Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6821 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. un., 15/03/2017,  n. 6821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente Aggiunto –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sezione –

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente di Sezione –

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente di Sezione –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione iscritto al

N.R.G. 3423 del 2015, proposto da:

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI PSIOCOLOGI DEL LAZIO, in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Luca Lentini,

presso lo studio del quale in Roma, via Flaminia n. 79, è

elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

T.L., rappresentata e difesa, per procura speciale a margine

del controricorso, dall’Avvocato Lorenzo Grisostomi Travaglini,

presso lo studio del quale in Roma, via Antonio Bosio n. 2, è

elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

e nei confronti di:

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per

legge;

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione relativamente al giudizio pendente

avanti al TAR Lazio, R.G. n. 12074/2014;

Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. Alberto

Celeste, che ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice

ordinario;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22 marzo 2016 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentiti, per il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi, l’Avvocato

Lentini; per il Ministero della salute l’Avvocato dello Stato, De

Muntis; per la controricorrente T.L., l’Avvocato Grisostomi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – T.L., con ricorso notificato il 25 settembre 2014, conveniva dinnanzi al TAR Lazio il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, il Ministero della salute e la Presidenza del Consiglio dei ministri impugnando la deliberazione dell’Ordine n. 146 del 26 maggio 2014 e la relativa nota di accompagnamento n. 4107 del 30 maggio 2014; la nota del Ministero della salute prot. n. 19387 del 7 aprile 2014 e il decreto del Ministero della salute 7 ottobre 2013, prot. n. 45361 dell’11 ottobre 2013; il verbale della Conferenza dei servizi in data 24 settembre 2013.

Con la deliberazione n. 146 l’Ordine degli Psicologi del Lazio aveva disposto l’annullamento d’ufficio, con efficacia retroattiva, della delibera n. 581 del 25 novembre 2013, con la quale erano stati disposti la iscrizione della dott.ssa T. alla Sezione “A” dell’Ordine e il riconoscimento dell’esercizio di attività di psicoterapeuta; con la nota n. 19387 del 2014, il Ministero della Salute – Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane, aveva comunicato al Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio che la iscrizione all’albo degli psicologi della dott.ssa T. non risultava congruente con il riconoscimento della qualifica di Psychotherapist (già disposto con decreto dello stesso Ministero del 7 ottobre 2013), non risultando la stessa in possesso del titolo abilitante all’esercizio della professione di psicologo; con il decreto del Ministro della salute del 7 ottobre 2013 era stata riconosciuta la qualifica di Psychotherapist conseguita nel Regno Unito dalla dott.ssa T., quale titolo abilitante all’esercizio dell’attività di psicoterapeuta in Italia; con il verbale della Conferenza dei servizi del 24 settembre 2013 erano stati ritenuti sussistenti i requisiti per il riconoscimento alla dott.ssa T. del titolo di Psychotherapist, senza attribuzione di alcuna misura compensativa.

2. – Si costituivano in giudizio il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio e il Ministero della salute. Il primo eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ritenendo sussistente quella del giudice ordinario. Il Ministero eccepiva il difetto di legittimazione passiva e comunque il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

3. Il TAR accoglieva l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente con ordinanza del 30 ottobre 2014.

4. – Il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Lazio ha quindi proposto regolamento di giurisdizione chiedendo l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario.

A tale richiesta ha aderito con il proprio controricorso la difesa erariale.

La dott.ssa T. ha resistito con controricorso e ha altresì depositato memoria ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c..

5. – Il P.M. ha concluso per la dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il Consiglio ricorrente sostiene che la giurisdizione in ordine alla domanda proposta dalla dott.ssa T. dinnanzi al TAR Lazio spetterebbe invece al giudice ordinario, atteso che per giurisprudenza consolidata di queste Sezioni Unite si verterebbe, nella specie, in tema di diritto soggettivo all’iscrizione ad un albo professionale; verrebbe cioè in rilievo una situazione giuridica in cui non sussisterebbe alcun potere discrezionale in capo all’Ordine preposto alla tenuta dell’albo. Orientamento, questo, che si è formato proprio in relazione alle controversie relative alla iscrizione all’Albo degli psicologi e che è stato recepito dai giudici amministrativi.

Sostiene, quindi, il Consiglio ricorrente che il giudice amministrativo non potrebbe decidere nel merito l’impugnazione proposta avverso la delibera che ha annullato, con efficacia retroattiva, l’iscrizione della dott.ssa T.; e ciò anche perchè la L. n. 56 del 1989, art. 17, prevede che le deliberazioni del Consiglio dell’Ordine nonchè i risultati elettorali possono essere impugnati dinnanzi al tribunale competente per territorio.

Nella specie, la pretesa della dott.ssa T. alla iscrizione nell’albo degli psicologi, quale condizione per l’esercizio della professione di psicoterapeuta, attiene ad una posizione di diritto soggettivo, posto che l’Ordine può solo considerare il possesso degli specifici requisiti secondo le indicazioni fornite dal Ministero della salute, che ha svolto l’istruttoria sui titoli acquisiti all’estero dall’aspirante. E poichè tali indicazioni erano nel senso che l’iscrizione della dott.ssa T. in qualità di psicologa non era congruente con il provvedimento di riconoscimento del 7 ottobre 2013, l’Ordine non avrebbe potuto fare altro che annullare l’iscrizione già operata, essendo del tutto privo di potere discrezionale in ordine all’accertamento dei titoli stranieri, riservato in via esclusiva al Ministero della salute.

2. – La controricorrente dott.ssa T. ritiene che il Consiglio ricorrente, e anche il Ministero della salute, abbiano svolto le proprie difese sulla base di un equivoco di fondo, rappresentato dal fatto che ciascuna delle due parti ritiene che sia stata l’altra a negarle l’iscrizione all’Albo. In proposito, la controricorrente rileva che il Consiglio ha affermato che l’unico provvedimento rilevante sarebbe il decreto del 7 ottobre 2013, mentre per il Ministero l’impedimento sarebbe rappresentato dalla delibera del Consiglio dell’Ordine di cancellazione dall’albo.

L’una e l’altra individuazione della provenienza del provvedimento amministrativo ostativo all’iscrizione, sostiene la controricorrente, non rileverebbero, atteso che ai fini del riparto di giurisdizione assume rilievo decisivo il fatto che vi sia stato nei confronti di un cittadino un provvedimento di diniego che abbia leso la posizione soggettiva di interesse legittimo della quale egli era titolare.

Nella specie, venendo in rilievo il riconoscimento dei titoli professionali rilasciati all’estero per l’iscrizione ad un albo professionale in Italia ci si trova dinnanzi a una posizione di interesse legittimo, essendo il detto procedimento di riconoscimento ontologicamente discrezionale proprio perchè difetterebbero i titoli previsti dall’ordinamento interno per l’iscrizione all’albo. Non a caso, del resto, nel procedimento amministrativo che ha preceduto la valutazione del Ministro della salute sono stati richiesti documenti ulteriori contenenti la descrizione in dettaglio dell’attività esercitata nel Regno Unito in qualità di psicoterapeuta onde poter effettuare una compiuta valutazione del dossier. Si tratterebbe, quindi, di provvedimento eminentemente discrezionale, come reso palese dalla possibilità che il riconoscimento avvenga con addebito di misure compensative.

La controricorrente rileva poi che il Consiglio dell’Ordine avrebbe errato nell’interpretare la giurisprudenza citata nel ricorso, trattandosi di pronunce rese in fattispecie non comparabili con la presente: una cosa, infatti, sarebbe la mera verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge per l’iscrizione all’Albo, altra cosa la valutazione discrezionale volta a stabilire se i titoli posseduti e conseguiti all’estero siano comparabili con quelli richiesti dalla legge per la iscrizione all’Albo. La giurisprudenza citata dal ricorrente, del resto, afferma la sussistenza della giurisdizione ordinaria in ordine alle controversie riguardanti la iscrizione agli albi solo nel caso in cui non vi siano valutazioni discrezionali dell’amministrazione. E, nel caso di specie, si verserebbe proprio in questa seconda ipotesi, trattandosi di valutare i titoli conseguiti all’estero, con esercizio di potere discrezionale.

3. – L’istanza è fondata, dovendosi affermare la giurisdizione del giudice ordinario.

Queste Sezioni Unite (sentenza n. 20587 del 2008) hanno avuto modo di affermare che la questione circa l’individuazione del giudice avente giurisdizione in materia di iscrizione agli albi professionali – e segnatamente all’albo degli psicologi – va risolta sulla base dei principi generali secondo i quali la giurisdizione spetta all’A.G.O. ogni qualvolta l’interessato faccia valere una posizione di diritto soggettivo – a meno che non sia legislativamente affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -, mentre va dichiarata la giurisdizione di legittimità di quest’ultimo quando la posizione del privato sia di interesse legittimo. La costante giurisprudenza di questa Corte – si è rilevato – ha sempre affermato che il rapporto tra colui che aspira all’iscrizione all’albo professionale e l’ordine preposto alla tenuta dell’albo medesimo si identifica con la dicotomia diritto soggettivo – obbligo, anzichè con quella interesse legittimo – potere pubblico. Infatti, l’ordine professionale non ha facoltà di valutare se la chiesta iscrizione corrisponda all’interesse pubblico, ma ha solo il compito di verificare se in realtà l’aspirante sia nel possesso dei requisiti appositamente voluti dalla legge, in quanto tale possesso è condizione necessaria e sufficiente per ottenere l’iscrizione, la quale deve essere disposta se quei requisiti sussistono e deve essere invece negata nel caso contrario.

Nè potrebbe essere diversamente, perchè lo svolgimento di una qualunque attività professionale è espressione della generale situazione di libertà assicurata dall’ordinamento italiano ad ogni cittadino (art. 4 Cost.) in ordine alla scelta del lavoro. Può accadere come è stato osservato da queste Sezioni Unite (Cass., 14 ottobre 1983, n. 5998) – che, in un dato momento storico, certe attività, prima liberamente esercitabili, sembrino bisognose di una regolamentazione nell’interesse generale e vengano perciò consentite soltanto a chi dimostri di essere capace e degno di esercitarle. Ma qualunque diritto, appunto perchè tale e non puro arbitrio o irrilevante possibilità di agire, richiede di essere ancorato a determinati presupposti e circoscritto entro determinati limiti; l’importante è che, ove siano questi osservati, i limiti, esso possa pienamente esercitarsi.

4.1. – Nella specie, deve ritenersi che il compito riservato all’Ordine professionale ricorrente di accertare la validità o no della certificazione prodotta dalla dott.ssa T. – e in particolare la validità dei titoli accademici esteri dalla stessa posseduti – non implichi valutazioni di carattere amministrativo, ossia scelte che comportino un apprezzamento in ordine al miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico, ma solo l’individuazione di circostanze senza alcun margine di discrezionalità. Nè potrebbe sostenersi che, venendo in rilievo la nota con la quale il Ministero della salute ha comunicato al Consiglio dell’ordine degli Psicologi del Lazio che l’iscrizione all’Albo della dott.ssa T. non era congruente con il riconoscimento della qualifica di Psychotherapist, verrebbe in discussione una posizione di interesse legittimo. Ciò di cui si discute, infatti, è la sussistenza o no del diritto della dott.ssa T. alla iscrizione all’Albo degli psicologi; posizione, questa, rispetto alla quale la legittimità o no del provvedimento ministeriale potrà eventualmente essere oggetto di valutazione in via incidentale da parte del giudice ordinario.

Nè la giurisdizione del giudice ordinario potrebbe essere esclusa per il fatto che il diritto della dott.ssa T. alla iscrizione all’albo degli psicologi è stato, nel caso di specie, negato per effetto di annullamento in autotutela della precedente iscrizione. Invero, ciò che viene in rilievo, il bene della vita al quale la dott.ssa T., attrice dinanzi al giudice amministrativo, aspira, non è tanto l’interesse legittimo al corretto esercizio della potestà amministrativa (nella specie, di annullamento in autotutela), quanto la tutela del diritto alla iscrizione all’albo professionale, che costituisce indubitabilmente espressione di una posizione di diritto soggettivo, azionabile dinnanzi al giudice ordinario.

5. In conclusione, deve affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario, dinnanzi al quale le parti vanno rimesse.

Le spese del presente giudizio vanno rimesse al giudice del merito.

PQM

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinnanzi al quale rimette le parti; spese al merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 22 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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