Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6815 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 11/03/2021), n.6815

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28580-2018 proposto da:

AGENZIA ESPANSIONE MONTESILVANO, domiciliata in ROMA presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIUSEPPE DI TIZIO giusta procura in calce al ricorso;

ricorrente –

contro

M.D.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 415/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 06/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dalla ricorrente.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Pescara, con la sentenza n. 176/2017, rigettava l’opposizione proposta da M.D. avverso il decreto ingiuntivo n. 33/2015, con il quale gli era stato ingiunto di pagare all’Agenzia Espansione Montesilvano S.a.s. la somma di Euro 7.905,60 a titolo di provvigione per l’attività di mediazione svolta da quest’ultima per l’acquisto di un immobile, oltre interessi e spese di lite.

A seguito dell’intermediazione svolta dalla società, il M. aveva proposto l’11/07/2013 alla Spada Costruzioni S.R.L. l’acquisto di una porzione di una villa trifamiliare da edificare a (OMISSIS), come da DIA presentata il 23/12/2011, secondo quanto indicato nella bozza di preliminare.

Il Tribunale rilevava che, a seguito dell’accettazione della proposta di acquisto da parte della venditrice, avvenuta in data 1/8/2013, doveva ritenersi concluso l’affare con conseguente diritto del mediatore a percepire la provvigione, ex art. 1755 c.c., essendosi validamente costituito tra le parti un vincolo giuridico che consentiva a ciascuna di loro di agire per l’esecuzione del contratto, a nulla rilevando che successivamente esse avessero deciso di modificare i termini dell’accordo e non avessero concluso il contratto di compravendita definitivo.

Nel corso del giudizio di primo grado, in sede di comparsa conclusionale, l’opponente eccepiva la mancata prova da parte dell’Agenzia dell’iscrizione nell’albo degli agenti in affari di mediazione; cosicchè non poteva considerarsi tardiva la produzione da parte dell’opposta del certificato di iscrizione nel predetto albo, effettuata nella successiva udienza fissata per la decisione della causa ex art. 281 sexies c.p.c..

Avverso la suddetta sentenza del Tribunale proponeva appello il M., chiedendo l’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo e la sua revoca. A tale riguardo, lamentava l’erroneità della sentenza, in primis, nella parte in cui aveva ammesso la produzione documentale di controparte, relativa all’iscrizione all’albo dei mediatori, nonostante fosse tardiva e quindi inammissibile; in secondo luogo, nella parte in cui aveva ritenuto concluso l’affare, senza considerare che la bozza di preliminare inviata dall’Agenzia conteneva clausole in merito ai tempi del pagamento del corrispettivo difformi da quelle contenute nella proposta di acquisto e che era invalida in quanto non contenente l’indicazione della garanzia fideiussoria obbligatoria nei contratti di vendita di immobili da costruire.

La Corte d’Appello dell’Aquila, con la sentenza n. 415/2018 del 06/03/2018, accoglieva l’appello e riformava la sentenza impugnata, con la revoca del decreto ingiuntivo n. 33/2015 e la condanna dell’Agenzia Espansione (OMISSIS) S.a.s. alla refusione delle spese dei due gradi di merito.

In primo luogo, la Corte rilevava la correttezza della decisione di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto ammissibile la produzione documentale volta a provare l’iscrizione all’albo dei mediatori, in quanto la tardiva contestazione da parte dell’opponente della mancata iscrizione dell’Agenzia all’albo dei mediatori, effettuata in sede di comparsa conclusionale, comportava una riapertura dei termini a favore della controparte.

In secondo luogo, la Corte riteneva fondato il motivo di appello del M., in quanto sia la proposta di acquisto sia la bozza di contratto preliminare non contenevano l’indicazione della garanzia fideiussoria prescritta dal D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2 e pertanto dovevano considerarsi nulle. Ciò escludeva il diritto dell’agenzia immobiliare di ottenere il pagamento della provvigione, non solo non potendosi ritenere concluso l’affare, ma occorrendo tenere conto di un comportamento negligente dell’agenzia immobiliare, la quale non aveva fornito le informazioni necessarie per la redazione della proposta di acquisto in modo conforme a quanto richiesto dal D.Lgs. n. 122 del 2005, rendendosi così inadempiente. La Corte escludeva, poi, che il vizio potesse essere sanato a seguito dell’accordo transattivo stipulato il 5/02/2014, dal momento che non conteneva alcun riconoscimento della validità del vincolo tra le parti, ma si limitava a sancire l’interruzione delle trattative tra loro intercorse, mediante la restituzione da parte della società costruttrice di un importo pari alla metà della somma versata all’atto della sottoscrizione della proposta di acquisto.

L’Agenzia Espansione (OMISSIS) S.a.s. ricorre per la cassazione della suddetta sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila sulla base di quattro motivi, illustrati da memorie. Non ha svolto difese nel presente giudizio l’intimato.

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 122 del 2005, artt. 1 e 2, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la vendita oggetto della controversia non rientrerebbe nell’ambito di applicazione del suddetto D.Lgs., non essendo stato provato che la costruzione da realizzare si trovasse nella situazione o nello stato disciplinato dall’art. 1, lett. d). La sentenza sarebbe, quindi, viziata in quanto fondata sulla mera supposizione che si trattasse di un immobile soggetto alla disciplina del D.Lgs. n. 122 del 2005.

Il motivo è infondato. Ai fini del D.Lgs. n. 122 del 2005, per “immobili da costruire” devono intendersi gli immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata, versando in uno stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità.

In base alla definizione fornita dal D.Lgs., possono ritenersi immobili da costruire tutti quegli immobili che si trovano in uno stato di avanzamento della costruzione che si colloca tra i seguenti due momenti temporali della fase progettuale – edificatoria: dal lato iniziale, dopo l’avvenuta richiesta del permesso di costruire o (ricorrendo le condizioni di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 3, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) l’avvenuta presentazione della denuncia di inizio attività; dal lato finale, prima del completamento delle finiture e della conseguente richiesta del certificato di agibilità (il cui rilascio, ai sensi dell’art. 25 del citato testo unico, va domandato entro quindici giorni dall’ultimazione, appunto, dei lavori di finitura dell’intervento) (cfr. Cass., sez. 2, sentenza n. 5749 del 10/03/2011).

Tale è la situazione verificatasi nel caso di specie, nel quale la mediazione riguardava l’acquisto di una porzione di una villa trifamiliare da edificare in (OMISSIS), come da DIA presentata in data 23/12/2011 (cfr. sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila, p. 5).

Il motivo è parimenti inammissibile, in quanto, non solo, non è mai stata sollevata alcuna contestazione in ordine all’applicabilità del suddetto decreto legislativo nei precedenti gradi di giudizio, ma anche in virtù del principio iura novit curia, vigente nell’ordinamento, in base al quale spetta al giudice individuare le norme giuridiche applicabili alla fattispecie concreta senza alcun vincolo o limitazione derivante dalle affermazioni o indicazioni di parte, con la facoltà altresì di addivenire a una diversa qualificazione giuridica dei fatti allegati.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2 e degli artt. 1326 e ss., 1362 e ss. c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La sentenza sarebbe errata perchè non tiene conto del fatto che la conseguenza della mancata menzione e consegna della fideiussione è la nullità relativa, cioè una sostanziale annullabilità del contratto che può essere fatta valere esclusivamente dall’acquirente. In altre parole, il contratto si sarebbe concluso validamente con l’incontro della volontà delle parti, non essendo rilevante a tal fine il mancato rilascio della fideiussione, che comporterebbe al più la possibilità per l’acquirente di far valere la nullità, esclusa la quale, il contratto rimane produttivo di effetti.

Inoltre, al momento della conclusione della proposta di acquisto non avrebbe dovuto essere rilasciata alcuna fideiussione, in quanto il costruttore non aveva ancora riscosso alcuna somma dell’importo pattuito, nè si stabilivano somme da corrispondere al venditore prima del trasferimento della proprietà. Lo stesso anche per la bozza di contratto preliminare non accettata, che in quanto tale sarebbe priva di efficacia per non essere stata accettata, non tanto per non contenere l’indicazione della polizza fideiussoria.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1755 e 1757 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con la proposta di acquisto sottoscritta dal M. l’11/7/2013 ed accettata dalla Spada Costruzioni il 1/8/2013, sarebbe sorto il diritto del mediatore alla provvigione.

Il ricorrente richiama la giurisprudenza che ha affermato che anche una proposta di acquisto integrante preliminare di preliminare può far sorgere il diritto alla provvigione, in quanto atto integrante la conclusione di un affare e che dà diritto di agire per l’adempimento o il risarcimento. Il fatto che le parti avessero contratto obblighi suscettibili di esecuzione sarebbe dimostrato dalla revoca della proposta di acquisto con restituzione della metà della cauzione. Infine, il diritto del mediatore alla provvigione non verrebbe meno in ipotesi di contratto annullabile, se il mediatore non conosceva la causa di invalidità.

I motivi, che per la connessione delle questioni poste possono essere trattati congiuntamente, sono entrambi infondati.

Anche a voler ammettere che una proposta di acquisto integrante “preliminare di preliminare” possa far sorgere il diritto alla provvigione, in quanto atto che dà diritto di agire per l’adempimento o per il risarcimento, nel caso di specie, la Corte d’Appello correttamente ha escluso il diritto alla provvigione del mediatore, a causa della invalidità della proposta di acquisto redatta senza la garanzia fideiussoria, richiesta, a pena di nullità relativa, dal D.Lgs. n. 122 del 2005, art. 2.

Secondo la sentenza gravata, la norma citata, infatti, per individuare il momento in cui sorge l’obbligo di rilasciare la garanzia fideiussoria, fa riferimento all’atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità, ovvero a un momento precedente, in relazione alle somme riscosse o da riscuotere prima del trasferimento della proprietà o altro diritto reale con il contratto definitivo.

Conseguentemente anche il contratto preliminare di preliminare, laddove contenga, come nel caso di specie, l’individuazione delle parti, dell’oggetto e del corrispettivo pattuito (Euro 215.000,00 da versare all’atto della stipula del preliminare, entro il 30/09/2013, con deposito cauzionale di 1.000,00 alla firma del preliminare di preliminare), richiede il rilascio della fideiussione.

L’invalidità della proposta di acquisto, pertanto, escluderebbe che si possa considerare costituito tra le parti un valido vincolo giuridico, che legittimi il sorgere del diritto alla provvigione del mediatore.

Ma accanto a questa ratio decidendi, che è l’unica che risulta formalmente attinta dai motivi di ricorso, la sentenza d’appello denota una seconda ratio decidendi che giustifica il mancato accoglimento della domanda del mediatore, in ragione dell’inadempimento di quest’ultimo rispetto agli obblighi che gli incombevano.

Il mediatore, infatti, secondo quanto ravvisato dal giudice di appello, non avrebbe svolto il suo incarico in modo esauriente e funzionale all’interesse delle parti e quindi con la diligenza adeguata alla sua professionalità, dal momento che non ha fornito all’acquirente le informazioni necessarie per la redazione della proposta d’acquisto in modo conforme a quanto richiesto dal D.Lgs. n. 122/2005; del pari ha trasmesso una bozza di preliminare priva delle indicazioni richieste dal suddetto D.Lgs., art. 6 (riferite non solo alla polizza fideiussoria, ma anche alle ditte appaltatrici, alle ipoteche iscritte sul bene e agli altri elementi richiesti per la validità del contratto). A causa di tale inadempimento da parte del mediatore, è stato ritenuto giustificato il rifiuto del pagamento della provvigione, dovendosi ritenere che l’Agenzia avesse in tal modo pregiudicato il buon esito delle trattative (cfr. sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila p. 6 e 7).

Il ricorrente non ha impugnato la sentenza nella parte in cui escludeva il suo diritto alla provvigione a causa dell’inadempimento, che costituisce un’autonoma ratio sufficiente a sorreggere il rigetto della domanda di condanna, ma si è limitato a lamentarne l’erroneità relativa alla nullità del contratto per mancanza della fideiussione, il che determina l’inammissibilità del ricorso, dovendo la parte sottoporre a gravame entrambe le ragioni giustificative della sentenza (Cass. n. 10815/2019; Cass. n. 18641/2017, secondo cui, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza).

Ma ancor più dirimente appare la considerazione che, alla luce della più recente giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi che nella fattispecie il mediatore possa reclamare il diritto alla provvigione.

Questa Corte ha infatti di recente affermato che (Cass. n. 300083/2019) al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va, invece, escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un “affare” in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cd. “preliminare di preliminare”, costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in caso di inadempimento. Tale ultimo negozio, pur essendo di per sè stesso valido ed efficace, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela alla formazione progressiva del contratto fondata sulla differenziazione dei contenuti negoziali delle varie fasi in cui si articola il procedimento formativo, non legittima, tuttavia, la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l’oggetto finale del progetto negoziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell’autonomo danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione endoprocedimentale contenuta nell’accordo interlocutorio.

Ritiene il Collegio di dover dare continuità a tale principio dal che discende l’insussistenza del diritto alla provvigione in favore della ricorrente.

Con il quarto motivo, denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Il M. nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo e nell’atto di appello non avrebbe eccepito la nullità del contratto per mancato rilascio della fideiussione, ma solo la sua difformità nelle condizioni di pagamento rispetto alla bozza di preliminare. Ciò significa che la Corte ha rilevato d’ufficio una nullità relativa in violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il motivo è infondato.

La giurisprudenza di questa Suprema Corte ha ammesso la rilevabilità d’ufficio anche delle nullità di protezione, in quanto tutelano interessi e valori fondamentali – quali il corretto funzionamento del mercato (art. 41 Cost.) e l’uguaglianza almeno formale tra contraenti forti e deboli (art. 3 Cost.) – che trascendono quelli del singolo (cfr. Cass., Sez. U, sentenza n. 26242 del 12/12/2014; Cass., sez. 2, sentenza n. 3308 del 05/02/2019). Il rilievo ex officio delle nullità negoziali (sotto qualsiasi profilo, anche diverso da quello allegato dalla parte, ed altresì per le ipotesi di nullità speciali o “di protezione”) è sempre obbligatorio, purchè la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata ragione più liquida, e va intesa come indicazione alle parti di tale vizio; la loro dichiarazione, invece, ove sia mancata un’espressa domanda della parte pure all’esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa (salvo per le nullità speciali, che presuppongono una manifestazione di interesse della parte) del medesimo vizio, previo suo accertamento, nella motivazione e/o nel dispositivo della pronuncia, con efficacia, peraltro, di giudicato in assenza di sua impugnazione.

Nel caso di specie, l’invalidità della proposta di acquisto per mancanza della garanzia fideiussoria è stata eccepita dallo stesso M., promissario acquirente dell’immobile, negli atti introduttivi dei giudizi di merito, cosicchè non sembra configurabile alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c. (cfr. atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo del M., p. 4: “il preliminare predisposto neanche prevedeva la stipula di polizza fideiussoria in favore dell’acquirente, obbligatoria trattandosi di acquisto di casa di nuova costruzione”; atto di citazione in appello del M., p. 7: “il preliminare non recava nè prevedeva la stipula di polizza fideiussoria, che invece risulta obbligatoria rispetto ai preliminari di vendita in caso di immobili di nuova costruzione”).

Essendo da rigettare anche l’ultimo motivo di ricorso, deve essere pienamente confermata la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Nulla a disporre quanto alle spese nei confronti della parte rimasta intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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