Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6834 del 22/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 22/03/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 22/03/2010), n.6834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A. in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

G. VERDI, presso lo studio dell’avvocato TURCO Chiara, (c/o l’Ufficio

della Funzione Affari Legali e Societari), che lo rappresenta e

difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA

ADA, 10, presso lo studio dell’avvocato SABBATUCCI PAOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MATTICOLI MARIO, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7109/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 10/07/2006 r.g.n. 871/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

22/12/2009 dal Consigliere Dott. MONACI Stefano;

udito l’Avvocato TURCO CHIARA;

udito l’Avvocato SABBATUCCI PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per improcedibilita’ in subordine

rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia ha per oggetto la richiesta di un dipendente dell’Istituto poligrafico Zecca dello Stato, il sig. Z. P., il quale, dopo avere premesso di avere effettuato ore di lavoro straordinario ed obbligatorio, richiedeva la declaratoria del diritto al computo dei compensi relativi nelle indennita’ di anzianita’ e nel trattamento di fine rapporto, nonche’ il ricalcolo, in relazione ad esse, della retribuzione corrisposta per le mensilita’ aggiuntive e le ferie fino all’entrata in vigore del contratto di categoria del 1992.

La richiesta (dichiarata inammissibile dal giudice di primo grado) veniva accolta dal giudice di appello che condannava l’Istituto al pagamento di una somma affermando che il compenso per lavoro straordinario doveva essere il compenso per lavoro straordinario continuativo doveva essere computato nel TFR e nelle mensilita’ aggiuntive sino al 1992.

L’Istituto ha proposto, in termine, ricorso per Cassazione con tre motivi.

L’intimato ha resistito, in termine, con apposito controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel primo motivo il ricorrente lamenta il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1322 c.c. in relazione alla normativa collettiva alla normativa da applicare alla fattispecie.

Il motivo e’ inammissibile, perche’ i contratti collettivi cui si richiama il ricorrente (ad eccezione, per la verita’, di una prima “ipotesi di accordo” del 1974) sono stati riportati nel ricorso solamente per stralci piu’ o meno ampi e non nel loro testo integrale.

Ne’ sono stati allegati nel testo integrale, e neppure viene specificato che fossero gia’ stati depositati nei fascicoli del giudizio di merito, appositamente ridepositati nel giudizio di cassazione per consentire al Collegio ogni opportuno riscontro. Si deve ritenere, invece, che, quando, in applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, (nella sua nuova formulazione a seguito della modifica introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2) un ricorso per Cassazione venga proposto per violazione falsa applicazione di norme dei contratti ed accordi collettivi nazionale di lavoro del settore privato (che, a differenza delle disposizioni normative in senso proprio e degli stessi contratti ed accordi collettivi del settore pubblico, non sono soggetti a forme ufficiali di pubblicita’ che ne garantiscano la conoscenza), il ricorrente non possa limitarsi a riportare semplici stralci dei testi con le norme che si assumono violate.

Come ritiene la giurisprudenza ormai maggioritaria e piu’ convincente, occorre, invece, che il ricorrente depositi, o ridepositi, i contratti e/o gli accordi collettivi asseritamene violati nel loro testo integrale (in questo senso, per tutte, recentemente 5 febbraio 2009, n. 2855, e 2 luglio 2009, n. 15495).

3. Valgono in questo senso innanzi tutto due considerazioni di carattere decisivo.

Sul piano formale l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

(anch’esso nella nuova formulazione introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7), prevede espressamente l’obbligo di depositare, a pena di inammissibilita’ del ricorso, anche “i documenti, o contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”, senza prevedere la possibilita’ che il teso depositato possa essere parziale.

Dal punto di vista sostanziale il giudice deve essere posto in condizione di verificare non solo le singole norme collettive, ma interpretarle all’interno del testo complessivo dei contratti o accordi collettivi in cui sono inserite.

Nel contesto complessivo, infatti, quelle norme possono acquisire un valore diverso.

4. Nel caso di specie l’Istituto, come si e’ detto, si limitato a riportare semplici stralci, e questo e’ insufficiente, e non puo’ valere ad escludere l’inammissibilita’ del ricorso, o, piu’ esattamente, dei motivi di ricorso, che, come questo, richiedono un controllo delle fonti contrattuali collettive.

Vale la pena di sottolineare, per opportuna chiarezza, che questa interpretazione rigida dell’obbligo di deposito dei contratti collettivi non si traduce in un formalismo fine a se stesso.

Anche astraendo dalla formulazione letterale del nuovo testo, gia’ richiamato, dell’art. 369 c.p.c., se e’ vero che non si puo’ escludere che in un caso specifico gli stralci riportati contengano tutte le norme contrattuali effettivamente rilevanti per la risoluzione del caso, e’ anche vero che non si puo’ escludere neppure il contrario: il dubbio puo’ essere risolto soltanto con la lettura del testo completo del contratto richiamato (oppure, dei contratti richiamati), e percio’, a maggior ragione, questo ultimi debbono necessariamente essere acquisiti nella loro interezza.

5. Nel secondo motivo di impugnazione il ricorrente denunzia l’omessa pronunzia in relazione alla prescrizione del diritto al computo dello straordinario sugli istituti di Fine rapporto.

Anche questo motivo e’ infondato.

Sul piano strettamente formale, non e’ esatto che vi sia stata omissione, perche’ l’eccezione di prescrizione e’ stata implicitamente rigettata dal giudice di merito.

Sul piano sostanziale, in ogni caso l’eccezione e’ infondata.

Il diritto all’erogazione del trattamento di fine rapporto nasce soltanto con la cessazione del rapporto (prima si possono ottenere soltanto, ed a determinate condizioni, degli anticipi parziali).

Percio’ la prescrizione del diritto al trattamento, e sul suo esatto computo, decorre soltanto dalla cessazione del rapporto.

6. Nel terzo motivo il ricorrente deduce, infine, l’omessa e comunque insufficiente e contraddittoria motivazione nella reiezione della domanda riconvenzionale – eccezione di compensazione proposta dall’istituto e la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., nonche’ la violazione e falsa applicazione dell’art. 2120 c.c..

Il ricorrente critica l’interpretazione data dal giudice di merito all’accordo del 1974, per avere ritenuto che la clausola di riassorbibilita’ (di un maggior compenso consistente nell’erogazione di un compenso aggiuntivo consistente in un’ora di retribuzione) riguardasse soltanto i compensi di produttivita’, e non fosse ricollegabile alla effettuazione di lavoro straordinario ed alla erogazione di compensi correnti a fronte del suo svolgimento. Anche questo motivo e’ infondato.

L’accordo del 1974 configura semplicemente un compenso aggiuntivo riassorbibile, ma non espressamente collegato alla effettuazione di lavoro straordinario.

Non sussiste percio’ nessuna ragione perche’ questa previsione contrattuale incida sul calcolo del trattamento di fine rapporto e dei vari istituti di retribuzione indiretta.

L’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito appare convincente, mentre non lo e’ quella opposta del ricorrente, che presuppone, senza riscontri letterali, ne’ consequenzialita’ logica, che quel compenso aggiuntivo non fosse diretto a conseguire una maggiore produttivita’, ed a prevenire controversie relative al compenso stesso, ma fosse riassorbibile anche in caso di vertenze di altro genere, e specificamente di quelle relative alla inclusione nel calcolo dell’indennita’ di anzianita’ (e successivamente del TFR), dei compensi per lavoro straordinario. Anche questa censura non puo’ trovare accoglimento.

4. In conclusione, il ricorso non puo’ che essere disatteso. Tenuto conto della difficolta’ delle questioni trattate, quali risultanti anche dal diverso esito della controversia nei successivi gradi di giudizio, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2010

 

 

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