parasociale di avvalimento, secondo il quale la contribuente forniva all’altra impresa partecipante all’ATI – la Ing. L.C. Spa – le proprie certificazioni SOA a fronte della corresponsione di una percentuale del 3% sull’importo fatturato pro quota; l’esecuzione delle opere, peraltro, veniva eseguita per gli anni di imposta in questione da una società consortile costituita dalle medesime società in ATI – la Ripamonti 2011 Scarl -, che ne demandava la realizzazione all’altra società consorziata, dalla quale riceveva le fatture per i lavori realizzati, per poi procedere a ribaltare i costi tra le singole società consorziate.

L’Ufficio ne derivava l’inesistenza oggettiva delle prestazioni rese dalla contribuente poichè la stessa fruiva di un ricavo senza averne sostenuto i costi, partecipando, inoltre, a un “cartello turbativo della concorrenza” perchè consentiva la partecipazione a gare di appalto pubbliche di imprese prive dei requisiti.

L’impugnazione della contribuente, accolta dalla CTP di Cremona limitatamente alle imposte sui redditi, era rigettata dal giudice d’appello, che riteneva le fatture oggettivamente inesistenti per non aver la contribuente realizzato le opere, non essendo consentito partecipare a un contratto di appalto di opera pubblica mettendo a disposizione delle imprese partecipanti le sole SOA.

P.B. Spa propone ricorso per cassazione con otto motivi, poi illustrato con memoria, cui l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1705,2602,2614,2615-ter, 2697 c.c., dell’art. 115c.p.c., dell’art. 109tuir, comma 5, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 3 e 19, per aver la CTR ritenuto le opere in esame, pacificamente curate dall’altra impresa partecipante, oggettivamente inesistenti. Rileva, in particolare, che i costi erano stati sostenuti in virtù di opere effettivamente realizzate da una società consortile costituita dalle società consorziate riunite in ATI, con affidamento della concreta esecuzione all’altra società consorziata, sicchè le fatture emesse dalla contribuente attenevano ai medesimi costi rappresentati dai lavori eseguiti dalla società consortile, oggetto di “ribaltamento”, e, dunque, da riferire, ai sensi dell’art. 2602 c.c., alle singole società consorziate, avendo la società consortile natura neutra dal punto di vista economico.

1.1. Il secondo motivo denunciai, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in via gradata, violazione e falsa applicazione dell’art. 109 tuir, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, conv. dalla L. n. 44 del 2012, dell’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., per aver la CTR ritenuto le operazioni oggettivamente inesistenti, mentre, in ipotesi, attesa l’effettiva esecuzione delle stesse, erano solo soggettivamente inesistenti, con conseguente deducibilità dei costi ai sensi del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1.

1.2. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in via gradata, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, dell’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., per aver la CTR, nella prospettata qualificazione delle operazioni come soggettivamente inesistenti, escluso la detraibilità dell’Iva in presenza della buona fede del contribuente, non essendo neppure stata prospettata la realizzazione di una operazione fraudolenta.

1.3. Il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in via gradata, violazione e falsa applicazione dell’art. 109 tuir, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39, 41-bis e 42, e dell’art. 53 Cost., per non aver la CTR ritenuto illegittimi gli avvisi per il mancato disconoscimento ai fini della base imponibile delle imposte dirette, dei ricavi direttamente correlati ai costi ritenuti indeducibili.

1.4. Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in via gradata ai precedenti primi tre motivi ma in concorso con il quarto, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 21, comma 7, del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 6, per aver la CTR, in presenza di costi fittizi, ritenuto indeducibile l’Iva sulle fatture ricevute.

Deduce, in particolare, che l’indeducibilità dell’Iva sulle fatture inesistenti di acquisto avrebbe dovuto essere compensata dalla non computabilità delle speculari fatture di vendita, al fine di non ledere il principio di neutralità, questione per la quale il ricorrente propone questione interpretativa a termini dell’art. 267 TFUE.

1.5. Il sesto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omesso esame di fatto controverso decisivo, identificato nel fatto che la contribuente, per le fatture ricevute dalla società consortile, oggetto di ribaltamento di costi, ha emesso fatture di pari importo nei confronti della stazione appaltante (Metropolitane Milanesi SPA), circostanza decisiva al fine di ritenere reali, e non inesistenti, le fatture ricevute a fronte di lavori effettivamente eseguiti.

1.6. Il settimo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1,36 e 61, per contrasto insanabile tra due affermazioni contenute nella sentenza impugnata, concernenti l’esistenza di ricavi fittizi, laddove i ricavi sono relativi alle fatture emesse dalla contribuente alla stazione appaltante.

1.7. L’ottavo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, artt. 1 e 6, e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12, per violazione del principio di proporzionalità delle sanzioni, mancato riconoscimento del cumulo giuridico tra le diverse annualità e illegittima applicazione dello ius superveniens.

2. Il primo motivo è fondato.

2.1. Nella vicenda in giudizio, invero, è incontroverso che le opere sono state sono state rese da luna società consortile, costituita dalle imprese in ATI.

Questa, poi, ha semplicemente provveduto a ribaltare i costi sostenuti tra le imprese consorziate.

2.2. L’effettivo punto di attrito da cui l’Ufficio, da un lato, e la contribuente, dall’altro, traggono conseguenze giuridiche diverse – è la circostanza, pur essa pacifica in giudizio, che la società consortile ha affidato l’esecuzione delle commesse alla sola società Ing. L.C. Spa, l’altra impresa partecipante in ATI, mentre nessuna attività operativa è stata posta in essere dalla P.B. Spa, che si è limitata a recepire, secondo il meccanismo del ribaltamento, i costi fatturati dal consorzio.

2.3. La questione, anche a fronte di un apparente contrasto nella giurisprudenza della Corte – la sentenza Cass. n. 18415 del 26/07/2017 e la sentenza Cass. n. 21764 del 20/09/2017, la prima che ha escluso il ribaltamento dei costi “nei confronti di quelle consorziate che non hanno ricevuto alcuna commessa”, la seconda che, invece, ha affermato “non rileva che la società consorziata non abbia partecipato direttamente all’esecuzione di lavori nell’anno in contestazione” sicchè, precisazione di specifica importanza, il ribaltamento opera con riguardo “alle spese generali” -, trova, in realtà, una sua adeguata soluzione nel quadro delineato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12190 del 14/06/2016.

2.4. Le Sezioni Unite, difatti, superando la precedente visione della causa consortile in chiave esclusivamente mutualistica, hanno chiarito che lo scopo mutualistico non esclude la natura commerciale dell’impresa, con la conseguenza che la struttura consortile può anche svolgere un’attività commerciale propria verso terzi e, quindi, allontanarsi del modello neutrale verso le proprie consorziate, con possibile disallineamento fra le reciproche fatturazioni.

In tal senso, quindi, diventa necessario accertare le effettive modalità tramite le quali viene svolta l’attività consortile, essendo rimesso al giudice del merito accertare “i rapporti tra la società consortile e i consorziati nell’assegnazione dei lavori o servizi”, al fine di stabilire la necessità del ribaltamento integrale o parziale di costi e ricavi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, “con onere del consorziato, nel caso in cui vi sia differenza tra quanto fatturato dalla società consortile al terzo committente e quanto fatturato dal consorziato alla società consortile, che la differenza stessa non integri suoi ricavi occulti ovvero che essa corrisponda a provvigioni o servizi resi dal consorzio al terzo” (Cass., Sez. U, 14 giugno 2016, n. 12190).

In questa prospettiva, ove il consorzio persegua (anche) un fine lucrativo, può essere giustificato un ribaltamento solo parziale nei confronti di quelle consorziate che non hanno ricevuto alcuna commessa e che, quindi, non hanno conseguito utili, nè hanno potuto generare costi, fermo restando, anche in tale evenienza, che le voci afferenti ai cd. costi generali, se esistenti, sono destinate a refluire su tutti i consorziati.

2.5. Ciò spiega, e ricompone, il solo apparente contrasto tra le sopra citate decisioni, riguardando le vicende sopra esaminate proprio l’ipotesi di società consortile con scopo non meramente mutualistico.

2.6. Nel caso, invece, in cui non vi sia differenza tra i ricavi conseguiti dalla società consortile costituita per l’esecuzione di un appalto di opere pubbliche e i relativi costi, il ribaltamento dei costi sui consorziati è, in linea di principio, pienamente legittimo, in quanto la posizione di appaltatore rimane in capo alle imprese consorziate riunite, degradando la società consortile al rango di struttura operativa al servizio di tali imprese, sicchè, dal punto di vista tributario, le operazioni e i costi della società consortile sono direttamente riferibili alle società consociate quali costi propri affrontati per mezzo della società consortile, le quali, quindi, possono essere ad esse riaddebitate attraverso il principio del ribaltamento dei costi (Cass. n. 4923 del 20/02/2019).

In una simile evenienza, la natura neutra del consorzio comporta che la mancata diretta partecipazione della consorziata ad un appalto nell’anno oggetto di contestazione non esclude l’operatività nei suoi confronti del meccanismo del ribaltamento dei costi sostenuti e dei ricavi conseguiti dal consorzio avuto riguardo alla singola commessa, poichè tutte le operazioni economiche poste in essere dal consorzio vanno attribuite pro quota alle singole consorziate.

Il principio, in particolare, è stato affermato in materia di società consortili costituite dalle imprese operanti in raggruppamento temporaneo per l’esecuzione di un contratto di appalto pubblico, ove non svolgente attività commerciale autonoma: in tale evenienza i costi sostenuti dalla società per l’esecuzione dell’appalto devono essere ribaltati integralmente sulle imprese consorziate e fatturati nello stesso esercizio in cui sono stati sostenuti, nel rispetto del principio di competenza, potendo 1″imputazione di un determinato costo ad un esercizio anzichè ad un altro comportare, in astratto, l’alterazione dei risultati della dichiarazione, mediante i meccanismi di compensazione dei ricavi e dei costi nei singoli esercizi (Cass. n. 33596 del 28/12/2018).

2.7. In materia di Iva, poi, il principio trova ulteriore fondamento nel principio di equivalenza dei rapporti giuridici tra imprese consorziate e società consortile e tra queste e l’ente appaltante, da ricondursi allo schema del mandato senza rappresentanza, il quale impone che il regime fiscale della doppia fatturazione, prescritto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3, sia unitario, con conseguente trasferibilità alle imprese consorziate dell’agevolazione tributaria propria della fattura originaria (tra committente e consorzio) secondo il meccanismo del cd. ribaltamento (Cass. n. 24320 del 4/10/2018).

3. Orbene, la CTR non ha tenuta conto degli anzidetti principi, non considerando la natura delle singole commesse, nè valutando se il consorzio avesse (o meno) finalità esclusivamente mutualistica, da cui, in ipotesi, il corretto ed integrale ribaltamento dei costi sulle consorziate, sì da escludere l’affermata inesistenza oggettiva della fatturazione.

La sentenza, dunque, va cassata con rinvio, anche per le spese, al medesimo giudice in diversa composizione.

4. I restanti motivi restano assorbiti.

P.Q.M.

La Corte in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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