Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6817 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 13/01/2017, dep.15/03/2017),  n. 6817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27609-2015 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, PIAZZA DELL’OROLOGIO 7, presso lo studio dell’avvocato

LORENZO ANELLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

NICOLA MARCONE;

– ricorrente –

contro

M.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SARDEGNA,

29, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO CAROSI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERPAOLO MARI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e

COGEL SPA IN LIQUIDAZIONE, ORA IN CONCORDATO PREVENTIVO,

LIQUIDAZIONE, GIUDIZIALE COGEL SPA IN LIQUIDAZIONE ORA IN CONCORDATO

PREVENTIVO, SOCIETA’ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 19/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/01/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

1). Nell’ambito di un procedimento promosso da Co.Ge.L. s.p.a. nei confronti di RFI – Reti Ferroviarie s.p.a. per l’accertamento di un credito derivante da contratto di appalto del valore complessivo di circa cinquanta milioni di Euro, venne liquidata al c.t.u. ing. M.C.A., per l’espletamento di un incarico riguardante l’accertamento dell’esistenza di maggiori oneri e danni a rispettivo carico delle parti, la somma di Euro 39.400,00 a titolo di compenso ed Euro 19.153,30 a titolo di rimborso spese.

RFI propose ricorso avverso il decreto di liquidazione, assumendo che i compensi erano eccessivi e le spese non dovute.

Il Tribunale di Roma, a modifica del decreto opposto, liquidò a titolo di rimborso spese la minor somma di Euro 8.337,50; in tal senso, osservò che non erano stati riconosciuti compensi in eccesso, rilevando che al consulente erano stati conferiti due autonomi quesiti e che l’importanza ed il valore della controversia giustificavano il raddoppio degli onorari; specificò poi che fra le spese andavano riconosciuti i costi di trasferta, i compensi per due collaboratori autorizzati, da liquidarsi in percentuale sull’entità del compenso principale, e le spese di segreteria e dattilografia in quanto debitamente documentate.

Per la cassazione di tale ordinanza ha proposto ricorso RFI sulla base di quattro motivi; l’ing. M. ha proposto ricorso incidentale affidato ad unico motivo e la ricorrente principale ha depositato controricorso.

2) Con il primo motivo la ricorrente principale denunzia violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 50 e del D.M. 30 maggio 2002, artt. 11 e 29 contestando che al c.t.u. siano stati conferiti due distinti incarichi sulla sola base del fatto che il quesito sottopostogli comportava una pluralità di indagini ed accertamenti.

Con il secondo motivo denunzia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti, assumendo che il tribunale aveva omesso di considerare la circostanza, da lui lamentata, che gli onorari erano stati liquidati senza esplicitare le modalità di computo.

Con il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52 in relazione al raddoppio degli onorari, disposto in assenza della prescritta esecuzione di “prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà” e di elementi giustificativi ulteriori e distinti rispetto a quelli che avevano già consentito di applicare gli onorari in misura massima.

Con il quarto motivo denunzia violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 55 e 56, D.M. n. 182 del 2002, artt. 29 e 115, art. 115 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione al riconoscimento di alcune spese, e segnatamente: (a) delle spese inerenti ai collaboratori del c.t.u., liquidate dal tribunale in percentuale all’onorario complessivo del consulente pur nella dichiarata assenza di documentazione dell’attività svolta e perciò in assenza di prova; (b) delle spese di viaggio e per attività di segreteria e dattilografia, da non liquidare perchè comprese negli onorari per il complessivo espletamento dell’incarico.

3) Il ricorrente incidentale denunzia un difetto di motivazione (omessa e/o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5) in relazione alla liquidazione forfetaria dei compensi ai collaboratori autorizzati, dolendosi del mancato esame di circostanze che ne avrebbero consentita una più congrua.

4) Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato: se, infatti, è stato affermato che ai fini della determinazione giudiziale del compenso dovuto al consulente tecnico di ufficio, un incarico avente ad oggetto una pluralità di quesiti deve essere considerato unico (cfr. Cass. n. 1580/2015; n. 3414/2006), stato anche chiarito che la pluralità delle valutazioni richieste deve necessariamente rilevare ai fini della determinazione giudiziale del compenso, con conseguente legittimità, nel caso di incarico contenente più accertamenti, di una liquidazione degli onorari sommando quelli relativi a ciascuno dei distinti accertamenti richiesti (Cass., n. 21224/2014; n. 7186/2007; n. 6233/2006).

Il giudice di merito, avendo accertato il conferimento di due quesiti al consulente, si è correttamente attenuto a detti principi.

5) Manifestamente infondato è pure il secondo motivo, poichè l’ordinanza impugnata indica la ragione per la quale ha ritenuto sussistere, nell’ambito dell’unitarietà dell’incarico, un duplice accertamento (facendo riferimento alla verifica dei fatti connessi alle rispettive domande delle due parti) e conseguentemente ha liquidato gli onorari in misura conforme.

6) Il terzo motivo è inammissibile, poichè la valutazione della ricorrenza degli elementi che consentono l’aumento degli onorari costituisce accertamento proprio del giudizio sul merito dell’importanza e complessità della prestazione eseguita, non esaminabile in questa sede (v. Cass. n. 21224/2014; n. 17898/2003; n. 7527/2002).

7) Il quarto motivo è manifestamente infondato.

Quanto, infatti, alle spese per l’attività dei collaboratori autorizzati, questa Corte, partendo dal chiaro dato normativo (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 56, comma 3), ha affermato che per le spese riguardanti le attività strumentali, svolte dai prestatori d’opera di cui il consulente sia stato autorizzato ad avvalersi, trovano applicazione le medesime tabelle con cui deve essere determinata la misura degli onorari dei consulenti tecnici (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 15535 del 11/06/2008 Rv. 604079). Nel caso di specie, il relativo computo, per ciascun collaboratore, è stato liquidato dal Tribunale in proporzione (10%) agli onorari riconosciuti al c.t.u. e perciò con i criteri di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 56, comma 3, dovendosi intendere il riferimento dell’ordinanza alla mancata documentazione di attività specifiche come elemento ostativo ad una liquidazione maggiormente individualizzata, fermo restando il riscontro dell’avvenuta partecipazione dei collaboratori all’attività del consulente.

Quanto, infine, alle spese di viaggio, dattilografia e segreteria, trattasi di spese sostenute dal consulente tecnico per l’adempimento dell’incarico, la cui liquidazione è conforme ai requisiti ed ai criteri indicati dal D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 55 e 56. Non è pertinente, al riguardo, il richiamo all’art. 29, che concerne la liquidazione degli onorari.

8) Il ricorso incidentale del consulente inammissibile, poichè denunzia il vizio di motivazione (sotto il profilo della omissione e contraddittorietà della stessa), che però non è più possibile far valere in sede di legittimità: l’art. 360, n. 5, nel testo in vigore ed applicabile alla fattispecie in esame, consente infatti l’impugnazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ipotesi ben diversa, qui non ricorrente e neppure dedotta.

Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in considerazione dell’esito del procedimento.

Considerato infine che i ricorsi sono stati proposti successivamente al 30 gennaio 2013 e sono stati rigettati, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1 – quater al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti (principale e incidentale) dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

rigetta i ricorsi e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti (principale e incidentale), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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