Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6813 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 11/03/2021), n.6813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18347-2020 proposto da:

K.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ELISABETTA STRUMIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3074/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 29/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 2/2/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Bologna, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c. del 20 giugno 2018, rigettava il ricorso proposto da K.K., cittadino del Senegal, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Bologna, a seguito dell’impugnazione proposta dal K., rilevava, fra l’altro e per quanto di interesse, che: i) le motivazioni della migrazione, di carattere essenzialmente economico, rimanevano di per sè estranee alle condizioni previste per il riconoscimento della protezione internazionale; li) nella zona di provenienza del migrante, individuata nella Media Casamance, non era in atto un conflitto tale da esporre a pericolo l’incolumità della popolazione civile a causa della sola presenza sul territorio; iii) erano inconferenti i richiami fatti alle condizioni della Libia, dove il richiedente non sarebbe rientrato in caso di rimpatrio, dato che non era il suo paese di origine;

3. per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, pubblicata in data 29 ottobre 2019, ha proposto ricorso K.K. prospettando due motivi di doglianza;

il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3: in tesi di parte ricorrente la Corte d’appello, dopo aver ricondotto la scelta di espatriare del migrante alla necessità di migliorare le proprie condizioni di vita, avrebbe rigettato la richiesta di protezione umanitaria valutando in maniera separata i singoli aspetti in cui la vicenda personale del richiedente asilo si articolava;

solo una visione d’insieme di tutti i fattori potenzialmente rivelatori di un serio motivo di carattere umanitario avrebbe, al contrario, permesso di cogliere tutte le sfumature della condizione personale dello straniero e di evidenziarne le correlazioni reciproche;

la Corte d’appello, inoltre, ha immotivatamente svalutato il dato della permanenza in Libia;

5. il motivo è inammissibile;

la Corte di merito ha spiegato a chiare lettere che per il riconoscimento della protezione umanitaria era necessario che la condizione di precarietà economica del migrante fosse l’effetto di una grave violazione dei diritti umani subita nel paese di provenienza, situazione che però nel caso di specie non era stata neppure allegata dal migrante; allo stesso modo, a dire dei giudici distrettuali, la sproporzione fra i due contesti di vita avrebbe potuto assumere rilievo solo se capace di provocare specifiche ricadute individuali, distinte da quelle destinate a prodursi sulla generalità delle persone provenienti dal medesimo ambito territoriale;

la mera allegazione a motivazione dell’espatrio della volontà di ricercare una migliore prospettiva di vita costituiva in sostanza, agli occhi dei giudici distrettuali, l’ostacolo all’individuazione di un profilo di vulnerabilità, in termini assoluti o all’esito di una comparazione con la condizione di integrazione nel paese ospitante;

a fronte di queste considerazioni la censura in esame critica la frammentazione della valutazione e si duole di una mancata visione di insieme di tutti i fattori rivelatori della vulnerabilità, ma non indica quali essi fossero in concreto (anche alla luce del giudizio di non attendibilità delle dichiarazioni del migrante oramai consolidatosi), se non evocando “la povertà e le peculiarità del paese di origine” (malgrado la Corte di merito abbia spiegato che la generale violazione dei diritti umani nel paese di provenienza non rilevava, dovendosi fare riferimento alla vicenda personale del richiedente, perchè altrimenti si sarebbe finito per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma quella del suo paese di origine in termini del tutto generali ed astratti);

la doglianza risulta così compromessa dalla sua totale genericità, poichè finisce per rappresentare deduzioni astratte e di principio che non assumono rilievo rispetto alla specifica vicenda in esame nè si correlano al contenuto della decisione impugnata;

altrettanto scollegata con il contenuto della decisione impugnata è la critica alla mancata considerazione della situazione della Libia, che la Corte di merito ha giudicato irrilevante perchè il rimpatrio non avverrebbe in tale Stato;

affermazione, questa, che il motivo in esame ancora una volta ignora (limitandosi a sostenere che il dato della permanenza in Libia era stato “immotivamente depreto”), rimanendo così viziato per mancanza di specifica attinenza della doglianza al decisum della sentenza impugnata e per l’intento di rivedere in questa sede una valutazione propria del giudice di merito;

6. il secondo mezzo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5: in merito alla situazione del Casamance la Corte distrettuale si sarebbe limitata a ritenere corrette le valutazioni del Tribunale di Bologna, senza preoccuparsi di reperire alcun aggiornamento e senza tenere conto di valutazioni diverse effettuate da differenti autorità giudiziarie in termini di pericolosità del paese;

7. il motivo è inammissibile;

il ricorrente infatti non può limitarsi a prospettare, in termini generici, l’esistenza di una situazione complessiva del paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice di merito;

anche in questa materia il ricorso per cassazione conferisce alla Corte di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà del controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare, nel novero della congerie disponibile, le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Cass. 21098/2016, Cass. 27197/2011);

l’apprezzamento del giudice di merito poteva essere contrastato evidenziando, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base era stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, erano state oggettivamente travisate ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. 4037/2020), ma non certo limitandosi a proporre una diversa lettura delle fonti disponibili in termini più favorevoli per il richiedente asilo;

8. per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

la costituzione dell’amministrazione intimata al di fuori dei termini previsti dall’art. 370 c.p.c. ed al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione, non celebrata, esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

 

 

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