Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6816 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 11/03/2020), n.6816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorse 12527-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.M.I.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 179/2015 della COMM. TRIB. REG. di CAMPOBASSO,

depositata il 25/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. RENATO PERINU.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 179/3/15, depositata il 25/6/2015, con la quale la CTR del Molise, in riforma della pronuncia di primo grado accoglieva in parte il gravame di P.M.I., avente ad oggetto il silenzio rifiuto serbato dall’amministrazione finanziaria sull’istanza di rimborso Irpef presentata dalla contribuente per l’anno d’imposta 2007, in relazione all’indennità di fine rapporto alla stessa erogata dal Fondo di Previdenza per il personale del Ministero delle Finanze;

in particolare, per quanto di interesse, la CTR ha ritenuto che la domanda di rimborso dovesse essere riconosciuta ai sensi del TUIR, artt. 17 e 19, limitatamente alla ritenuta Irpef operata in eccesso rispetto al regime di tassazione separata quale risultante dal citato TUIR, artt. 17 e 19, sino al 31/12/2000, e per il rimanente periodo ai sensi delle modifiche intervenute sul TUIR, art. 17, con il D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10;

avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi ad un unico motivo;

P.M.I. ritualmente intimata non si difende.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo dedotto viene denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 17 e 19, nonchè del D.P.R. n. 1034 del 1984, art. 2, per avere la CTR errato, nel non considerare che le indennità corrisposte dagli enti previdenziali ai lavoratori, nella fase di cessazione del rapporto di lavoro, possono essere escluse dalla tassazione ad Irpef solo, allorquando, il rispettivo fondo sia costituito ed alimentato, esclusivamente, dai contributi degli stessi lavoratori;

2. le censure mosse dalla ricorrente nei confronti della sentenza impugnata s’appalesano, manifestamente, infondate;

3. premesso, infatti, che questa Corte (Cass. n. 19859/2016 – Cass. n. 25396/2017 – Cass. n. 13800/2019) pronunciandosi su tematica del tutto speculare rispetto a quella in disamina, ha chiarito, avuto conto, anche, della composizione del Fondo in questione, alimentato (D.P.R. n. 1034 del 1984, art. 2), dai proventi della vendita di beni confiscati, dalle sanzioni pecuniarie, e dalle percentuali delle vincite del lotto, oltre ad altre indennità perequative pensionabili, e dunque in massima parte, da premi di produttività e da incentivi legati all’attività d’istituto, che l’erogazione di detta indennità costituisce una forma di retribuzione differita che consente di ricondurla nell’ambito delle indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, di cui al TUIR, artt. 17 e 19, con conseguente assoggettamento a tassazione separata, nella fattispecie che occupa, le doglianze prospettate dall’Ufficio, non colgono nel segno, in quanto si rivolgono a profili completamente diversi da quelli posti a sostegno della “ratio decidendi” sulla quale si fonda la sentenza in disamina;

4. il motivo di gravame, infatti, ne fraintende il contenuto, laddove sostiene che, tale pronuncia, avrebbe affermato che l’indennità in parola sarebbe stata esente da imposizione, in quanto costituita, esclusivamente, sulla base dei contributi versati dai dipendenti;

5. in realtà, la CTR ha riconosciuto espressamente che l’indennità in questione non è formata da contribuzione attribuibile ai dipendenti (ed in linea, quindi, con i principi indicati da questa Corte, sopra richiamati), ed ha affermato, invece, una diversa soluzione al quesito, ossia che tale indennità godeva di un’imposizione agevolata del TUIR, ex art. 17, comma 1, lett. a), e art. 19, comma 2, precisando, di conseguenza, che a seguito della modifica legislativa intervenuta nella materia “de qua” con il D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10, l’Ufficio era tenuto a ricalcolare l’importo dovuto alla luce della indicata novella legislativa;

6. ciò posto, il motivo in disamina risulta inammissibile, poichè parte ricorrente ha contestato una “ratio decidendi” del tutto diversa da quella ascrivibile alla sentenza impugnata, e le doglianze da essa rivolte nei confronti della pronuncia della CTR non sono, quindi, rilevanti ai fini del decidere, così da sostanziare carenza di interesse in capo all’Ufficio ricorrente.

7. per quanto precede, il ricorso, va, dunque, rigettato;

8. la mancata costituzione in giudizio della controricorrente esime il Collegio dal regolamentare le spese del giudizio. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito P.A. difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n.115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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