Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6812 del 15/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.15/03/2017),  n. 6812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20969-2015 proposto da:

BRENAM DEL DOTT P.M. & C SNC, in persona del

rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Piazza Cavour, presso la Corte Suprema di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato, GIUSEPPE FORCIONE;

– ricorrente –

e contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in proprio e

quale mandatario della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI

INPS SCCI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO SGROI, unitamente agli

avvocati GIUSEPPE MATANO, ESTER ADA SCIPLINO, CARLA D’ALOISIO,

EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO;

– resistente –

avverso la sentenza n. 30/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 26/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione dell’ordinanza in forma semplificata, ai sensi del decreto del primo Presidente in data 14/9/2016;

Rilevato:

che la Corte d’appello di Campobasso ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stato respinto il ricorso in opposizione di BRENAM del dott. P.M. C. s.n.c avverso cartella esattoriale avente ad oggetto crediti contributivi pretesi dall’INPS nei confronti della società;

che il giudice di appello ha, infatti, condiviso la valutazione del primo giudice secondo il quale la prova orale aveva confermato la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la L. e la società, rapporto alla base della pretesa contributiva dell’INPS, e osservato che i testi escussi, terzi ed indifferenti all’esito del giudizio, risultavano credibili non essendo state, peraltro, le circostanze riferite, contrastate da validi elementi ed argomentazioni acquisiti al processo;

che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la società sulla base di un unico motivo:

che l’INPS, anche quale mandatario della SCCI s.p.a., ha depositato procura;

Considerato:

che l’unico motivo di ricorso, con il quale parte ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, censurando la decisione per essersi limitata a richiamare in maniera generica e per relationem la ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza di primo grado, senza procedere, come richiesto con l’atto di appello, alla rivalutazione delle emergenze in atti nel rispetto del principio di ripartizione dell’onere probatorio, è manifestamente infondato;

che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte la sentenza pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata “per relationem” ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purchè il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre va cassata la decisione con cui il giudice si sia limitato ad aderire alla decisione di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame. (ex plurimis Cass. n. 14786 del 2016, n. 7347 del 2012, n. 15483 del 2008);

che la sentenza impugnata presenta i requisiti prescritti al fine del legittimo utilizzo della motivazione per relationem;

che, infatti, secondo quanto emerge dal contenuto dell’atto di appello, trascritto in ricorso nelle parti pertinenti all’illustrazione del motivo, le censure alla decisione impugnata si incentravano sia sul profilo attinente alla verifica della effettiva sussistenza della natura subordinata del rapporto instaurato dalla società con la L. sia sulla prova della sua durata e continuità per tutto il periodo oggetto dell’accertamento INPS (periodo decorrente dal novembre 1998 all’agosto 2006) sia, infine, sull’effettivo monte ore lavorativo effettuato;

che il contenuto di tali censure deve ritenersi correttamente evocato, sia pure in termini sintetici, nella sentenza impugnata la quale ha dato espressamente atto che con l’appello proposto era denunziata, in particolare, l’omessa e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia circa l’onere probatorio a carico dell’appellato in relazione alla sussistenza di tutti gli elementi posti a fondamento del verbale ispettivo dell’INPS;

che, pertanto, in coerenza con l’ambito del devoluto, il giudice di appello ha affermato che la prova della pretesa contributiva dell’INPS doveva ritenersi raggiunta alla stregua delle emergenze della prova orale sulla base delle condivisibili argomentazioni del primo giudice ” avendo egli operato una ricostruzione fedele alle risultanze istruttorie e che, pertanto, in parte qua, devono intendersi come sopra riportate e trascritte” ed ha altresì specificato che le circostanze riferite dai testi escussi, terzi ed indifferenti all’esito del giudizio, non risultavano contraddette da validi elementi o argomentazioni acquisiti al processo;

che quanto ora rilevato esclude la sussistenza dei vizi denunziati con il motivo in esame posto che dalla sentenza impugnata è dato individuare le ragioni della conferma della decisione di secondo grado in relazione alle specifiche censure formulate con l’atto di gravame, e di ricostruire quindi il percorso argomentativo alla base del decisum di secondo grado;

che a tanto consegue il rigetto del ricorso;

che non si fa luogo al regolamento delle spese essendosi l’INPS limitato a depositare procura.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2017

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