Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6825 del 24/03/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 6825 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GOGEI s.r.l. (00343100608), in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 47, presso lo studio dell’Avvocato Francesco Cardarelli, rappresentata e difesa dall’Avvocato Alfredo Zaza d’Aulisio, per procura speciale
a margine del ricorso;
– ricorrente contro
SOLCESI s.r.l. (00196290605), in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa, per procura a margine del controricorso,
dagli Avvocati Giovanni Benedetto Carbone e Massimo Di Sotto, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, via degli Scipioni n.
288;
– controricorrente nonché nei confronti di
COMUNE DI CASSINO, in persona del sindaco pro tempore;
COMUNE DI CASSINO – Settore IX Urbanistica e assetto del territorio,
Sportello unico per l’edilizia, in persona del responsabile del S.U.E.;
– intimati –

Data pubblicazione: 24/03/2014

per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 36 del
2013, depositata in data 8 gennaio 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14
gennaio 2014 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
sentiti gli Avvocati Alfredo Zaza d’Aulisio e Benedetto Giovanni Carbone;

Maurizio Velardi, che ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, il
rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – La SOLCESI s.r.l. impugnava la sentenza del TAR del Lazio, sezione di Latina n. 246 del 2011, con la quale era stato rigettato il ricorso
proposto avverso il permesso di costruire rilasciato alla confinante società
COGEI, per la costruzione di un edificio residenziale in Cassino.
1.1. – L’appello proposto da SOLCESI s.r.l. avverso questa decisione
veniva accolto dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 36 del 2013 della
IV Sezione. Premesso che l’appellante aveva contestato che la COGEI
s.r.I., nel realizzare tre edifici aveva collocato i parcheggi pubblici al di
fuori della zona edificabile (sull’area corrispondente alla part. 1350, poi
frazionata in 1354 – sulla quale erano stati collocati i parcheggi – e
1355), così realizzando i parcheggi stessi in area inedificabile non prevista nella variante (part. 1250); realizzando l’intervento nell’area destinata dalla variante a parcheggi (part. 1249); aumentando illegittimamente
la cubatura dell’intervento edilizio e riducendo la larghezza di via Arno
sulla particella 1250 ad essa destinata, il Consiglio di Stato osservava
che, con delibera 18 ottobre 2008, n. 52/C.A., il Commissario ad acta
presso il Comune di Cassino, nel decidere la variante del PRG consistente
in cambio di destinazione d’uso da servizi a zona residenziale semintensiva B1 e parcheggi pubblici, aveva deliberato il cambio di destinazione di
alcune particelle, tra le quali non era compresa la 1250, già destinata dal
PRG a strada e quindi alla realizzazione della via Arno. Pertanto, non risultando la detta particella oggetto della variante e dovendo i parcheggi
convenzionati essere realizzati su aree di proprietà del privato attuatore
dell’intervento edilizio, doveva ritenersi che la detta realizzazione non potesse avvenire se non su aree del privato attuatore di un mutamento di

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

destinazione urbanistica tale da consentirne la utilizzazione a parcheggi
pubblici, e non già su un’area destinata a strada (part. 1250), del tutto
estranea a ciò sia per destinazione urbanistica, sia per non essere stata
oggetto di variante.
In conclusione, il Consiglio di Stato accoglieva il primo motivo di appello, con assorbimento degli altri, e annullava gli atti impugnati da SOL-

2. – Per la cassazione di questa sentenza COGEI s.r.l. ha proposto
ricorso articolato su un motivo, cui ha resistito, con controricorso, SOLCESI s.r.l.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati Comune di Cassino e
Settore IX, Urbanistica ed assetto del territorio, Sportello unico per
l’edilizia del detto Comune.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo di ricorso COGEI s.r.l. denuncia eccesso di
potere giurisdizionale per rifiuto di giurisdizione.
La ricorrente premette che, nel costituirsi nel giudizio di appello, aveva eccepito la inammissibilità del motivo di censura proposto da SOLCESI in ordine alla circostanza che la TAV. P9, relativa alla ubicazione dei
parcheggi, non sarebbe stata approvata dalla Regione Lazio, trattandosi
di censura nuova, ed aveva riproposto le eccezioni di inammissibilità per
tardività e difetto di specificità dei motivi di impugnazione, già formulata
all’atto della costituzione in primo grado.
Il Consiglio di Stato avrebbe del tutto omesso di prendere in esame
le dette eccezioni, e segnatamente quella relativa all’atto introduttivo del
giudizio, con ciò incorrendo nel denunciato vizio di rifiuto della giurisdizione.
La ricorrente sostiene, infatti, che se appartiene all’area del sindacabile rifiuto di giurisdizione il diniego di tutela da parte del giudice amministrativo, che si radichi nell’affermazione della esistenza di un ostacolo alla
conoscibilità della domanda, altrettanto dovrebbe dirsi nel caso in cui vi
sia omissione di pronuncia su domande o eccezioni delle parti, atteso che
l’omissione di pronuncia determina un indubbio diniego di tutela e pertanto un rifiuto di giurisdizione. In altri termini, vigendo nel nostro ordinamento i principi di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e di effettività
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CESI con il ricorso introduttivo.

della tutela, l’omessa pronuncia su una domanda o un’eccezione da parte
del giudice amministrativo si risolverebbe nel rifiuto di tutela e quindi nel
rifiuto della giurisdizione, censurabile dinnanzi a queste Sezioni Unite, in
quanto rientrerebbe nello schema logico del sindacato sulla giurisdizione
l’operazione che consiste nell’interpretare la norma attributiva di tutela,
per verificare se il giudice amministrativo non rifiuti lo stesso esercizio

strutturata; e ciò tanto più nelle ipotesi, come quella di specie, in cui al
giudice amministrativo sia attribuita giurisdizione esclusiva. Con la conseguenza che mentre deve discorrersi di error in iudicando in ipotesi di
motivazione difettosa, sussiste invece il rifiuto di giurisdizione ogni qual
volta si verifichi un’omissione di pronuncia, purché essa sia identificabile
attraverso la motivazione della sentenza, che neppure abbia dato atto
della sussistenza di una domanda o di una eccezione.
1.1. – Tanto premesso, la società ricorrente sostiene che il rifiuto di
giurisdizione sarebbe integrato: a) dall’assoluta omessa pronuncia sulle
eccezioni di inammissibilità da essa proposte tempestivamente e ribadite
nella memoria conclusionale; b) dall’omessa pronuncia sulle deduzioni difensive di essa ricorrente attinenti alla situazione urbanistica della particella 1250; c) dal fatto che della formulazione delle dette eccezioni, di carattere assolutamente preliminare, il Consiglio di Stato non ha dato alcun
conto nella sentenza impugnata.
2. – Il ricorso è inammissibile.
2.1. – Ai sensi dell’art. 362 cod. proc. civ. e dell’art. 110 del codice
del processo amministrativo, approvato con il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104,
nonché dell’art. 111, ultimo comma, Cost., contro le decisioni del Consiglio di Stato il ricorso per cassazione è ammesso «per i soli motivi inerenti alla giurisdizione».
Per costante giurisprudenza i motivi inerenti alla giurisdizione vanno
identificati o nell’ipotesi in cui la sentenza del Consiglio di Stato abbia violato (in positivo o in negativo) l’ambito della giurisdizione in generale
(come quando abbia esercitato la giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa oppure, al contrario, quando abbia negato la giurisdizione sull’erroneo presupposto che la domanda
non potesse formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdiziona- 4 –

della giurisdizione quando ometta l’esercizio della tutela come essa è

le), o nell’ipotesi in cui abbia violato i cosiddetti limiti esterni della propria
giurisdizione (ipotesi, questa, che ricorre quando il Consiglio di Stato abbia giudicato su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra
giurisdizione speciale, oppure abbia negato la propria giurisdizione
nell’erroneo convincimento che essa appartenesse ad altro giudice, ovvero ancora quando, in materia attribuita alla propria giurisdizione limita-

compiuto un sindacato di merito). Pertanto, è inammissibile il ricorso con
il quale si denunci un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della
propria giurisdizione, vizio che, attenendo all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non
può essere dedotto dinanzi alle Sezioni Unite di questa Corte (Cass.,
S.U., n. 8882 del 2005; Cass., S.U., n. 7929 del 2013; Cass., S.U., n.
27847 del 2013).
La Corte – muovendo dalla evoluzione del concetto di giurisdizione
come strumento per la tutela effettiva per le parti e dalla considerazione
che è norma sulla giurisdizione non solo quella che individua i presupposti
dell’attribuzione del potere giurisdizionale, ma anche quella che dà contenuto al potere stabilendo attraverso le forme di tutela in cui esso si estrinseca – ha altresì precisato che, dovendo la tutela giurisdizionale essere effettiva, le norme processuali “debbono prevedere congegni che
consentono di riparare l’errore compiuto dalla parte nella scelta del giudice, ma anche di superare l’errore del giudice nel denegare la giurisdizione, perché altrimenti il diritto alla tutela giurisdizionale risulterebbe frustrato dalle stesse norme che sono ordinate al suo migliore soddisfacimento” (Cass., S.U., n. 30254 del 2008). Su questa base, si è stabilito
(nella sentenza da ultimo citata) che rientra nello schema logico del sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione l’operazione che consiste
nell’interpretare la norma attributiva di tutela, onde verificare se il giudice
amministrativo la eroghi concretamente, per poi giungere alla conclusione
che, proposta al giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma,
intesa alla condanna al risarcimento del danno prodotto dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa, “è viziata da violazione di norme
sulla giurisdizione ed è soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che nega la tutela risar- 5 –

tamente al solo sindacato della legittimità degli atti amministrativi, abbia

citoria degli interessi legittimi sul presupposto che l’illegittimità dell’atto
debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento”: ciò in quanto “l’attribuzione al giudice amministrativo della
tutela risarcitoria, in caso di esercizio illegittimo della funzione pubblica,
presuppone che quella tutela sia esercitata con la medesima ampiezza,
sia per equivalente sia in forma specifica, che davanti al giudice ordina-

leso, nel caso in cui alla tutela risarcitoria si aggiunga altra forma di tutela, “scegliere a quale far ricorso al fine di ottenere ristoro al pregiudizio
subito”.
Poiché, dunque, ai fini dell’individuazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, che segnano il confine entro il quale è ammesso il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato, si
deve tenere conto del canone dell’effettività della tutela giurisdizionale,
rientra nello schema logico del sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione l’operazione che consiste nell’interpretare la norma attributiva di
tutela per verificare se il giudice amministrativo la abbia concretamente
erogata e nel vincolarlo ad esercitare la giurisdizione rispettandone il contenuto essenziale (Cass., S.U., n. 19048 del 2010).

E tuttavia, il ricorso con il quale venga denunciato un rifiuto di giurisdizione da parte del giudice amministrativo rientra fra i motivi inerenti
alla giurisdizione soltanto se il rifiuto sia stato determinato dall’affermata
estraneità alle attribuzioni giurisdizionali dello stesso giudice della domanda, oppure nei casi, estremi, nel quali l’errore si sia tradotto in una
decisione anomala o abnorme, frutto di radicale stravolgimento delle
norme di riferimento, non quando si prospettino come omissioni
dell’esercizio del potere giurisdizionali meri errori in iudicando o in proce-

dendo (Cass., S.U., n. 8741 del 1987; Cass., S.U., n. 525 del 1998;
Cass., S.U., n. 14211 del 2005; Cass., S.U., n. 2285 del 2008; Cass.,
S.U., n. 1853 del 2009; Cass., S.U., n. 3854 del 2010; Cass., S.U., n.
3037 del 2013; Cass., S.U., n. 20590 del 2013). L’evoluzione del concetto di giurisdizione nel senso di strumento per la tutela effettiva delle parti
non giustifica il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato per motivi inerenti alla giurisdizione quando non si verta in ipotesi di aprioristico
diniego di giustizia, ma la tutela negata si assuma negata dal giudice

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rio”, spettando, in linea di principio, al titolare dell’interesse sostanziale

speciale in conseguenza di errori, di giudizio o processuali, che si prospettino dal medesimo commessi in relazione allo specifico caso sottoposto al suo esame.
2.2. – Nella specie, nonostante lo sforzo compiuto dalla difesa della
società ricorrente per dimostrare come il mancato esame delle eccezioni
e delle difese da essa proposte comportasse un rifiuto di giurisdizione de-

cuna argomentazione in ordine ad un possibile difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo su talune delle questioni prospettate dalla società
ricorrente (anche perché, come notato dalla stessa ricorrente, si trattava
di controversia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo); dall’altro, la stessa enunciazione delle questioni sulle quali
l’omessa pronuncia si sarebbe verificata rende evidente come si sia in
presenza di eventuali errores in procedendo, inidonei, in quanto tali, a
radicare una questione di giurisdizione.
3. – La società ricorrente ha pertanto proposto censure inammissibili.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio
2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di
stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo
unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre ad euro 200,00
per esborsi e agli accessori di legge.

ve rilevarsi, da un lato, che nella sentenza impugnata non è contenuta al-

Ai sensi del comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico approvato
con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente COGEI s.r.I.,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

vili della Corte suprema di cassazione, il 14 gennaio 2014.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Ci-

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