Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6831 del 24/03/2011

Cassazione civile sez. I, 24/03/2011, (ud. 23/11/2010, dep. 24/03/2011), n.6831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.L., domiciliato in Roma, alla piazza Cavour. presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. MARRA ALFONSO LUIGI in virtu’ di procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro p.t.

domiciliato per legge in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale e’ rappresentato e

difeso;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di Appello di Napoli n. 2957/08,

depositato il 3 ottobre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23

novembre 2010 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. GAMBARDELLA Vincenzo, il quale ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. — Con decreto del 31 ottobre 2008, la Corte d’Appello di Napoli ha accolto la domanda di equa riparazione proposta da R.L. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle finanze per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, verificatasi in un giudizio promosso dal R. dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania per l’annullamento di un provvedimento con cui la Giunta Regionale della Campania aveva disposto il recupero di somme indebitamente corrisposte al ricorrente a titolo di retribuzione.

Premesso che il giudizio, iniziato nell’anno 1999, era ancora in corso, la Corte, per quanto ancora rileva in questa sede, ne ha determinato in tre anni la durata ragionevole, avuto riguardo all’ordinaria complessita’ della controversia, e, tenuto conto del carattere collettivo del ricorso e dei parametri adottati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ha liquidato equitativamente il danno non patrimoniale in Euro 6.250,00, corrispondenti ad Euro 1.000,00 per ogni anno di ritardo, negando invece il riconoscimento di un bonus aggiuntivo, in considerazione della relativa rilevanza del giudizio.

2. Avverso il predetto decreto il R. propone ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. — Con i primi due motivi d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 e dell’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, nonche’ l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha riconosciuto l’indennizzo soltanto per il periodo di tempo eccedente la ragionevole durata del processo, anziche’ per l’intera durata del giudizio presupposto, astenendosi dal disapplicare le norme interne contrastanti con la Convenzione e contravvenendo ai principi enunciati dalla Corte EDU. 1.1. — I motivi sono infondati.

Ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), infatti, l’indennizzo per la violazione del termine di ragionevole durata del processo non dev’essere correlato alla durata dell’intero processo, ma al solo segmento temporale eccedente la durata ragionevole della vicenda processuale presupposta, che risulti in punto di fatto ingiustificato o irragionevole. Tale criterio di calcolo appare non solo conforme al principio enunciato dall’art. 111 Cost. il quale prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza, ma, come riconosciuto dalla stessa Corte EDU nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97. non si pone neppure in contrasto con l’art. 6, par. 1, della CEDU, in quanto non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione (cfr. Cass. Sez. 1, 23 novembre 2010, n. 23654;

14 febbraio 2008, n. 3716).

2. E’ altresi’ infondato il terzo motivo, con cui il ricorrente deduce l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha liquidato il danno non patrimoniale in misura inferiore agli standards europei.

2.1 — E’ pur vero, intatti, che, come ripetutamente affermato da questa Corte, il giudice nazionale, se da un lato non puo’ ignorare, nella liquidazione del ristoro dovuto per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, i criteri applicati dalla Corte EDU, dall’altro puo’ apportarvi le deroghe giustificale dalle circostanze concrete della singola vicenda, purche’ motivate e non irragionevoli.

E’ stato tuttavia precisato che, ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta, alla stregua della piu’ recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che la quantificazione di tale pregiudizio dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente il periodo indicato comporta un evidente aggravamento del danno (cfr. Cass. Sez. 1, 30 luglio 2010, n. 17922; 14 ottobre 2009, n. 21840).

I parametri elaborati dalla Corte EDU sono stati espressamente richiamati dalla Corte d’Appello, la quale ha anzi adottato il piu’ favorevole criterio di liquidazione risultante dai precedenti meno recenti della giurisprudenza dei Giudici di Strasburgo, che individuavano in un importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per ciascun anno di ritardo l’entita’ dell’indennizzo ritenuto sufficiente a garantire la riparazione del danno non patrimoniale; in applicazione di tale criterio, essa ha poi riconosciuto al ricorrente l’importo minimo indicato, evidenziando il carattere collettivo del ricorso, con una motivazione che, in quanto immune da vizi logico – giuridici, si sottrae al sindacato di questa Corte.

3. — Con il quarto ed il quinto motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione di legge, con riferimento ai principi enunciati dalla Corte EDU nonche’ l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso, censurando il decreto impugnato nella parte in cui non gli ha riconosciuto il bonus di Euro 2.000,00 dovuto in relazione alla natura del giudizio presupposto, avente ad oggetto un credito retribuivo, senza fornire alcuna motivazione.

3.1. – – Le censure sono infondate.

L’inclusione delle cause di lavoro e di quelle previdenziali ed assistenziali nel novero di quelle per le quali la Corte EDU ha ritenuto che la violazione del termine di ragionevole durata possa giustificare il riconoscimento di un importo forfetario aggiuntivo, in ragione della particolare importanza della controversia, non significa infatti che dette cause debbano necessariamente considerarsi particolarmente importanti, con la conseguente automatica liquidazione del predetto maggior indennizzo. Ne consegue da un lato che il giudice di merito puo’ tener conto della particolare incidenza del ritardo sulla situazione delle parti, che la natura della controversia comporta, nell’ambito della valutazione concernente la liquidazione del danno, senza che cio’ comporti uno specifico obbligo di motivazione al riguardo, nel senso che il mancato riconoscimento del maggior indennizzo si traduce nell’implicita esclusione della particolare rilevanza della controversia (cfr. Cass. Sez. 1^, 3 dicembre 2009, n. 25446; 29 luglio 2009, n. 17684); dall’altro che, ove sia stato negato il riconoscimento di tale pregiudizio, la critica della decisione sul punto non puo’ fondarsi sulla mera affermazione che il bonus in questione spetta ratione materiae, era stato richiesto e la decisione negativa non e’ stata motivata, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte nel giudizio di merito, che nella specie non sono state in alcun modo richiamate, sebbene la Corte d’Appello abbia espressamente affermato la rilevanza meramente relativa dell’oggetto della controversia (cfr. Cass., Sez. 1, 28 gennaio 2010, n. 1893; 28 ottobre 2009, n. 22869).

4. — Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso, e condanna R.L. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 900,00 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 23 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2011

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