Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6830 del 16/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 16/03/2017, (ud. 02/02/2017, dep.16/03/2017),  n. 6830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26687-2015 proposto da:

S.R.L. MARE NEVE, in persona della sua amministratrice pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 154,

presso lo studio dell’avvocato GILDA VOTO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Z.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 211/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 29/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2017 dal Consigliere Dott. CIRILLO FRANCESCO

MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Z.A. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Campobasso, la s.r.l. Mare Neve, chiedendo che fosse condannata al risarcimento di tutti i danni da lui patiti in occasione della rapina di un orologio d’oro da lui subita, a seguito di un’aggressione con lesioni personali, all’interno di un villaggio turistico durante un periodo di vacanza organizzato dalla società convenuta in qualità di tour operator. Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda ed ottenendo di poter chiamare in causa la propria società di assicurazioni (Generali s.p.a.).

Il Tribunale accolse in parte la domanda e condannò la convenuta al pagamento della somma di Euro 2.000 (valore stimato dell’orologio) oltre che alle spese di giudizio, respingendo la domanda di manleva nei confronti della società di assicurazione per mancanza di prova del contratto.

2. La pronuncia è stata appellata dalla s.r.l. Mare Neve in via principale e dallo Z. in via incidentale e la Corte d’appello di Campobasso, con sentenza del 29 settembre 2015, ha respinto l’appello principale e, in accoglimento di quello incidentale, ha riconosciuto allo Z. le ulteriori somme di Euro 1.500 per danno non patrimoniale da vacanza rovinata, Euro 1.000 per danno da lesioni subite ad opera del rapinatore ed Euro 1.490 a titolo di inadempimento contrattuale per il costo della vacanza non goduta, oltre alle ulteriori spese del grado.

3. Contro la sentenza d’appello ricorre la s.r.l. Mare Neve con atto affidato a tre motivi.

Z.A. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso non risulta notificato alla società Generali di assicurazione.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380 – bis c.p.c..

La società ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), sotto il profilo della correttezza della motivazione.

1.1. Il motivo, ove non inammissibile, è comunque infondato.

Esso si risolve, infatti, nel tentativo di ripristinare la censura di vizio di motivazione di cui all’ormai modificato testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), mettendo in dubbio la ricostruzione dei fatti (modalità e luogo della rapina) compiuta dalla Corte d’appello. Rileva il Collegio che tale ricostruzione è avvenuta riscontrando il contenuto della denuncia con quello del referto medico redatto dal Pronto soccorso del presidio ospedaliero dove si recò la vittima; e comunque l’accertamento dell’esistenza del fatto storico in sè è rimesso al giudice di merito, senza che sia possibile un diverso sindacato in questa sede. Va sottolineato, d’altra parte, che la censura è posta in termini di vizio di motivazione ed è palese che la sentenza in esame non può considerarsi fondata su di una motivazione censurabile in base ai criteri di cui alla nota sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, delle Sezioni Unite di questa Corte.

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1785 e 2697 c.c., del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111 e dell’art. 111 della Costituzione, sostenendo che non vi sarebbe prova di una carenza di vigilanza all’interno della struttura dove avvenne la rapina.

2.1. Il motivo non è fondato.

Esso involge, intanto, un accertamento di merito in ordine alla carenza di vigilanza che la Corte di merito ha compiuto e che non è sindacabile in questa sede. Quanto ai danni riconosciuti, la sentenza in esame ha condannato la società ricorrente al rimborso delle spese vive del soggiorno non portato a compimento e agli ulteriori danni consistenti nelle lesioni patite (pugno sferrato dal rapinatore) e nella vacanza rovinata. Il che è in linea con la giurisprudenza di questa Corte che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da vacanza rovinata purchè sussista la gravità della lesione e la serietà del pregiudizio patito dall’istante, al fine di accertarne la compatibilità col principio di tolleranza delle lesioni minime (sentenza 14 luglio 2015, n. 14662).

3. Il terzo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), sotto il profilo dell’omesso esame delle risultanze documentali, sostenendo che il contratto di assicurazione era producibile anche in grado di appello in presenza di un principio di prova per iscritto, trattandosi di un documento essenziale.

3.1. Il motivo è inammissibile.

La Corte di merito ha affermato che la polizza di assicurazione ben poteva essere prodotta in primo grado, sicchè la produzione in appello violava l’art. 345 c.p.c.; e comunque, il contratto (tardivamente) prodotto non era di alcuna utilità, essendo stato stipulato con un assicurato diverso. Tali decisive affermazioni non sono, in effetti, contestate nel motivo in esame, che ipotizza un omesso esame di documenti, non lamenta alcuna violazione dell’art. 345 cit. e non coglie, in definitiva, la ratio decidendi della sentenza impugnata.

L’infondatezza di questo motivo rende superfluo il provvedimento di integrazione del contraddittorio nei confronti della società Generali di assicurazione.

4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 – quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 marzo 2017

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