Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6826 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. III, 11/03/2021, (ud. 14/07/2020, dep. 11/03/2021), n.6826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4566-2019 proposto da:

N.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE AMERICA, 11,

presso lo studio dell’avvocato MARCO BONIFAZI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DI

FRANCIA 182, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA NARDI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO SPORTELLI;

– controricorrenti –

nonchè contro

LE ASSICURAZIONI DI ROMA MUTUA ASSICURATRICE ROMANA:

– intimati –

avverso la sentenza n. 16766/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 3/9/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/7/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 3/9/2018 la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del gravame interposto da Roma Capitale e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Roma 28/4/2014, ha rigettato la domanda in origine nei confronti della medesima proposta dal sig. N.A. di pagamento di somma a titolo di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di sinistro stradale avvenuto l'(OMISSIS), allorquando “presso il (OMISSIS) in corrispondenza del civico (OMISSIS)… il N. aveva perso il controllo del proprio motociclo Piaggio Liberty… cadendo a terra, asseritamente a causa di una sostanza oleosa presente sul manto stradale”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il N. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.

Resiste con controricorso Roma Capitale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 2700 c.c., art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (recte, 3).

Con il 2 e il 4 motivo denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 3 motivo denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene dalla ricorrente operato il riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto di citazione ritualmente notificato”, alla CTU, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, alla “Relazione di sinistro… redatta dalla Polizia municipale”, al “rapporto di infortunio predisposto dai Vigili del Fuoco”, al “Verbale della Polizia Municipale”, al “Verbale dei Vigili”, alla “schizzo planimetrico”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove in parte riprodotti (es., il “Verbale della Polizia Municipale”, la “precisa informazione fornita dal N. alla Polizia municipale”, quanto dal N. “dichiarato ai vigili urbani”, la “scheda statistica dei Vigili del Fuoco”, la “Relazione di sinistro… redatta dalla Polizia municipale”), senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.

A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono invero dall’odierno ricorrente non idoneamente censurati.

E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c. vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

Va per altro verso posto in rilievo come, al di là della formale intestazione dei motivi, il ricorrente deduca in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312)

Non può d’altro canto sottacersi che la ratio decidendi dell’impugnata sentenza secondo cui “Anche a voler ammettere che, contrariamente alla cennata evidenza planimetrica, il N. sia effettivamente incappato con il proprio scooter in una chiazza di liquido rilasciata da un camion addetto alla raccolta della spazzatura… occorre considerare che la stessa è apparsa ai vigili urbani praticamente già “essiccata” una decina di minuti dopo il sinistro (15 minuti recita la Relazione) a dimostrazione che il rilascio sulla carreggiata era avvenuto da pochissimo tempo rispetto al presunto slittamento del motociclo”, sicchè “è pacificamente escluso che la cadenza temporale tra il rilascio della sostanza viscida ed il verificarsi del sinistro potesse consentire a Roma Capitale un qualsivoglia intervento a salvaguardia dell’incolumità e sicurezza del traffico veicolare, atteso il modesto o modestissimo intervallo intercorso”, non risulta dall’odierno ricorrente invero (quantomeno idoneamente) censurata.

Ne consegue che come questa Corte ha avuto più volte modo di affermare è sufficiente che anche una sola delle rationes decidendi su cui si fonda la decisione impugnata non abbia formato oggetto di idonea censura (ovvero sia stata respinta) perchè il ricorso (o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa) debba essere rigettato nella sua interezza (v. Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602, e, conformemente, Cass., 27/12/2016, n. 27015, n. 24076). Non già per carenza di interesse, come pure si è da questa Corte sovente affermato (v. Cass., 11/2/2011, n. 3386; Cass., 12/10/2007, n. 21431.; Cass., 18/9/2006, n. 20118; Cass., 24/5/2006, n. 12372; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602), quanto bensì per essersi formato il giudicato in ordine alla ratio decidendi non censurata (v. Cass., 18/2/2020, n. 13880; Cass., 13/10/2017, n. 24076; Cass., 27/12/2016, n. 27015; Cass., 22/9/2011, n. 19254, Cass., 11/1/2007, n. 1658; Cass., 13/7/2005, n. 14740).

Nè può del pari sottacersi che la sopra riportata ratio decidendi è invero conforme al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la P.A. rimane liberata dalla responsabilità ex art. 2051 c.c. in relazione ai beni demaniali ove fornisca la prova liberatoria che l’evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili nè eliminabili con immediatezza neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero che abbia esplicato la sua potenzialità offensiva prima che, con la diligenza richiesta dallo specifico caso concreto, fosse possibile l’intervento riparatore dell’ente custode (cfr. Cass., 9/3/2020, n. 6651; Cass., 18/6/2019, n. 16295; Cass., 19/3/2018, n. 6703), e cioè allorquando, in caso di repentina e imprevedibile alterazione dello stato della strada e delle sue pertinenze, l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con diligenza per tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile condizione di pericolo determinatasi (cfr., da ultimo, Cass., 10/6/2020, n. 11096. Cfr. altresì, con riferimento a diversa fattispecie, Cass., 5/5/2020, n. 8466).

A tale stregua, il ricorso è inammissibile (anche) ex art. 360 bis c.p.c.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via, infatti, come sì è sopra osservato, lungi dal censurare la sentenza per uno dei tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge in favore di Roma Capitale.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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