Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 681 del 15/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/01/2020, (ud. 18/09/2019, dep. 15/01/2020), n.681

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 469-2019 proposto da:

O.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RENO, 22, presso

lo studio dell’avvocato GIULIO DI GIOIA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MILENA MONICA DE NICOLA giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il

09/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Perugia, con decreto n. 2870 del 9/7/2018, condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore della ricorrente la somma di Euro 792,00 a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo incardinato ai sensi della L. n. 89 del 2001, nonchè le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 210,00, oltre spese forfetarie ed accessori, distratte in favore dei difensori antistatari.

Avverso tale decreto O.N. propone ricorso, esponendo, con l’unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., art. 2233 comma 2 c.c., e delle previsioni di cui al D.M. n. 55 del 2014, in quanto la Corte di merito aveva liquidato il rimborso spese di lite al disotto del minimo legale.

L’Amministrazione ha resistito ai soli fini della discussione orale.

Il motivo è fondato.

Come già rilevato da questa Corte, e proprio con specifico riferimento alla liquidazione delle spese di lite nelle procedure di cui alla L. n. 89 del 2001 (Cass. n. 1018/2018) va ribadito che l’opinione, secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del Decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisibile in quanto il D.M. n. 140, risulta essere stato emanato allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale.

Viceversa, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal D.M. n. 55, il quale non prevale sul D.M. n. 140, per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poichè non è il D.M. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente a prevalere, ma il D.M. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.

Tornando al caso in esame la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 210,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal D.M. n. 55 (Euro 286,00, di cui Euro 67,50 per la fase di studio, Euro 67,50 per la fase introduttiva, Euro 51,00 per la fase istruttoria, Euro 100,00 per la fase decisionale), tenuto conto del valore della causa (da Euro 0,00 a Euro 1.100,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4 cit.).

Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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