Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6824 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 11/03/2021), n.6824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32151-2018 proposto da:

I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TRACIA 4,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI CARDAMONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GAETANO CUNDARI giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

C.S.P., domiciliata in ROMA, presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, e rappresentata e difesa dall’avvocato

CARMELA CASTELLI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

I.A., I.E., I.M., UNICREDIT

SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1609/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dalla controricorrente.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con citazione del 31 agosto 2006 C.S.P. conveniva in giudizio dianzi al Tribunale di Catania il coniuge separato I.G. chiedendo procedersi allo scioglimento della comunione sull’appartamento in (OMISSIS), convenendo in giudizio anche il Banco di Sicilia S.p.A. (oggi Unicredit S.p.A.), che aveva iscritto ipoteca sul bene.

Nella resistenza del convenuto, il Tribunale autorizzava quest’ultimo alla chiamata in causa ex art. 111 c.p.c., comma 3, dei figli dei comunisti, I.A., I.M. ed I.E. cui l’attrice con atto pubblico del (OMISSIS) aveva donato la nuda proprietà della quota, riservandosi il diritto di abitazione.

I chiamati in causa restavano però contumaci.

Il Tribunale con la sentenza n. 1566 del 9 aprile 2015 procedeva allo scioglimento della comunione assegnando il bene al convenuto previo versamento dell’eccedenza.

Avverso tale sentenza proponeva appello I.G., cui resisteva la sola C..

La Corte d’Appello di Catania, dopo aver dato atto della contumacia degli altri appellati, dichiarava l’appello inammissibile in quanto tardivamente notificato.

Rilevava che in data 6/5/2015 l’attrice aveva notificato la sentenza al difensore del convenuto, mentre l’appello era stato notificato solo in data 22/7/2015 (oltre il termine di trenta giorni), senza che la decorrenza del termine breve potesse reputarsi sanata dalla concessione di un nuovo termine per la rinotifica dell’appello, dovendosi provvedere alla revoca del provvedimento autorizzatorio.

Infatti, i termini di impugnazione non restano sospesi per la necessità di reperire il nuovo recapito del destinatario della notifica, ove la notificazione effettuata presso il domiciliatario non sia andata a buon fine.

In tal senso rilevava che la prima notifica dell’appello alla C. non si era perfezionata in quanto il piego indirizzato presso lo studio legale risultante dall’albo degli Avvocati di Catania era tornato indietro, con la dizione “indirizzo sconosciuto”.

Se corrispondeva al vero che il difensore dell’appellata non aveva comunicato al Consiglio dell’Ordine il trasferimento dello studio, tuttavia il nuovo recapito doveva reputarsi noto al notificante in quanto riportato sia nella comparsa conclusionale depositata in primo grado, sia nella missiva del 12/2/2015 inviata al legale dell’ I., sia nella copia notificata della sentenza impugnata, la quale recava in alto a sinistra il timbro dello studio con il nuovo indirizzo.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso I.G. sulla base di tre motivi.

C.S.P. ha resistito con controricorso.

I.A., I.E. e I.M., nonchè Unicredit S.p.A. non hanno svolto difese in questa fase.

Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c., in ordine alla declaratoria di inammissibilità dell’appello senza tenere conto che il mancato perfezionamento della notifica era dipesa da causa non imputabile al notificante, atteso che il difensore della controparte non aveva comunicato al locale Consiglio dell’Ordine il trasferimento del proprio studio, avendo quindi il ricorrente confidato nelle indicazioni offerte dagli atti del giudizio di primo grado.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, laddove è stata ritenuta tardiva la notifica nonostante il ragionevole affidamento riposto dalla parte nelle indicazioni degli atti di causa, non potendosi far leva invece sulla pretesa effettiva conoscenza del mutamento della sede dello studio legale, dovendosi escludere che tale conoscenza potesse ricavarsi da un semplice timbro apposto sugli atti della controparte.

Il terzo motivo denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’erroneità della condanna del ricorrente al rimborso delle spese di lite, senza tenere conto della complessità della questione e del fatto che lo stesso Presidente del Collegio aveva inizialmente autorizzato la rinotifica dell’atto di appello.

I primi due motivi nel loro complesso mirano a contestare la correttezza della soluzione processuale data alla vicenda dal giudice di appello, e sollecitando la verifica della correttezza dell’applicazione delle norme di rito, impongono alla Corte di dover pervenire alla cassazione della sentenza gravata.

Dagli atti di causa, come riportati nella stessa sentenza d’appello, risulta che nelle more del processo di primo grado, l’attrice ha alienato la propria quota ai figli I.A., I.E. e I.M., e che il convenuto è stato autorizzato alla loro chiamata in causa ex art. 111 c.p.c., comma 3, restando tuttavia contumaci dopo l’avvenuta notifica dell’atto di chiamata in causa.

Deve pertanto ritenersi che i successori a titolo particolare siano effettivamente divenuti parte del processo, sebbene non vi abbiano preso attiva partecipazione restando contumaci nei gradi di merito ed intimati in questa fase.

Deve essere a tal fine richiamato il costante orientamento di questa Corte secondo cui, nel caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, ove non intervenga l’estromissione del dante causa, e naturalmente il successore intervenga o sia chiamato nel processo, alienate e cessionario sono litisconsorti necessari, così che laddove la sentenza sia appellata solo nei confronti di uno di essi, va disposta l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. (Cass. n. 15905/2018; Cass. n. 1535/2010).

Di ciò è apparsa ben consapevole la difesa del ricorrente che aveva appunto notificato l’atto di appello, oltre che alla banca creditrice ipotecaria, anche ai figli, che era stato autorizzato a chiamare in causa dal Tribunale, a seguito dell’avvenuta cessione dei diritti dell’attrice sulla quota del bene in comunione.

La stessa Corte d’Appello ha rilevato la regolarità della notifica effettuata nei confronti dei germani I. e di Unicredit S.p.A., dovendosi quindi ritenere che la notifica fosse stata tempestivamente eseguita nei confronti di questi ultimi.

Una volta però riscontrata l’avvenuta tempestiva notifica avverso alcuni dei litisconsorti, anche a voler ritenere che la prima notifica dell’appello alla C. fosse inesistente, da ciò non si sarebbe potuto trarre la conclusione dell’inammissibilità del gravame.

In tal senso rileva quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che, anche nella sua più autorevole composizione, ha affermato che (Cass. S.U. n. 14124/2010) nel caso di cause inscindibili, quale deve ritenersi quella in esame, ove l’impugnazione sia stata proposta nei confronti di tutti i legittimati passivi, ma poi in relazione ad uno o alcuni di essi la notifica sia rimasta comunque inefficace (omessa o inesistente), o non ne venga dimostrato il perfezionamento, deve trovare applicazione l’art. 331 c.p.c., in ossequio al giusto processo in ordine alla regolare costituzione del contraddittorio da ritenersi di regola prevalente rispetto al principio della durata ragionevole del processo, dovendo quindi il giudice ordinare l’integrazione del contraddittorio (conf. Cass. n. 8727/2011; Cass. n. 20501/2015).

Ne deriva che, anche a voler ritenere che la prima notifica indirizzata al difensore della C. presso il vecchio studio sia da considerarsi del tutto priva di efficacia, la Corte d’Appello non poteva arrestarsi a tale tentativo di notifica per dichiarare la tardività dell’appello, ma avrebbe dovuto concedere termine per l’integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c., come peraltro in fatto avvenuto a seguito della concessione da parte del Presidente della Corte d’Appello di nuovo termine per la notifica, provvedimento erroneamente revocato in sentenza.

L’avvenuta rinnovazione della notifica presso il nuovo studio del difensore della C., da reputarsi effettuata ai sensi dell’art. 331 c.p.c., ha quindi in fatto impedito la maturazione della decadenza dall’impugnazione, denotando in tal modo l’erroneità della decisione gravata.

L’accoglimento dei primi due motivi determina poi evidentemente l’assorbimento del terzo motivo, atteso che il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Catania, dovrà provvedere, oltre che sulle spese del presente giudizio, anche su quelle delle precedenti fasi di merito.

PQM

La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e, assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Catania.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

 

 

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