Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6811 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2020, (ud. 26/06/2019, dep. 11/03/2020), n.6811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15163-2012 proposto da:

B.L., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato NATALE GIALLONGO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIR. PROV. DI (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 84/2012 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 13/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2019 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTTO DE AUGUSTINIS che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che B.L., legale rappresentante di (OMISSIS) s.r.l. fino al (OMISSIS), data della sentenza dichiarativa di fallimento emessa dal Tribunale di Prato, proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento e irrogazione sanzioni n. (OMISSIS) notificatogli per infedele dichiarazione IRPEG-ILOR relativa all’anno 1990 nonchè agli avvisi di accertamento nn. (OMISSIS) e (OMISSIS) per omessa effettuazione e versamento delle ritenute di acconto su interessi da capitale corrisposti agli investitori per complessive lire 3.582.000.000 (per l’anno 1989) e 5.313.000.000 (per l’anno 1990). Il ricorrente eccepiva il difetto di legittimazione passiva e comunque l’infondatezza dell’accertamento;

Che la Commissione Tributaria Provinciale di Firenze con sentenza n. 76 pubblicata il 23 novembre 2001 dichiarava inammissibile il ricorso per mancata nomina del difensore, genericità e difetto di elementi probatori;

Che la Commissione Tributaria Regionale della Toscana con sentenza n. 77/18/05 pubblicata il 28 ottobre 2005, giudicando sull’appello proposto dal B. avverso detta sentenza di primo grado, ha accolto l’eccezione sollevata dall’Agenzia delle Entrate relativa al difetto di legittimazione processuale dell’ex legale rappresentante della società fallita in presenza di un comportamento non inerte del curatore che aveva impugnato con autonomi mezzi di gravame gli avvisi di accertamento;

Che questa Corte, con sentenza 30 giugno 2011 n. 14341, ha cassato detta sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana affermando la legittimazione del B. a impugnare direttamente l’avviso di accertamento per far valere la inesistenza dei suoi presupposti e l’illegittimità dell’irrogazione delle sanzioni specificamente nei suoi confronti;

Che la Commissione Tributaria Regionale della Toscana con sentenza n. 84/1/12 pubblicata il 13 marzo 2012, giudicando in sede di rinvio a seguito della riassunzione del giudizio da parte del B., ha dichiarato l’ammissibilità del ricorso del ricorrente e la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato considerando che si era formato il giudicato in ordine alla legittimazione del ricorrente ad impugnare, e quindi al suo coinvolgimento nell’atto impositivo, e che, nel merito, la legittimità dell’avviso di accertamento in questione era stata riconosciuta dallo stesso fallimento che non aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado, e comunque era legittima la motivazione dell’avviso per relationem al verbale di accertamento, e considerava sufficientemente motivato l’avviso e generiche le repliche del B..

Che B.L. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su tre motivi; ulteriormente illustrato da memoria;

Che l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso chiedendo il rigetto del ricorso deducendone l’infondatezza.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo si lamenta violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 360, n. 4 e art. 112 c.p.c., violazione di principi generali in tema di individuazione dei soggetti passivi della pretesa tributaria ex art. 360 c.p.c., n. 4, e violazione dell’art. 112 c.p.c., e violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa o insufficiente motivazione. Il motivo è infondato. Contrariamente a quanto assunto dal ricorrente la Commissione Tributaria Regionale non ha affatto omesso di pronunciarsi riguardo alla doglianza relativa alla legittimazione ad impugnare l’avviso di accertamento per cui è giudizio, ed alla dedotta inefficacia della pretesa tributaria nei suoi confronti. La Commissione Tributaria, infatti, ha considerato che si era formato il giudicato in relazione alla questione relativa alla legittimazione all’impugnazione da parte del B., ed anche al suo coinvolgimento nell’atto impositivo. La motivazione, su tale ultimo punto può essere in questa sede integrata o corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, considerando la responsabilità solidale dell’ex amministratore riguardo alle sanzioni irrogate alla società, secondo il principio più volte affermato da questa Corte (Cass. 12 marzo 2007, n. 5714, Cass. 15 ottobre 2013, n. 23333, Cass. 26 novembre 2014, n. 25096);

Che con il secondo motivo si deduce violazione ed errata applicazione dell’art. 42 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ex art. 360 c.p.c., n. 3, e difetto di motivazione con riferimento alla pronuncia relativa alla legittimità dell’avviso di accertamento impugnato;

Che con il terzo motivo si assume violazione dei principi generali in tema di requisiti per la proposizione dei ricorsi, e carente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia;

Che i due motivi possono essere trattati congiuntamente stante la loro connessione. I motivi sono infondati in quanto, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la Commissione Tributaria Regionale non ha affatto esteso al B. il giudicato formatosi nei confronti della curatela fallimentare che non ha impugnato l’accertamento emesso nei confronti della società, ma ha invece tratto solo ulteriore argomento in relazione alla legittimità dell’atto emesso nei confronti del B.. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 10.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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