Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6812 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 11/03/2021), n.6812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16489-2020 proposto da:

T.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CRISTINA FEDERICI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2737/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 3/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 2/2/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Bologna, con ordinanza ex art. 702-bis c.p.c. del 3 marzo 2018, rigettava il ricorso proposto da T.B., cittadino della Guinea, avverso il provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale di diniego di riconoscimento del suo status di rifugiato nonchè del suo diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 o a quella umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6;

2. la Corte d’appello di Bologna, a seguito dell’impugnazione proposta da T.B., rilevava, fra l’altro e per quanto di interesse, che il Tribunale aveva condiviso il giudizio di non credibilità già espresso dalla Commissione territoriale e, di conseguenza, riteneva che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria o umanitaria;

3. per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, pubblicata in data 3 ottobre 2019, ha proposto ricorso T.B. prospettando quattro motivi di doglianza;

il Ministero dell’Interno si è costituito al di fuori dei termini di cui all’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1 il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata a causa del carattere contraddittorio e apparente, oltre che illogico, della sua motivazione: la Corte territoriale, nel fare richiamo della valutazione della commissione territoriale sulla credibilità del racconto del migrante, avrebbe offerto argomenti contraddittori e in irriducibile contrasto fra loro, in quanto da una parte ha registrato che le dichiarazioni rese erano coerenti, plausibili e non discordanti con le informazioni generali del paese di origine, dall’altro ha osservato che il racconto appariva contraddittorio e non plausibile, perchè la partenza era avvenuta a distanza di due anni dagli scontri riferiti;

4.2 il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, poichè la Corte distrettuale non ha dato conto di aver valutato la credibilità delle dichiarazioni del migrante alla luce degli indici legali di affidabilità previsti da tale norma;

4.3 il terzo motivo si duole, a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7,8 e 14 in quanto la Corte di merito, malgrado il migrante avesse rappresentato il timore di subire un grave danno a causa degli scontri etnici esistenti nel suo paese di origine, ha omesso di effettuare un’indagine sulla concreta situazione esistente in tale Stato, al fine di valutare la pericolosità degli scontri e la capacità dell’organizzazione statale di offrire protezione dalle violenze;

5. i motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati;

la valutazione di affidabilità del dichiarante non è lasciata alla mera opinione del giudice (Cass. 26921/2017), ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici indicati all’interno del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, oltre che di criteri generali di ordine presuntivo idonei a illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese (Cass. 20580/2019);

la norma in parola, in particolare, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto a un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche a una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cass. 21142/2019);

nel caso di specie la Corte di merito non ha in alcun modo dato atto di aver applicato i criteri legali previsti per la valutazione delle affidabilità delle dichiarazioni del migrante, ma si è limitata a richiamare le valutazioni già espresse dalla Commissione territoriale e dal giudice di primo grado, senza farle in alcun modo proprie;

quand’anche poi si voglia intendere tale richiamo quale condivisione delle valutazioni in precedenza fatte in punto di credibilità, la motivazione offerta risulta comunque irrimediabilmente viziata nel suo contenuto rispetto al primo rinvio a causa del contrasto irriducibile tra le affermazioni in essa contenute, del tutto inconciliabili, in quanto non è certo possibile sostenere in maniera congruente e logica che le dichiarazioni rese dal richiedente asilo siano “coerenti e plausibili e non discordanti con le informazioni generali sul paese di provenienza” e nel contempo rilevare che il racconto appare “contraddittorio” e “non plausibile”;

neppure il secondo rinvio (vale a dire alla motivazione del Tribunale di Bologna) è idoneo a spiegare le ragioni della valutazione di non credibilità, sia perchè non indica i motivi per cui il primo giudicante abbia condiviso il giudizio della commissione territoriale all’esito della nuova audizione, sia perchè aggiunge motivi specifici (“in particolare”) che nulla hanno a che vedere con la credibilità delle dichiarazioni e che potrebbero, al più, valere al fine di escludere l’attualità del pericolo rappresentato (sul presupposto però che la narrazione sia credibile);

peraltro, una volta assolto, da parte del richiedente asilo, il proprio onere di allegazione, la Corte di merito era chiamata – nel vaglio della credibilità delle dichiarazioni rese – a svolgere il proprio dovere di cooperazione istruttoria, poichè lo stesso è finalizzato al necessario chiarimento di realtà e vicende che presentano una peculiare diversità rispetto a quelle di altri paesi e che solo attraverso informazioni acquisite da fonti affidabili riescono a dare una logica spiegazione alla narrazione (Cass. 24010/2020, Cass. 8819/2020);

6. rimane assorbito il quarto motivo di ricorso (concernente il ricorrere dei presupposti per ottenere il riconoscimento della protezione umanitaria), non essendovi necessità, allo stato, di provvedere in merito alla forma di protezione internazionale minore richiesta in subordine dal ricorrente;

7. la sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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