Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6818 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 11/03/2021), n.6818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30314-2018 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PRATI DEGLI

STROZZI, 34, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE DI CATALDO, che

la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI

PAISIELLO, 15, presso lo studio dell’avvocato PIETRO DAVIDE SARTI,

che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

R.S., UNICREDIT, RI.D’.EN.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VELLETRI, depositata il

24/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Nel corso di un giudizio di divisione intentato da R.S. nei confronti di P.M., concernente un immobile comune sito in (OMISSIS), e con l’intervento della banca creditrice iscritta, il Tribunale di Velletri, attesa la non comoda divisibilità del bene, disponeva procedersi alla vendita delegando all’uopo il notaio Ri.Ad.En..

A seguito di aggiudicazione provvisoria del 13/9/2017, la P. proponeva ricorso ex art. 591 ter c.p.c., avverso il provvedimento di aggiudicazione, lamentando la mancata notifica dell’avviso di vendita e la mancanza di prova circa l’avvenuto rispetto degli adempimenti pubblicitari.

Il G.I. rigettava la richiesta di sospensione della vendita con ordinanza del 10/11/2017 avverso la quale l’odierna ricorrente proponeva reclamo ex art. 591 ter c.p.c., reiterando le doglianze già formulate.

Il Tribunale di Velletri, in composizione collegiale, con ordinanza del 24/8/2018, prendeva atto che nelle more era intervenuto il decreto di trasferimento, il che determinava la cessazione della materia del contendere, stante il venir meno dell’interesse ad ottenere la sospensione della procedura di vendita, sicchè ogni doglianza andava mossa nelle forme di cui all’art. 617 c.p.c., avverso il decreto de quo.

Al fine però della regolamentazione delle spese di lite, in ragione del giudizio di soccombenza virtuale, il Tribunale, da un lato, sosteneva che non sussisteva alcun obbligo di notiziare il debitore esecutato, quale doveva reputarsi essere la P., della vendita, dovendosi escludere la necessità di approfondimenti istruttori in ordine al rispetto delle formalità pubblicitarie, stante l’avvenuta cessazione della materia del contendere.

Per l’effetto disponeva la compensazione delle spese.

Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione P.M. sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso T.M., alla quale il bene è stato trasferito all’esito della procedura di vendita.

Gli altri intimati non hanno svolto difese in questa fase.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 112 e 669 terdecies c.p.c., laddove l’ordinanza gravata ha rigettato il reclamo soffermandosi solo sulla richiesta di sospensione della procedura di vendita, senza avvedersi del reale contenuto delle richieste della ricorrente, le quali non potevano reputarsi private di interesse a seguito dell’adozione del decreto di trasferimento.

Il secondo motivo denuncia la violazione della lex specialis che determina le operazioni di vendita e quindi degli artt. 569 e 591 bis c.p.c., essendosi escluso che fosse necessario comunicare alla ricorrente l’avviso di vendita, stante il diverso contenuto dell’ordinanza di delega.

Il terzo motivo denuncia la violazione del D.L. n. 83 del 2015, conv. nella L. n. 132 del 2015, quanto alle norme che disciplinano la pubblicità delle vendite, non essendovi prova che fossero state rispettate le specifiche previsioni dettate dal legislatore per la pubblicità delle vendite immobiliari, funzionali ad assicurare l’esito più fruttuoso della vendita.

Il ricorso è inammissibile.

Va innanzi tutto considerato che la vendita oggetto di causa è stata delegata non già nell’ambito di un procedimento di esecuzione, ma in un giudizio di divisione, situazione per la quale si veda Cass. S.U. n. 18185/2013, a mente della quale, gli atti del giudice istruttore relativi al procedimento di vendita sono soggetti al rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi di cui agli artt. 617 e 618 c.p.c., dovendo escludersi l’esperibilità di un’autonoma azione di nullità avverso il decreto di trasferimento conclusivo del procedimento di vendita, posto che la finalità del procedimento di vendita dei beni immobili non è diversa nel giudizio divisorio o nel procedimento esecutivo e le scelte legislative degli ultimi lustri, con l’esplicito rinvio, contenuto nell’art. 788 c.p.c., a norme del processo esecutivo, sono la manifestazione di un richiamo ad esse che va inteso come sistematico; sicchè non avrebbe senso scandire il procedimento di vendita con i passi del processo esecutivo e sovrapporgli un apparato rimediale del tutto diverso, privo di quell’efficacia e di quella celerità che deriva sia dalla tipologia delle opposizioni, sia dal meccanismo della sanatoria processuale (ma sul punto si veda Cass. n. 27346/2016, secondo cui in tema di divisione, è inammissibile il reclamo ex art. 591 ter c.p.c., avverso gli atti del notaio delegato alle operazioni di scioglimento della comunione, atteso che, ai sensi dell’art. 790 c.p.c., tutte le contestazioni devono essere sottoposte al giudice istruttore mediante trasmissione del relativo verbale per essere decise con ordinanza, avverso la quale è esperibile opposizione agli atti esecutivi), il che comporta che, ove il giudice della divisione decida di avvalersi di un professionista delegato, le contestazioni che investono la regolarità formale delle operazioni delegate sono sottoposte anche in tale ipotesi alla disciplina di cui all’art. 591 ter c.p.c..

Va però riaffermata la non ricorribilità in cassazione del provvedimento emesso in sede di reclamo ex art. 591 ter c.p.c., con la conseguente inammissibilità del ricorso proposto. Va, infatti, ribadito il principio secondo cui (Cass. n. 12238/2019; Cass. n. 15441/2020) l’ordinanza collegiale pronunciata all’esito del reclamo ai sensi dell’art. 591 ter c.p.c., avverso gli atti pronunciati dal giudice dell’esecuzione nel corso delle operazioni di vendita per espropriazione di immobili delegate al professionista ex art. 591 bis c.p.c., non ha natura nè decisoria, nè definitiva e, come tale, non è suscettibile di passare in giudicato, sicchè non è impugnabile con ricorso per cassazione, nè ordinario, nè straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, (conf. Cass. n. 11817/2018 che ha precisato che la norma dell’art. 591 ter c.p.c., in tema di operazioni di esecuzione per espropriazione di immobili delegate al notaio, quando, nel comma 2, dispone che “restano ferme le disposizioni di cui all’art. 617 c.p.c.,” dev’essere interpretata nel senso che l’opposizione agli atti esecutivi è il mezzo esperibile contro le ordinanze del giudice dell’esecuzione pronunciate, sia a seguito del reclamo delle parti del processo esecutivo contro i decreti pronunciati dal giudice dell’esecuzione su sollecitazione del notaio delegato, in relazione a difficoltà insorte nelle operazioni di esecuzione, sia a seguito del reclamo delle parti avverso gli atti del notaio delegato, restando, pertanto, esclusa ogni possibilità di diretta impugnativa in sede giurisdizionale diversa dal reclamo tanto dei suddetti decreti quanto degli atti del notaio delegato, e, quindi, la proposizione diretta dell’opposizione agli atti esecutivi contro di essi ed a maggior ragione, data l’esistenza nel sistema dell’esecuzione forzata di un rimedio generalizzato contro le invalidità del processo esecutivo, rappresentato proprio dal rimedio dell’art. 617 c.p.c., del ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, rimedio che, peraltro, è inesperibile anche contro le stesse decisioni emesse in sede di reclamo, atteso che esse possono essere impugnate solo con l’opposizione di cui all’art. 617 c.p.c.; Cass. n. 14707/2006).

Le spese seguono la soccombenza nei confronti della controricorrente e si liquidano come da dispositivo.

Nulla a provvedere sule spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli altri intimati.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso delle spese che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi ed accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

 

 

 

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